Il nuovo governo finlandese: uno slalom tra i paletti

Dopo le elezioni del 2 aprile, che hanno visto la vittoria del Kokoomus (Partito di Coalizione Nazionale) di Petteri Orpo, spetta a questo partito avviare le consultazioni per formare il prossimo governo. Governo di coalizione, ovviamente. Il sistema elettorale finlandese, proporzionale, lo prevede.

Ciò che rende eccezionali le elezioni della primavera 2023 è che molti partiti hanno già detto in anticipo con chi non collaboreranno. E dunque le prossime trattative mostreranno la tenuta di una serie di paletti solidamente piantati durante la campagna elettorale.

È evidente che i consensi ai partiti si eroderanno facilmente se al governo porteranno avanti una politica contraria alle promesse della campagna elettorale. E l’alta mobilità dell’elettorato in questa consultazione preoccupa non poco: si pensi al crollo del Centro e dei Verdi, e al calo sostanzioso della Lega di sinistra.

Vediamo i paletti in questione.

IL PSD, i Verdi e la Lega di Sinistra hanno annunciato che non entreranno nel governo con i Perussuomalaiset di Riikka Purra.

Il Partito Svedese ha dichiarato che non parteciperà a un governo che attui le politiche dei Perussuomalaiset.

Il Partito di Centro, d’altro canto, ha dichiarato in modo abbastanza convincente che passerà i prossimi quattro anni all’opposizione e non al governo.

Alla luce dei seggi a disposizione, restano due le opzioni probabili: un governo basato su Kokoomus e Partito Socialdemocratico, oppure un accordo del Kokoomus coi Perussuomalaiset.

(Foto Twitter)

A pesare sui prossimi negoziati per la formazione del governo, la condizione di gran lunga più importante è la richiesta del Partito di Coalizione Nazionale di un adeguamento fiscale di 6 miliardi di euro per i prossimi quattro anni.

Adeguamento significa tagli alla spesa, aumenti delle tasse o riforme strutturali per bilanciare le entrate e le uscite pubbliche.

Nessun partito ha spiegato esattamente quali misure concrete saranno utilizzate per raccogliere i sei miliardi necessari. Ma è chiaro a tutti che non può essere fatto senza che i cittadini si ritrovino la corrispondente fattura in tasca. Da qui una serie di distinguo, con sfumature diverse.

Per il Kokoomus sarebbero previsti un taglio ai sussidi di disoccupazione in base al reddito e una riforma del sostegno agli alloggi.

I Perussuomalaiset taglierebbero i contributi all’immigrazione e alla pubblica amministrazione, ma per il resto la linea del partito sui tagli è poco chiara. In effetti l’anima “sociale” che sta alla base del successo del Partito crea più di un problema a seguire la linea economicamente più dura del partito di maggioranza relativa. Ma nel partito regna la concordia su un netto inasprimento dei criteri di accoglienza dell’immigrazione.

Su questo punto, sono in disaccordo con quasi tutti gli altri partiti in Parlamento, favorevoli a un aumento della manodopera dall’estero in diversi settori.

I Perussuomalaiset ridurrebbero anche l’importanza della lingua svedese (lingua ufficiale del Paese) abolendo, tra l’altro, i requisiti di conoscenza di questa lingua per l’accesso nei servizi, nelle scuole secondarie superiori, nelle scuole professionali e nelle università.

Non è dato sapere quanto il Partito vorrà insistere su questo punto, ma se ciò avvenisse è chiaro che il Partito svedese non entrerebbe nello stesso governo. Per il partito della seconda lingua nazionale del Paese, lo status attuale della sua lingua e l’adesione all’UE sono questioni di importanza fondamentale. Per il resto, si dichiarano abbastanza flessibili.

Come pure i cristiano-democratici, tra i pochi a non porre paletti durante la campagna.

C’è però un criterio che forse è superiore agli altri: la paura di bruciarsi in vista dei prossimi impegni elettorali. Il PSD di Sanna Marin, che ha tenuto bene guadagnando persino tre seggi, correrebbe il rischio, entrando in una coalizione con Orpo, di vedere dissolversi quel sostegno che le è venuto proprio dalla Sinistra e dai Verdi. Il Partito dei Verdi, che ha subuto una sconfitta disastrosa, avrebbe tutto da perdere collaborando a un governo favorevole allo sfruttamento della torba e al piano di decarbonizzazione accelerata. Il Partito di Centro, anch’esso reduce da una sconfitta bruciante, con perdite  chiaramente a favore dei due primi partiti vincitori delle elezioni, andrebbe verso un suicidio politico.

Tenuto conto che Svedesi e Cristiano-democratici non pongono paletti insuperabili (la questione della lingua svedese non sembra impossibile da superare con un onorevole compromesso) un appoggio a un governo di destra è più che probabile. Ma c’è un ma. Il totale di una coalizione di questi quattro partiti arriverebbe a una maggioranza di 108 seggi sui 200 dell’Eduskunta.

Sarà sufficiente per affrontare scelte economiche e sociali di non poco peso, nel futuro immediato?

Oppure, ancora una volta, nonostante le dichiarazioni nette del dopo-voto, ancora una volta sarà il Partito di Centro a correre in soccorso dei vincitori? Sembra difficile. Ma se in Finlandia questo partito si è guadagnato storicamente il motto “Kepu pettää aina” (Il contro tradisce sempre) una ragione ci sarà. E si vedrà.

Giornalista, traduttore letterario, studioso di lingua italiana e storia dell'arte. Emigra dal Salento a Bologna per studi, poi a Helsinki per vivere. Decise di fondare La Rondine una buia notte dell'inverno del 2002 dopo una serata all'opera.