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Da Tornio a Haaparanta, le Scilla e Cariddi della Lapponia

Proviamo oggi, non senza una certa apprensione, a superare il confine tra Svezia e Finlandia. La scusa è una riunione in banca per firmare alcuni fogli, anche se l’appuntamento più importante è presso un istituto statale che risponde al nome di Försäkringkassan, l’equivalente del finlandese Kansaneläkelaitos, ovvero Kela.

Da frontaliero, infatti, seguo le regole europee: le imposte sul reddito si pagano nel luogo di residenza (nel mio caso la Finlandia), mentre i servizi sociali si versano nel luogo di lavoro (nel mio caso la Svezia). È poi l’ente statale di quel luogo che li elargisce, anche se da frontaliero ho il diritto di goderne in entrambi gli Stati: per cui utilizzo il centro medico di Tornio, dove parlano finlandese meglio che in quello di Haaparanta, e la farmacia di Haaparanta dove i medicinali costano meno che a Tornio).

Mi avvicino al confine, che normalmente quasi non si nota se non dal fatto che lo sfondo dei cartelli diventa giallo (anziché bianco) quando si entra in Svezia. Gli svedesi dicono che si leggono meglio con lo sfondo giallo – a me dà l’impressione di essere sempre in un cantiere. C’è un dispiegamento di forze dell’ordine impressionante: almeno 3-4 funzionari del Rajavartiolaitos (guardia di frontiera), alcuni poliziotti, un funzionario della dogana (Tulli) e qualche altro tizio in borghese che si aggira nei dintorni con aria diffidente. Devono essere improvvisamente diventati molto pericolosi, questi svedesi – penso tra me.

Arriva subito il primo problema: il mio passaporto italiano. Il doganiere chiede da dove vengo e rispondo nel mio finlandese fluente con l’accento della zona: “Särkinärästä”, indicando il quartiere di Tornio nord dove abito. Capisco che lui non è di qui perché mi chiede ridendo dove si trova (evidentemente il nome a lui suona buffo – un po’ come i paesini toscani che suonano simpatici a chi non è della zona). Rispondo in maniera circostanziata e fornisco il passaporto. Lo sguardo è sbieco: non torna che un italiano parli così bene il finlandese. Mi chiede di togliere cappello e occhiali da sole: sono proprio io. Va a chiedere aiuto.

Arriva un secondo, zelante doganiere, un po’ più giovane ma dall’aria più autoritaria, che mi chiede cosa ci faccio a Tornio in questo periodo. Ci abito, è la mia risposta. Lui mi chiede da quando: tre anni. E com’è che parli così bene finlandese? Perché sono intelligente, mi verrebbe di rispondere, ma invece spiego che in realtà ho bazzicato qui da quasi un quarto di secolo e vissuto per più di 8 anni a Helsinki. E che vai a fare a Haparanda: vorrei rispondere scherzando che mi piacciono i posti esotici, ma faccio vedere il contratto di lavoro che ho con la mia azienda e spiego che devo andare in banca e poi alla Försäkringkassan.

Il confine non è aperto ai non finlandesi, mi dicono: possiamo farti passare ma non crediamo che riuscirai a tornare. Gli spiego gentilmente che mia moglie potrebbe anche essere contenta se non tornassi, ma i miei figli probabilmente un po’ meno. Chiedono quanti figli ho: tre. Dove vanno a scuola: a Tornio. O meglio dove andavano a scuola, in quanto quella scellerata della Marin me li ha lasciati a casa con un giorno di preavviso (ma in compenso ha lasciato bar e discoteche aperte – lungimirante). Spiego che devo chiedere la paternità in quanto gli svedesi, che sono più intelligenti, non hanno chiuso un bel nulla e non danno quindi permessi retribuiti a noi poveri frontalieri. Riprendono il passaporto e tornano nella loro auto a fare controlli.

