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La Finlandia, un paese radicale, il paese delle donne

Nostra intervista con l’Ambasciatore finlandese in Italia Janne Taalas.

L’Ambasciatore di Finlandia mi riceve a Roma nella residenza di via Carissimi in un ambiente elegante quanto privo di fronzoli, poltrone e sgabelli Artek, grafiche finlandesi alle pareti, e una gentile signora che mi offre una bibita e un caffè. Italia e Finlandia sono paesi amici da lunga data, e intrattengono relazioni significative dal punto di vista economico, turistico, culturale.

Netta la ripresa recente degli scambi economici, dopo un periodo di rallentamento: nel 2016 le esportazioni italiane in Finlandia sono aumentate dell’8% all’anno, per un valore totale di 1.575 milioni di euro, con una quota percentuale pari al 2,9% (1.459 nel 2015, con una quota del 2,7%). Anche le importazioni italiane dalla Finlandia hanno registrato un incremento del 2%, per un totale di 1.285 milioni di euro, pari ad una quota percentuale del 2,5% (1.264 nell’anno precedente, pari ad una quota percentuale del 2,3%). L’interscambio complessivo Italia-Finlandia nell’ultimo anno ha registrato pertanto un incremento significativo passando da 2.713 milioni di euro a 2.860 milioni (+5,42%), con un surplus a favoredell’Italia di 290 milioni di euro (195 milioni nel 2015).
Ma  è significativo anche l’interscambio culturale, oltre che il movimento turistico: antico quello da nord a sud, ma con una crescita significativa del turismo italiano verso la Finlandia nell’ultimo decennio.
Janne Taalas, cinquant’anni portati con eleganza, si è laurato a Jyväskylä in Scienze Politiche ed Economiche, prima di fare il dottorato a Oxford. È stato Ambasciatore e rappresentante della Finlandia alle Nazioni Unite, a New York,  dal 2010 al 2015. Dall’ottobre del 2015 ha l’incarico di ambasciatore a Roma, e il primo di quel mese fu ricevuto dal presidente Mattarella.

Uomo colto e di grande capacità comunicativa, anche in italiano, lingua che in poco tempo è riuscito a padroneggiare a buon livello.
Ma ho chiesto di incontrarlo per parlare di cose apparentemente meno ufficiali: l’immagine della Finlandia in Italia, vista attraverso lo scambio culturale.
Per cominciare parliamo di romanzi, un tema in cui ho qualche competenza, e comincio chiedendogli come mai, secondo lui, in Italia si venda tanto Paasilinna, come in Francia (paese di riferimento, per gli editori italiani), e invece si faccia tanta fatica a far conoscere Sofi Oksanen, a differenza della Francia.

Un bel problema, risponde Taalas sorridendo, ammettendo di non avere nemmeno lui un’idea del perché di un’accoglienza così diversa. Probabilmente è diverso il pubblico. Ma anche il ruolo dei media, suggerisco. Per esempio, è possibile sostenere che una figura di intellettuale donna, impegnata in politica ad ampio raggio, persino aggressiva in certe sue prese di posizione, possa risultare ostica non solo al pubblico, ma anche al filtro dei media italiani? La stessa Oksanen fa spesso riferimento al ruolo storico speciale delle donne, nel mondo culturale finlandese, e al problema del corpo femminile per molte società.
Taalas ci pensa su, poi dice: “Le donne italiane rivestono tradizionalmente un ruolo importante. Ma in Italia c’è stato un percorso culturale diverso sulla figura della donna, che non permette di comprendere in pieno una come Sofi Oksanen, e quindi gli italiani fanno fatica a collocarla, poiché non ha corrispettivi nel vostro paese.”

D: Vuol dire che i confini della libertà sono diversi?
“Vengo indubbiamente da un “Paese radicale”: non ci sono paesi come quelli nordici, dal punto di vista delle donne. Ho lavorato otto anni a New York, prima di venire a Roma. Ho lavorato con donne all’ONU, e ho capito di venire da un paese radicale in questo senso. Personalmente sono orgoglioso che le donne abbiano da noi pari opportunità. Sta di fatto che viviamo in mondi differenti, anche se oggi le differenze sono meno marcate. Molta gente ha visitato la Finlandia. Tanti giovani fanno l’esperienza dell’Erasmus. Ho parlato con italiani che sono stati in Finlandia, e molti sanno tante cose attraverso i media. Come ambasciata, non siamo certo dei gatekeeper, io ho trovato che molti italiani conoscono la Finlandia attraverso le esperienze dell’heavy rock, del metal rock, che sono più popolari della Oksanen. Ci sono tanti canali per conoscersi.

