Federico Ferrara e Maahanmuuttajat Pyörille, l’integrazione a due ruote

Secondo alcune statistiche della federazione ciclistica finlandese, tra il 90 e il 95% dei finlandesi adulti è in grado di andare in bicicletta. A livello locale, da tempo la città di Helsinki ha preso a cuore la bici, sviluppando un’invidiabile rete di piste ciclabili, aprendo corridoi urbani dedicati come il baana, e creando le kaupunkipyörät (le bici gialle sponsorizzate da Alepa), e altre città della Finlandia non sono da meno. Pedalando quotidianamente, si vedono persone di tutti i tipi sfrecciare in giro: da donne in carriera di mezza età rivestite di lycra a poco raccomandabili gangster tatuati sulle temibili fatbikes elettriche, da vecchiette in Jopo a padri ecologisti che spingono prole e sacchi della spesa nelle Christiania bikes. La passione per le bici sembra non avere limiti in Finlandia, come ci dice Federico Ferrara, italo-finlandese di 36 anni a capo del progetto Maahanmuuttajat Pyörille (immigrati in bicicletta) del Pyöräliitto, la Federazione Ciclistica Finlandese: “la bici per i finlandesi è importante come mezzo di trasporto per muoversi da un posto all’altro, non come in Italia dove invece è uno sport da seguire alla televisione”. Non è così in altri Paesi del mondo, dove pedalare è pericoloso a causa del traffico automobilistico, è mal visto oppure è semplicemente un privilegio per pochi.

Federico Ferrara è nato a Roma, ma si è trasferito in Finlandia permanentemente nel 1999 con la madre finlandese. Dopo aver terminato gli studi umanistici a Helsinki nel 2010, parte per l’America Latina, dove comincia a lavorare nel sociale. Tornato in Finlandia, lavora prima a lungo in un progetto della Croce Rossa dedicato all’integrazione e alla lotta al razzismo e alla discriminazione. Da circa due anni insegna alle donne immigrate ad andare in bicicletta. Non è l’unico italiano a farlo, c’è anche il collega Fabrizio Turci.

L’idea di utilizzare le biciclette per migliorare la qualità della vita dei migranti era cominciato già nel 2015, grazie a volontari ispirati da pratiche simili in altri Paesi europei come la Germania , la Svizzera e l’Italia. In quell’anno infatti la Finlandia si trovò improvvisamente ad accogliere un numero esponenzialmente maggiore di immigrati che in passato, scatenando una serie di problematiche legali, umanitarie e politiche che a tutt’oggi continuano ad avere ramificazioni.

Come ci spiega Federico: “molti rifugiati sono spersi nelle foreste, a dieci chilometri dai centri abitati, senza potersi muovere e senza soldi e da qui è nata la necessità a Helsinki e Tampere di fare questi corsi. Poi c’è stata l’idea di farlo a livello nazionale e più professionalmente, in modo più inventivo. Non solo un corso per principianti, ma un modo per educare queste persone ad andare in bici come uno strumento per cambiare la vita in meglio.”

Veikkaus (l’agenzia statale che ha il monopolio sulle scommesse) ha sponsorizzato il progetto finanziando l’acquisto delle biciclette usate nei corsi, dieci a Helsinki e dieci a Tampere. Inoltre ci sono corsi di ciclo-officina di quattro ore, dove le persone imparano l’arte della manutenzione della bicicletta, su mezzi che poi vengono loro regalati.

Federico sostiene che gli effetti benefici di questo progetto sulle migranti sono molteplici: “la loro vita cambia sia a livello psicologico, perché non sono più dipendenti dal posto dove si trovano, dal centro rifugiati, o dal centro di accoglienza; ma pure a casa è spesso l’uomo ad avere la patente e guidare la macchina, e la donna dipende da lui per gli spostamente. Con la bici si diventa più indipendenti. Inoltre anche a livello fisico, le nostre clienti si sentono più attive e, come addirittura ha detto Anthonia sull’Helsingin Sanomat, da quando va in bici non prende più antidepressivi. Un’altra donna mi ha detto invece ‘mio marito tutte le domeniche andava coi bimbi, adesso posso fare parte anch’io delle gite in bici o andare da Kela in bici se ho qualche problema’. ”

“Le donne che partecipano ai corsi provengono soprattutto dal Medio Oriente, sono curde, irachene, iraniane o afgane, alcune vengono dal Nord Africa o da qualche paese asiatico. Spesso provengono da culture dove a un uomo non si stringe la mano o non lo si guarda negli occhi, ma le cose cambiano man mano che l’equilibrio su due ruote aumenta: “all’inizio le persone sono molto intimorite, molto paurose, mezze stressate, piano piano quando iniziano a capire cosa fare e la prima volta che veramente vanno da sole vedi la loro felicità e dopo il corso c’è sempre spazio per abbracci e selfie. Ad esempio, la nostra partecipante più anziana, una signora di 71 anni, quando è riuscita ad andare da sola mi è venuta vicino e mi ha detto ‘ho dovuto aspettare 70 anni ma adesso ce la faccio!’ e mi ha abbracciato che non riuscivo più a respirare. Un altro istruttore mi ha raccontato di una donna che gli ha detto ‘ti rendi conto, mi hai insegnato ad andare in bici, io non ti dimenticherò mai’. Abbiamo anche avuto un’italiana di 21 anni con una paura folle e invece poi ha imparato, piano piano ci è riuscita.”

Il progetto sembra anche sorprendentemente immune dall’odio online proveniente dall’estrema destra, come se la bicicletta sia un campo di prova neutrale, che mette d’accordo tutti, un po’ come il cibo e la musica.

Abbiamo chiesto a Federico anche qualche consiglio sull’uso della bicicletta in inverno. Lui dice di usarla tutto l’anno per andare al lavoro e i benefici vanno dal tenersi in forma, all’arrivare in ufficio ‘belli pimpanti’. L’importante come al solito è l’abbigliamento, a – 30 consiglia mutande lunghe sotto i jeans, gli occhiali da sci alpinismo sotto il casco e i guanti.

Se qualche italiano in Finlandia volesse provare l’esperienza di istruttore di bici, Federico consiglia di contattarlo. All’inizio su base volontaria, quando si diventa istruttore pieno, allora si è pagati a ore. Per ora ci sono dodici municipalità nel progetto, che diventeranno quindici in primavera. A Helsinki i corsi si tengono principalmente a Suvilahti.

Giacomo Bottà
Accademico specializzato in studi urbani con una passione per la musica, ha lasciato la natia Valtellina per la Germania, solo per ritrovarsi a Helsinki.