Tornano e mi dicono che dovrei avere un asumistodistus (certificato di residenza) per tornare in Finlandia. Chiedo se non basti un henkilötunnus (numero di identificazione) come quello che ho sulla patente. Ah, ma hai una patente finlandese? Certo! E perché non ce l’hai fatta vedere subito? Perché non è un documento di identità, dovreste saperlo! No niin… Ma perché non ti sei preso la cittadinanza finlandese? Sbotta lui. Non rispondo pensando che alla fine mi toccherà capitolare e prenderla per davvero, magari cambiando il mio cognome e prendendo quello della moglie.

Dopo una quindicina di minuti riesco ad entrare finalmente in Svezia. Visto dall’IKEA, il confine mette paura: le due città sono unite dal 1957, anno in cui fu deciso di aprire il confine. Al tempo la Svezia aveva ancora la guida a sinistra all’inglese (adottarono il modello europeo nel settembre del 1967 con il famoso giorno H: zero incidenti gravi), e in Finlandia era stato appena eletto presidente un certo Kekkonen. Da quello storico accordo, che anticipava Schengen di una trentina di anni, nacque quello che è noto come il confine più libero del mondo. Attraversato ogni giorno da migliaia di persone, ha fatto sì che le città di Tornio e Haaparanta diventassero praticamente una sola città, divisa da un fuso orario (in Svezia vige l’ora centrale europea), una forma di stato (monarchia contro repubblica) e una unità monetaria (la Svezia mantiene la propria valuta, la corona).

(foto kaleva.fi)

Per molti, come noi, il confine è solo una linea immaginaria che divide quelli che di fatto sono due quartieri della stessa città. Ad esempio, io oltre che per lavoro vado in Svezia per andare dal meccanico, dal gommista, a comprare il vino (ma non la birra, che costa meno ed è più buona in Finlandia), il prosciutto cotto e il caffè Lavazza Qualità Rossa (che i finlandesi si ostinano a non importare preferendo loro il Korppukinkku e la Juhla Mokka). Si sfrutta poi, ovviamente, anche la parte fiscale: la benzina si mette in Svezia (hanno la E5, con meno etanolo, e costa meno della E10 finlandese), mentre il gasolio sempre in Finlandia (la politica fiscale svedese chiaramente scoraggia le auto a gasolio, tra accise e sovrattasse sul veicolo); la vodka si compra sempre in Finlandia, ma il vino in Svezia. C’è poi, anche se non ci riguarda personalmente, il discorso delle droghe: da quelle leggere (la nuuska, legale in Svezia) a quelle più pesanti, il traffico è notevole, tanto che le due agenzie doganali hanno fatto una retata di un mese lo scorso autunno, denunciando oltre cento persone per traffico illecito.

Cosa sarà di questo confine me lo chiedo quando torno indietro, attraversando una Haparanda ancora più desolata del solito. Solite richieste e solite domande, ma la cosa va molto più veloce, perché di questo italiano frontaliero si era sparsa la voce. Arrivo dall’altra parte e sento come se si stringesse un cappio al collo. La nostra vita, la nostra libertà, ci è stata portata via dalle decisioni delle autorità, che mai come in questo caso appaiono effimere e legate a convenzioni come i confini, che in questo territorio sono prive di ogni senso. Anche Tornio è deserta, nonostante sia venerdì sera: Hallituskatu fa quasi impressione. Meglio rifugiarsi all’Alko – lui non ti tradisce mai, non c’è pandemia che tenga.

I controlli al confine tra Svezia e Finlandia all’altezza di Tornio-Haaparanta sono visibili in questo video, mentre qui sotto si possono vedere le riprese aeree della città con il confine chiuso a causa del coronavirus.

Dopo un passato diviso tra Toscana, Helsinki e Medio Oriente, Alessandro Maccari si è stabilito a Tornio, in Lapponia finlandese. La sua azienda ha sede a Haaparanta, in Lapponia svedese, il che fa di lui un vero frontaliero. Ogni giorno è tra le migliaia di persone che in ogni direzione attraversano questo stranissimo confine, situato tra il grande magazzino IKEA e il centro commerciale Rajalla, detto anche il più libero del mondo.

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