Aivan…

“Appunto”. In Finlandia per mantenere il tono conciliatorio di una conversazione, evitando debitamente d’introdurre contenuti (e magari scatenare un dibattito: non sia mai!) si ricorre alla ripetizione cerimoniale di intercalari (vedi la voce joo) che, pur essendo olofrasticamente corretti, risultano posticci e sfuggenti tanto quanto certe ridondanze di casa nostra tipo “assolutamente sì”, “proprio così”, “già gia” eccetera. È il caso di aivan, un “appunto, proprio” assai poco circoscritto: la radice germanica *aiwa- indica infatti un periodo di tempo indefinito, tendente per noia all’eterno.

Anche come avverbio aivan conserva il senso di una fittizia sospenzione: nella Lettera agli Ebrei del Nuovo Testamento il modicum quantulum dell’attesa messianica (“ancora un poco, infatti, un poco appena e colui che deve venire, verrà e non tarderà” 10-37) diventa nella moderna versione finlandese “vähän, aivan vähän vielä, niin tulee hän joka tuleva on, eikä viivyttele”: quasi un irriverente “aspetta e spera…“

La lingua finlandese ha i suoi tempi, quasi mai tempi certi. (m.g.)


Il vocabolario minimo finlandese è un avviamento semiserio ai misteri del mondo finlandese attraverso il suo strumento più raffinato: la lingua.