Diego Castelnovo nasce a Cantù (CO) il 3-10-1990. Da sempre appassionato di sport ed attività all’aria aperta, ha praticato ciclismo a livello agonistico per dodici anni, dopodiché ha intrapreso la strada dei cicloviaggi-avventura. Ha iniziato nell’estate 2013 con la prima esperienza in bici, tre giorni da Como a Porec (Croazia) per poi spingersi l’anno successivo in Spagna, andata e ritorno. Nell’estate 2015 ha realizzato il suo sogno: un viaggio da Como a Capo Nord in solitaria e in modalità self-supported, cioè senza l’aiuto di nessuno. Prima di rifarlo in pieno inverno, come ci racconta in questa intervista.
Dopo il primo viaggio a Capo Nord ha capito che viaggiare, esplorare, vivere a contatto con la natura era ciò che più gli dava soddisfazione. L’estate successiva decise di esplorare l’Islanda, sempre in bici, qui le prime esperienze di campeggio libero nel pieno rispetto di ciò che lo circondava.
Nel 2017 la svolta: mettersi alla prova in un viaggio invernale in bici. La tratta scelta fu Helsinki – Caponord in pieno inverno attraversando tutta la Finlandia e il Finnmark norvegese. Il percorso fu completato in 13 giorni, pedalando per un totale di circa 80 ore alla media di 20 km/h, dal 28 dicembre 2017 al giorno 09 gennaio 2018. Oltre ai viaggi in bici, Diego è un amante della viticultura, tanto che nel 2012 ha impiantato un vigneto ad uso familiare per la produzione di vino.
Il viaggio a Capo Nord in inverno è stata senz’altro la tua impresa più ambiziosa. Parlaci del progetto.
Il mio progetto prevedeva di arrivare a Capo Nord in bicicletta in solitaria, partendo da Helsinki, attraversando tutta la Finlandia, la Lapponia finlandese e norvegese, viaggiando il più possibile in autonomia, quindi con materiale da campeggio adatto, bici attrezzata per pedalare su ghiaccio, accorgimenti contro neve e buio ed abbigliamento per vivere a temperature molto basse.
La distanza che ho percorso ha totalizzato 1600 km divisi in 13 tappe. Al fine di valutare le mie condizioni fisiche e giudicare se dopo i primi km ero nelle condizioni e capacità di proseguire, ho inserito un check point a Rovaniemi. Questa tappa, oltre che per tirare il fiato, mi è servita per confrontarmi con il meteo, le strade, l’attrezzatura.
Perché hai scelto proprio la Finlandia come luogo di partenza?
La scelta della Finlandia è dovuta semplicemente al fatto che volevo mettermi alla prova con le temperature più basse possibili, e la Lapponia finlandese era la terra ideale per questo. Un altro motivo era il tempo limitato che avevo a disposizione: attraversare la Finlandia era la via più corta e diretta.
Quali sono stati gli attimi e i luoghi più belli che hai vissuto durante il viaggio?
L’attimo più bello è stato senza ombra di dubbio il primo giorno in bici, quando mi sono reso conto che ero riuscito a partire. L’idea di poter portare a compimento il mio progetto e il mio sogno ha lanciato il mio entusiasmo alle stelle. Ho poi ricordi molto forti della prima notte che ho trascorso in bivacco, cioè accampato all’aperto di notte: non avevo mai bivaccato prima ed averlo fatto in Lapponia in pieno inverno è un valore aggiunto che non dimenticherò mai.
Infine, e sorprendentemente, l’incontro con Babbo Natale è stata una gioia immensa: non immaginavo che sarei stato travolto da un sacco di emozioni e pensieri positivi alla mia età solo per averlo incontrato: bellissimo.
Ci sono stati momenti di difficoltà?
Momenti difficili ce ne sono stati diversi, ma non tali da farmi abbandonare l’impresa. I problemi principali erano dovuti più che altro all’inesperienza di fronteggiare certi climi, e ho fatto una specie di corso accelerato sul campo: giorno dopo giorno imparavo sempre di più su come vestirmi, muovermi sulla neve, campeggiare con temperature molto basse e in mezzo alla neve.
Ad esempio, dopo la seconda notte in tenda avevo creato troppa condensa all’interno, andando a bagnare quasi tutto. Questo mi obbligò il giorno dopo a fermarmi in un Bed and breakfast per far asciugare il tutto. Da lì in avanti poi è migliorata tutta la mia gestione.
Un altro problema è stato il congelamento del freno posteriore praticamente per tutto il viaggio: si è congelato al terzo giorno e da lì in poi ho dovuto fare affidamento solo sull’anteriore, molto pericoloso perché ogni frenata sul ghiaccio con la ruota davanti era un rischio caduta. Alla fine, sono caduto solo una volta, sulla lunga e ripida (oltre il 12% in alcuni tratti) discesa che porta a Karigasniemi (presso il confine con la Norvegia) sulla strada 92.
