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Il pasticciaccio brutto delle poste finlandesi

I problemi delle poste finlandesi non sono certo recenti, il declino nella qualità del servizio degli ultimi anni è difficile da ignorare anche per un osservatore distratto, ma i guai di POSTI sono diventati molto pubblici negli ultimi mesi, scatenando una bufera mediatica culminata con le dimissioni dell’amministratore delegato e uno sciopero che va avanti da settimane, e che non sembra trovare soluzione né scomparire dalle prime pagine dei giornali.

A causa dello sciopero la posta ordinaria non viene consegnata da oltre tre settimane. Tuttavia questa interruzione non sembra aver creato grossi disagi, e questo fatto sembrerebbe sottolineare uno dei problemi alla base della crisi di POSTI: come nel resto del mondo la digitalizzazione sta facendo calare continuamente il volume di lettere e cartoline. Ma la realtà è più complessa, e come spesso capita la tecnologia ha anche creato nuove opportunità: la crescita esponenziale dell’e-commerce ha aumentato il numero di spedizioni di pacchi. Le poste della vicina Svezia sono state in grado di adattarsi al cambiamento anche con idee innovative, come corsi gratuiti di e-commerce per educare i più piccoli.

Foto dal materiale pubblicitario per la logistica di Posti

Uno sguardo ai bilanci di POSTI rivela però una realtà controintuitiva. Come riportato dal programma di giornalismo investigativo di Yle MOT tra il 2008 e il 2015 i servizi postali di base di POSTI hanno creato 500 milioni di euro di profitti; a soffrire è invece il settore della logistica, in rosso di 170 milioni di euro. Le cifre rivelano una situazione diametramente opposta alla strategia dichiarata del gruppo, che da almeno un decennio si è posta l’obiettivo di diventare sempre più una compagnia di logistica per compensare il declino dei servizi di posta. Probabilmente per nascondere questi risultalti, dal 2016 POSTI ha unificato le voci nel bilancio, per cui è impossibile per gli esterni comparare logistica e posta, che nel 2017 e 2018 hanno portato circa 50 milioni di euro annui di profitti. Profitti ridotti anche da grossi investimenti nella logistica in Russia (oltre 200 milioni per l’acquisto di un’azienda locale) che al momento hanno però portato solo perdite, 40 milioni di euro lo scorso anno. 

A questo si aggiungono altre scelte costose e questionabili come il rebranding del 2007 che, per sottolineare l’espansione nei servizi logistici, cambiò il nome dell’intera azienda da “Posti”, un nome semplice che aveva funzionato per tre secoli, all’incomprensibile ITELLA. Come ciliegina anche il nuovo logo fu ridicolizzato da quasi tutti i pubblicitari. 
Poi nel 2015, resisi conto dell’errore, la marcia indietro e il ritorno al vecchio brand. Solo il ripristino del nome ha avuto un costo di almeno 2 milioni di euro.

La situazione pare essere quindi che il servizio postale, ancora profittevole nonostante il calo di volume, stia pagando per il settore logistico poco funzionale e investimenti sbagliati in Russia. 

E tenere il servizio postale in piedi, e portare degli utili, negli ultimi anni non è stato senza sacrifici, soprattutto per i dipendenti. 
Ci sono stati esuberi a migliaia, il che ha ridotto il personale di POSTI da oltre 22000 dipendenti nel 2015 a 16000 nel 2019, con conseguenze dirette anche nella qualità del servizio, ad esempio dal 2017 la posta ordinaria non è più consegnata il martedì. 
Anche gli italiani in Finlandia hanno sofferto direttamente delle inefficienze di POSTI in occasione del “plicodramma elettorale” delle elezioni dello scorso marzo e da noi riportato.

Va anche detto che gli stipendi dell’azienda sono notoriamente bassi, con una media di 2200€ lordi mensili (ben al di sotto di quella nazionale, che è intorno ai 3000€). Un caso estremo ma esemplare sono le persone che distribuiscono i giornali di notte, pagate 8,90€ all’ora cui si aggiungono 0,2€ di supplemento per il lavoro notturno che sembra un insulto.

La causa scatenante degli scioperi delle ultime settimane è stata però l’annuncio lo scorso autunno dello spostamento di 700 impiegati del settore logistica da POSTI a una sussidiaria. La manovra prevedeva un nuovo contratto che avrebbe ridotto gli stipendi dal 30% al 50%. A gettare benzina sul fuoco è stata la pubblicazione dello stipendio dell’amministratore delegato di Posti Heikki Malinen: uno stipendio base di 46000€ mensili che grazie ai bonus è salito nel 2019 a oltre 80000€. Cifre che hanno fatto infuriare anche il ministro competente (POSTI è un’azienda di Stato), la neoeletta socialdemocratica Sirpa Paatero, che ha preso una posizione molto dura contro la dirigenza di POSTI. Questo ha prima portato all’annuncio della rinuncia da parte di Malinen di tre mesi di stipendio poi, il primo ottobre, alle sue dimissioni.

Le trattative con i sindacati per evitare lo sciopero sono state inconcludenti e l’11 ottobre circa 10000 dipendenti di POSTI hanno incrociato le braccia. A loro si sono affiancati per un giorno anche autisti e piloti (con disagi su autobus, aerei e trasporto marittimo).

I negoziati continuano, e sembra che una soluzione sia vicina, ma anche senza un accordo lo sciopero dovrebbe concludersi il 9 dicembre. I biglietti di auguri non dovrebbero essere quindi a rischio, anche se probabilmente verranno consegnati con spirito molto poco natalizio.

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