D: Anni fa alla Rondine arrivò una mail di  un signore di Parma, che si dichiarò gay. Raccontò di essere andato in Finlandia suggestionato dalla sua passione per Tom of Finland. Ma poi ammise che, una volta in Finlandia, era rimasto deluso dalla realtà finlandese. Confermava quanto afferma il protagonista del recente omonimo film di Dome Karukoski, che certe cose sono più facili nello stato del Vaticano! Le proposte che arrivano dalla Finlandia sono le più diverse. Non trova che si faccia poco per far conoscere la varietà delle proposte culturali del suo Paese? Spesso, non so se esagero, sui media ricorrono gli stessi nomi.
“Questo è il canone. La mia Finlandia però non si limita al canone. Molti italiani hanno interesse per la natura, per esempio, e qui l’offerta è infinita. Pensi soltanto questo: se uno vuole fare un’esperienza del mondo artico,  basta prendere l’aereo e arrivare a Rovaniemi. E avrà una vera esperienza con l’artico nel senso pieno del termine.  Lo stesso vale per l’aurora boreale. Tutto è facilmente raggiungibile. Sa qual è uno degli eventi più amati dagli italiani? È Tuska, il Festival annuale di heavy rock, che tanti vengono a vedere”.

E poi Helsinki. Che è diventata una città aperta, multicultarale. I miei ragazzi dicono che Helsinki è una sorta di infrastructure superpower.  Dove tutto funziona, basta un cellulare, tutti i mezzi per muoversi sono veloci, è una città che funziona davvero, meglio di Roma! (scoppia a ridere). Adesso è una realtà interessante, aperta alle subcultures, tipo quella gay, alle esperienze musicali diverse, da quelle più moderne alla cultura classica.  Ma ci sono anche altre dimensioni che vanno conosciute.
Per il centenario ho voluto far conoscere agli italiani come siamo oggi noi finlandesi. Per esempio, abbiamo  presentato la qualità delle nostre mense scolastiche (la Finlandia è, insieme alla Svezia, il paese dove è offerto ogni giorno a tutti gli alunni un pasto gratuito lungo la scuola dell’obbligo): ogni due anni si fa una selezione nazionale, e  la squadra dei migliori cuochi scolastici dell’ultimo concorso sono venuti a Roma, a far conoscere la nostra qualità.
Sulla stessa linea abbiamo intenzione di organizzare altri eventi, legati alla quotidianità, forme di attività civica: ravintolapäivä, saunapäivä, insomma cerchiamo di far conoscere certi aspetti di organizzazione della vita di tutti i giorni che la rendono più vivibile. Organizziamo un  convegno a Roma con giovani finlandesi, per far conoscere queste attività civiche, in collaborazione col Kallio e altri quartieri cittadini. Li faremo venire a Roma, per uno scambio di esperienze.”

D: Gli italiani le direbbero che da noi si fa tanto “volontariato”. Ci sono differenze?
“Secondo me in Italia conta molto la Chiesa cattolica nell’organizzazione di questi gruppi. Invece in Finlandia la spinta viene direttamente dalla società civile, la chiesa non è coinvolta, questi attivisti si organizzano con Facebook  e altri social media. Vorrei far incontrare questa gente anche con il Comune di Roma per far conoscere queste diverse realtà.”


D: Ma anche la maniera diversa di vivere realtà simili. Mi viene da pensare al  Festival del  cinema a Roma, e quello di Sodankylä. In Lapponia tutto avviene in spazi liberi, e chi ci va partecipa ad attività anche ricreative comuni. Ricordo un anno coi fratelli Kaurismäki che giocavano a calcio, un giovanissimo Dome Karukoski che ci capitò di fotografare mentre un arbitro gli fischiava contro. L’estate nordica dilata lo spazio e il tempo. Capisco le differenze, non solo geografiche: ma quanto è interessante confrontarsi sui diversi modi di fare cose simili. Parliamo però della cucina finlandese. Sui media italiani si finisce anche qui per rifarsi al “canone”: salmone, renna (unica eccezione, un commento fuori da ogni canone di Kari Hotakainen)…  Perché non facciamo conoscere la cucina povera? E insieme le cucine locali, dove si fanno piatti anche molto elaborati. Non crede che sia l’ora di smetterla di parlare del salmone, che ormai, anche a Helsinki, arriva dalla Norvegia come a Roma?
“ A Kemijoki, cent’anni fa, si firmava un contratto di lavoro in una ditta. Tra le condizioni specificate c’era scritto salmone non più di tre volte a settimana… Anche da noi c’è una tradizione povera. Noi non abbiamo avuto un re, o una corte. Per noi la tradizione povera derivava dal bisogno di conservare il cibo durante l’inverno, la nostra cucina è stata condizionata dai processi di conservazione: sotto sale, col fumo, questi processi sono diventati tipici e hanno dato forma ai nostri cibi.”

