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Uspenski, la cattedrale di nostra Signora dormiente

La cattedrale degli ortodossi di Helsinki, una comunità piccola ma di notevole peso anche nella vita sociale, è la più grande chiesa di questo genere nell’Europa occidentale. Costruita su uno sperone di granito, è posta all’ingresso dell’isola di Katajanokka, a pochi metri dal Palazzo del presidente e dalla piazza del mercato.  Ha pianta quadrata, coi lati di 24 metri.

Consacrata nel 1868, fu costruita dall’architetto Ivan Varnek a partire da un progetto originario di Aleksej Gornostajev. Ci vollero 11 anni di lavoro, e per la struttura muraria furono usati mattoni rossi trasportati via nave dalla fortezza russa di Bomarsund nelle isole Åland, distrutta durante la guerra di Crimea. Un esempio di riciclaggio, forse, ma anche un modo per confermare il carattere “russo” della chiesa a partire dalle strutture portanti.

Lo zar Nicola II visita la Cattedrale il 15 gennaio 1915

Rispettando i desideri dello zar Alessandro II (quello della statua in Piazza del Senato) la chiesa fu dedicata alla “Dormizione di Maria”, cioè al suo “trapasso”, come è inteso nelle chiese orientali. Il termine dormitio (slavo eccl. uspenie) si riferisce ad una credenza, sostenuta da una parte dei teologi cristiani, che Maria non fosse effettivamente morta, ma caduta in una sorta di profondo sonno e quindi venisse assunta in cielo anima e corpo, senza subire la corruzione della carne.

Nell’iconografia medievale, come nella bellissima icona in bacheca davanti all’iconostasi della Uspenski, vediamo la Madonna distesa sul letto, circondata dai dodici apostoli in raccoglimento, mentre il Figlio, sceso al suo capezzale, ne accoglie in braccio la animula, che ha la forma di un bambinello in fasce. Nella cattedrale la scena viene ripetuta in un dipinto moderno e in un rilievo d’argento su uno stendardo rosso al lato sinistro dell’altare. La composizione drammatica, ed è la cosa che più conta nel nostro caso, viene ripresa letteralmente nella configurazione fisica della chiesa: dove la cipolla dorata sulla cupola in alto, sormontata dalla croce, rappresenta il Figlio, mentre più in basso le dodici cipolle più piccole rappresentano gli apostoli che circondano la Madre dormiente, cioè il corpo stesso della Chiesa. Dalla cupola più alta (il Figlio) al pavimento ci sono 33 metri, ancora un elemento simbolico.

L’interno è maestoso. Quattro colonne doriche sostengono la volta centrale che ha 10 metri di diametro, e sotto la cupola è dipinta di azzurro come un cielo stellato. Ogni colonna è un blocco intero di granito, possente e al tempo stesso semplice nella sua nudità, una delle poche superfici dell’interno della chiesa che non sia decorata o dipinta.

Alle intersezioni delle colonne con la volta sono poste le immagini degli apostoli. Alla sinistra dell’altare si riconoscono Filippo, seguito da Giacomo, Andrea, Giacomo figlio di Zebedeo, Giacomo figlio di Alfeo, Tommaso, Bartolomeo, e Simone il cananeo. Sugli archi della volta si leggono queste scritte in slavo ecclesiatico: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Matteo 11:28). Poi le parole di Maria “L’anima mia magnifica il Signore,  e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” (Luca 1:46-7). “Chi crede in me, avrà la vita eterna” (Giovanni 6:47). E infine: “Benedetto sia chi entra nel Tempio della Tua Gloria.”

Sopra i versi tratti dalle Sacre Scritture sono dipinti i quattro santi moscoviti: Pietro, Alessio, Giona e Filippo. Al di sopra dell’iconostasi e dell’arco dell’altare è l’immagine del Signore degli eserciti (Sabaoth). L’altare, come nella tradizione cristiana antica, è orientato verso Est.

In una chiesa ortodossa grande rilievo hanno le icone, le “finestre” che fanno intravedere il mondo celeste e che, nella grande parete dell’iconostasi, separano e riuniscono Cielo e Terra, l’altare e la navata centrale. Le immagini dell’iconostasi sono opera di Pavel S. Shiltsov, artista di San Pietroburgo, e rappresentano Cristo Pantocratore, santi e angeli, oltre alla Madonna, san Costantino.

Accanto all’iconostasi sono visibili singole icone di grande pregio. Una di grande valore spirituale è quella della Theotokos (madre di dio) di Kozelshan, proveniente da Viipuri (Vyborg). Ma fu il valore materiale della riza d’argento e dei tanti gioielli donati dai fedeli a ispirare il furto dell’icona nel giugno del 2010. Alla fine un ladro pentito rivelò il luogo dove aveva nascosto l’immagine sacra, che aveva interrato in una zona boschiva vicino a Turku.

Altre due icone della chiesa, anch’esse provenienti da Viipuri (dopo la cessione della Carelia ai russi nel 1944), sono state vittime dei ladri. Quella di S. Barbara ha attirato interesse solo per la corona di perle che la decorava, sempre nel 2010, mentre un’altra icona, quella di San Nicola, era stata rubata nell’agosto del 2007, e purtroppo non è mai più stata ritrovata.

Per chi arrivi a Helsinki dal mare, la prima immagine dello skyline della città rivela all’orizzonte le cupole delle due cattedrali: quella bianca, luterana, di Engel (1852), e quella russa, la Uspenski (1868). Distanti l’una dall’altra poche centinaia di metri, incarnano indubbiamente le due anime del Paese, quella occidentale e quella orientale.

Ma per chi arrivando via mare si addentri nella baia di Helsinki, della Uspenski intravede soltanto, in alto, il riflesso della cupola dorata, coperta com’è alla vista da un elegante paravento moderno progettato da Alvar Aalto nel 1962, la sede centrale della cartiera Stora Enso. Vecchi edifici furono abbattuti per fare posto a questo capolavoro della modernità. La nuova Finlandia, pagati i debiti di guerra, voleva dare al mondo un’immagine di sé limpida, nuova, diversa.

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