“Non c’è bisogno di dire molto delle mie poesie. Le scrivo in luoghi e circostanze diversi”, afferma Jukka Itkonen (Varkaus 1951 – ) scrittore, poeta, paroliere, traduttore, musicista, artista finlandese a tutto tondo, pluripremiato. Memorie d’infanzia in stile amarcordiano, la poetica degli interni, la metafisica della quotidianità, le descrizioni di paesaggi, fauna e flora nel tipico stile minimalista modernista: tali sono le caratteristiche principali di questo intenso cantastorie, al quale non fanno difetto una sottile ironia e una cadenza “aiutata forse dal mio essere originario di Savo”, come lui stesso dichiara. Le storie della sua travagliata infanzia acquistano spesso una dimensione epica, anche per la forza narrativa, di grande impatto emotivo.
Oltre ad alcune poesie di Itkonen, presentiamo qui anche uno dei suoi otto haiku grafici, presente nell’antologia di haiku finlandesi “e poi più nulla” (Joker, 2015), curata e tradotta dall’estensore di questa nota.
Poesie
La sirena della fabbrica fischiava
quando papà doveva uscire di casa
la sirena della fabbrica
fischiava quando papà
rientrava
la sirena della fabbrica fischiò
anche quando
papà non
tornò più
Sì ricordo
quando andò via la luce
ci fu un’esplosione in fabbrica e la città
rimase al buio
i grandi erano preoccupati
ma per noi
fu un’esperienza mozzafiato
dall’armadio a muro tiravamo fuori le candele
e dormivamo alla luce del fuoco del camino
coprendoci con vecchie pellicce
un’intera settimana
mangiammo cibi cotti sul fuoco
ci raccontavamo storie
e vivevamo
uno vicino all’altro
come fossimo una tribù
A primavera
quando la pioggia
ha fatto il suo corso
e il sole splende
dietro la catasta di tavole di legno
a primavera
quando ai piedi dei meli si levano
candide nuvole vaporose
alla prima giornata
calda della primavera
quando siedo in soffitta il pane nella mano
e coloro la mappa del mondo
con dei vecchi pastelli
una formica s’intrufola
da una fessura del pavimento
e in marcia
attraversa l’Europa
con una briciola di pane in spalla
Le bambine lavano nel ruscello
i vestiti delle bambole
i bambini vanno
sui trampoli
e tutto è di nuovo
un po’ più grande di sé
Sulla betulla verdeggiante
una
foglia gialla
lì è l’autunno
La penombra della mattina di Natale
sui rami del cespuglio in giardino
la neve
sul ramo la cinciallegra
brilla
come una lanterna
Le ombre si allungano
sul prato, sul lago
si addensa la bruma
la piuma di un uccello cade
silenziosa sulla membrana d’acqua
(Monsieur Fusil)
“Non sono stato io a decidere
l’inizio della mia vita.
Suppongo sia ragionevole che
possa decidere ora della sua fine”,
dichiarò
nel bel mezzo della Festa dei gamberi
fece un grande inchino
e sparò alla moglie.
L’intera mattinata ho guardato il mare
inquieto, la pipa tra i denti, in silenzio
ho provato a catturare sulla tela la mutevole apparenza
dell’acqua che si raffredda.
Alla sera iniziano a farmi male i denti, il dolore
che segue il ritmo del cuore mi lega al mondo
mentre in piedi sulla riva sabbiosa una pietra nella mano
esamino l’immagine che l’acqua vi corrode,
incomprensibile,
il sentiero verso un luogo talmente in alto che soltanto lì
vedremo finalmente qualcosa sul tutto,
su di noi.
Sulla riva opposta il giorno si confonde nella sera,
in cielo si accende una stella.
Anche lì forse qualcuno in piedi, solo,
la pipa tra i denti, ascolta il fragore dell’acqua,
le onde che bagnano la scogliera
con furiosa veemenza.
La montagna ha
pensieri più duraturi
del bosco
il bosco più profondi
del prato
la via è aperta alla partenze
e ai ritorni
il fiume scorre
nella sua indecisione
Di giorno in giorno più
verde sul fianco del monte
di giorno in giorno meno
fiori sul melo
il paesaggio dipinto sul bordo
il canto corvino del tordo
se solo arrivassi già
Qui l’autunno ha
stillato lacrime al
mio vino fiore
(Le foto utilizzate sono tratte da video di yle.fi. Siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)