D: Pensi a un evento, in cui presentare la cucina finlandese secondo queste modalità: cucina povera, e insieme piatti elaborati. Mi viene in mente un piatto careliano, il lemin särä (agnello al pancaccio) citato in un romanzo di Paasilinna. Non sarebbe una bella esperienza?
“Ho portato qui la lingua di renna affumicata. Un grande successo quando è stata offerta a un pubblico di italiani, che l’hanno subito apprezzata. Si fa più fatica col gusto medio dei finlandesi!”

D: Si tratta di aprire la mente alle novità, a sorprendere, con proposte nuove. Uscire dai canoni, dagli standard, e far conoscere anche i “dialetti” della cultura locale.
“Ne ho parlato col mio cuoco. Ma lui mi dice che non è così facile, in Italia. Gli italiani sanno mangiare bene, ma anche loro hanno un universo definito. Queste cose finlandesi vanno ricondotte all’interno dei loro confini. Questo discorso forse vale anche per la letteratura, per esempio nel caso della Oksanen.”

D: Per rientrare nei canoni italiani, allora aiuterebbe molto portarla in televisione. Farebbe un certo scalpore. Se la immagina, con la sua vis polemica, che parla di Putin…
“Sulla televisione italiana, da quello che seguo, non mi pare che si parli molto di Putin. C’è una certa cautela, posso dire così?  Ma per tornare alla letteratura, segnalo una cosa di notevole rilievo: a novembre ci sarà un Festival del libro a Pisa, e la Finlandia sarà l’ospite d’onore. Presenteremo libri interessanti, e certamente sosterremo le nostre scrittrici. Invece la fama dei cosiddetti “gialli” nordici non mi convince: non trovo che siano qualcosa di particolarmente significativo. Ci trovo un mondo violento, misogino, privo di umorismo.
Parliamo anche di Tom of Finland. Avrei voluto incontrarlo, l’autore, Touko Laaksonen. Per vent’anni ho avuto in mente una domanda: come si sente adesso, che ha dato forma alla sua immaginazione? Una volta realizzato questo suo mondo, si è sentito realizzato, o deluso? Lui ha veramente contribuito a definire questo mondo, questa forma di subculture.

E avrei una domanda per la Oksanen: lei non viene da una classica tradizione finlandese. Hotakainen, Tervo, ci sono sempre uomini attivi nei romanzi finlandesi, uomini che fanno qualcosa, lavorano nei campi, imprenditori, comunque fanno qualcosa. Questo è un tema importante, anche nel “Kalevala”. La “Purga” è il primo romanzo finlandese senza un uomo attivo. Ci sono due donne che agiscono, e un poveretto rinchiuso in uno sgabuzzino. È una uscita fondamentale da una certa tradizione. E questo nessuno l’ha sottolineato: le figure femminili sono straordinarie, ma gli uomini sono passivi…”

D: Mi permetto però di obiettarle che questa è una parte soltanto della tradizione finlandese. Quel concetto, espresso per esempio in un modo di dire finlandese,  Pitää hämäraä, che vuol dire qualcosa come “coltivare il silenzio”, starsene in meditazione, un modo di misurarsi col nulla. Pensi anche all’arte, a certe figure di Simberg. Ha presente di sicuro la sua foto, accoccolato su uno scoglio a fare… cosa? Pensi al grande romanzo di Mukka, Maa on syntinen laulu, anche questo un cantico sulla malinconia e sul vuoto dell’esistenza. Ecco dove non usciamo dai canoni, dove la griglia ti respinge… Credo che sia necessario allargare il panorama della cultura finlandese, smetterla di parlare del “piccolo paese”, presentarlo nelle sue diversità.
“Mi viene in mente un parallelo con la Sicilia: che sarebbe una regione italiana, ma al tempo stesso è un universo, dal punto di vista culturale. In generale sono d’accordo sul fatto che per noi, ancora, vale quello che diceva Snellman: che la cultura è la nostra più autentica identità, importante come l’educazione. In un piccolo paese queste cose sono importanti.”

Grazie.

(La Rondine – 2017)

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