Mi accorsi che la bici prendeva sempre più velocità, e solo con il freno davanti non riuscivo a mantenere bassa la velocità. In più, la strada era completamente piena di neve fresca e non riuscivo ad andare dritto. Dopo qualche km ho perso irrimediabilmente il controllo e sono finito contro il muro di neve a bordo strada sul lato sinistro, sprofondando completamente nella neve, ma per fortuna senza danni fisici e materiali. Sarebbe andata molto peggio se non ci fosse stata tutta quella neve.
Ma il momento più difficile è stato sicuramente quando ho affrontato il tratto di strada da Olderfjord a Repvåg in Norvegia. Era già tardi e volevo avvicinarmi il più possibile all’isola di Magerøya, dove si trova Capo Nord, per giungere lì ad una buona ora il giorno dopo. Quel giorno aveva fatto brutto tempo, aveva nevicato parecchio lungo la strada e io ero molto stanco. Mi sarei dovuto fermare a Olderfjord, ma decisi sulla spinta dell’entusiasmo di proseguire proprio per avvicinarmi il più possibile alla meta finale. Poco dopo aver lasciato Olderfjord mi sono imbattuto in un forte vento, e più andavo avanti più diventava forte, a tal punto da rendere talora impossibile la pedalata. Per due volte mi ha sbattuto verso il mare dove ho rischiato seriamente di cadere. Ero costretto a circolare all’inglese, stando completamente sulla sinistra della strada, e a tratti arrivavano delle raffiche di vento talmente forti che dovevo quasi sdraiarmi sulla strada con sopra la bici per non farmi trascinare via. Conoscevo la strada per averla rifatta in estate, e sapevo che prima di arrivare al tunnel che porta a Magerøya c’è un campeggio. Il mio obiettivo era arrivare li, mettermi sottovento e accamparmi per la notte. È stata durissima, i km non passavano mai a causa del vento che mi rallentava fino quasi a fermarmi, ma ce l’ho fatta!
All’arrivo mi sono messo sottovento dietro a un bungalow, ho mangiato, ho aperto il sacco a pelo e mi sono messo a dormire. Ad un certo punto durante la notte mi sono svegliato: era quasi mezzanotte, il vento si era calmato ed è stato proprio in quel momento che ho visto l’aurora boreale da dentro il sacco a pelo. Mi è quasi venuto da piangere per la gioia: era il segnale che ce l’avevo fatta!
La Lapponia in particolare è stata attraversata da grandi viaggiatori fin dal Settecento (tra cui Maupertuis e il nostro Giuseppe Acerbi). Che impressione ti ha fatto attraversare questa sterminata terra durante la notte polare?
La Lapponia (per quel poco che ho visto) mi è piaciuta tantissimo: non ci sono mai stato in estate, ma credo che la vera Lapponia sia quella invernale, un paesaggio spettacolare che ricopre tutto il visibile ed appare fermo, statico, ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio, immerso in un silenzio, una pace e una quiete irreale. Durante il mio viaggio spesse volte ero talmente affascinato dal paesaggio che non facevo più caso al freddo e alla stanchezza. Di giorno ho quasi sempre trovato il cielo grigio coperto da nuvole, ma la sera le nuvole venivano spazzate via dal vendo lasciando spazio alla luna, alle stelle e all’aurora. Questa purtroppo sono riuscito a vederla solo una volta in Norvegia, in quanto ero sempre troppo stanco per restare sveglio la notte ad aspettarla.
Hai incontrato qualche personaggio interessante durante il percorso?
Personaggi interessanti ne ho incontrati diversi. Mi soffermo su Alex che mi ha ospitato a casa sua per due notti a Helsinki dopo che non mi erano arrivati i bagagli con l’aereo. Mi ha fatto da guida turistica a Helsinki senza voler nulla in cambio.
Poi ci sono stati Eugenio e Silvia due ragazzi italiani che anche loro stavano andando a Capo Nord in macchina, li ho incontrati che ero già in Lapponia, si sono fermati lungo la strada perché volevano conoscere il pazzo che andava in bicicletta su quelle strade in quel periodo dell’anno. Ovviamente non sapevano che anche io ero italiano, ma un po’ lo sospettavano, è stato molto bello, abbiamo fatto due chiacchere su quello che stavamo facendo e sono stati anche molto gentili a farmi delle foto mentre pedalavo.
In generale ho notato che più mi spingevo a nord più le persone erano incuriosite da me, e quando mi fermavo per delle brevi soste si avvicinavano e mi chiedevano cosa stessi facendo in bicicletta, se non avevo freddo o paura. Forse pensavano che fossi un pazzo, chissà.
Cosa consigli a chi vuole intraprendere un viaggio invernale estremo come il tuo? E magari a chi invece vuole un viaggio più confortevole?
A chi vuole fare un viaggio estremo consiglio di lasciare a casa la tenda e dormire sotto le stelle bivaccando. Sembra folle ma è proprio durante la notte che si ammira lo spettacolo più bello, e si gode della sensazione di essere immersi nella natura. Per quando fa brutto tempo si può usare un sacco da bivacco.
Per chi invece cerca qualcosa di più confortevole consiglio di fare attività all’aperto (gite in motoslitta, safari husky e battute di caccia all’aurora boreale). Ci sono diversi tour operator che possono aiutarvi a realizzare questo sogno in totale comodità.
La Rondine – 30.8.2018