Minna Canth, nasce col nome Ulrika Wilhelmina Johnsson a Tampere nel 1844 da Gustaf Vilhelm Johnsson (1816–1877) e da Ulrika (1811–1893). Morirà a Kuopio nel 1897. Suo padre lavorava nella fabbrica tessile di James Finlayson inizialmente come operaio, e successivamente come caposquadra. Gustaf e Ulrika avevano quattro figli, di cui il maggiore, Adolf, morì in tenera età. I fratelli sopravvissuti furono Gustaf (1850–1894) e Augusta (1852–1877). Nel 1853 il padre fu incaricato di dirigere il negozio di tessuti di Finlayson a Kuopio e l’intera famiglia vi si trasferì.
Canth ricevette un’istruzione eccezionalmente completa per una donna della classe operaia del suo tempo. Anche prima di trasferirsi a Kuopio aveva frequentato la scuola della fabbrica Finlayson, destinata ai figli dei lavoratori. A Kuopio frequentò varie scuole femminili e poi, nel 1863, iniziò gli studi presso l’Opettajaseminaari, Scuola superiore per insegnanti di Jyväskylä, la prima istituzione in Finlandia a offrire un’istruzione superiore alle donne.
Nel 1865 sposò il suo insegnante di scienze naturali, Johan Ferdinand Canth, e dovette abbandonare gli studi. Tra il 1866 e il 1880 diede alla luce sette figli e iniziò la sua carriera di scrittrice presso il quotidiano Keski-Suomi, dove suo marito lavorava come redattore. In seguito a dissapori creati dal contenuto di alcuni suoi articoli, passò a un giornale concorrente, Päijänne, su cui iniziò anche a pubblicare i suoi primi testi letterari, racconti e novelle, poi pubblicati come Novelleja ja kertomuksia nel 1878.
Minna Canth non è soltanto figura di spicco del realismo finlandese, grazie alla quale confluirono nel contesto finnico le idee di pensatori e scrittori europei e nordici, da Darwin a Brandes e Ibsen, ma anche la prima donna ad acquisire una posizione preminente nel canone della letteratura in lingua finlandese. La Canth influenzò, in particolare, lo sviluppo del realismo e, più in generale, dell’intera letteratura finnofona, non solo come autrice ma anche come versatile personalità culturale e fondatrice di uno dei primi salotti letterari in Finlandia.
L’opera di Minna Canth si evolve dalle opere d’esordio (racconti e drammi) ancora carenti dal punto di vista stilistico e segnate dal romanticismo, in direzone di un realismo programmatico, le cui prime manifestazioni furono definite dalla critica ‘pamphlet arrabbiati’ (vedi ad es. Branch 1993-1994); in esse l’autrice, seguendo il programma realista, sottolinea costantemente le contraddizioni sociali.
Il primo lavoro di questo tipo è un dramma significativamente intitolato La moglie dell’operaio (Työmiehen vaimo, 1885), considerato uno dei primi drammi teatrali nordici aventi come tema la vita del proletariato urbano. Il dramma tratta del problema dell’alcolismo tra i segmenti più poveri della popolazione urbana e reagisce immediatamente al disegno di legge (non approvato), che consentiva alle donne di disporre della loro proprietà. L’aspra critica della condizione della donna e della morale ipocrita basata sulla retorica cristiana culmina con la battuta della gitana Homsantuu, la quale nel dramma rappresenta coloro che vivono ai margini della società: “Il vostro diritto e la vostra giustizia … a loro avrei dovuto sparare!” Ancora più rivoluzionarie risuonano le parole di Topri-Heikki, il protagonista di Figli di sventura (Kovan onnen lapsia, 1888): “Ma perché, i poveri e i ricchi non si fanno la guerra?”; La moglie dell’operaio e Figli di sventura ebbero anche una versione teatrale e significarono l’avvento del realismo critico sul palcoscenico del teatro finlandese, anche se furono immediatamente ritirati dopo la prima.
La critica parlò di ‘realismo del disgusto’ (inhorealismi), condannando fermamente l’ispirazione artistica come socialismo e anarchismo (1), tralasciando del tutto le possibilità interpretative offerte dalle opere: la problematizzazione o addirittura la condanna della violenza rivoluzionaria. (2)
Figli di sventura, come anche la novella di Minna Canth Povera gente (Köyhää kansa, 1886) reagiscono al problema della disoccupazione e delle condizioni disumane in cui versavano gli operai finlandesi addetti alla costruzione della ferrovia. La Canth si dedica poi alla rappresentazione della vita della classe media urbana nel romanzo Hanna (1886), spesso considerato come il primo vero romanzo di formazione della letteratura finlandese, nel quale l’autrice tratta delle condizioni e dei ‘requisiti’ delle ragazze della classe media. Il punto di vista critico della scrittrice analizza sia i due punti succitati sia le differenze di condizione delle donne provenienti da classi sociali diverse. Nel romanzo, l’obiettivo critico principale diventa la formazione e l’istruzione insufficienti delle ragazze, argomento tipico della letteratura realista.
Nelle altre opere in prosa sulla vita delle donne della classe media, Minna Canth si occupa, tra l’altro, del rapporto tra la maternità e la sessualità (Insidia, Salakari, 1887) e continua ad affrontare la questione delle responsabilità individuali, il cui sviluppo e opportunità di azione sono drasticamente limitati dalla società. (3)
Negli anni ‘90 del XIX secolo, lo sviluppo del pensiero di Minna Canth risulta ancora basato sui principi realisti, anche se caratterizzato da una rappresentazione psicologica più profonda dei personaggi. Questo periodo fu tradizionalmente giudicato dalla critica come un allontanamento dalle posizioni radicali ‘arrabbiate’ verso una visione più conciliante della società e del mondo. Una tale lettura fu offerta sia per quanto riguarda il dramma La famiglia del Pastore (Papin perhe, 1891), che affronta le diverse posizioni di conflitto generazionale, sia per Anna-Liisa (1895), che racconta la storia di una ragazza la quale, in preda alla disperazione, uccide suo figlio nato fuori dal matrimonio (vedi Koskimies 1965; Laitinen 1991). Il finale del dramma, quando Anna-Liisa si assume la responsabilità del crimine, lo confessa volontariamente e chiede una punizione per poter così ottenere la redenzione, è stata tradizionalmente interpretata come la tendenza dell’autrice all’ethos cristiano, attribuito spesso all’influenza delle idee di Tolstoj (ad es. Laitinen 1991, 221).
Il dramma, però, può essere inteso anche come una questione cruciale: chi è in realtà responsabile dell’atto di Anna-Liisa, e cosa sta ad indicare il fatto che la protagonista non riesca a trovare un posto nella società esistente, ma solo al di fuori di essa? (vedi ad es. Buchwald 1990). Con le sue opinioni radicali sulla condizione delle donne e delle classi inferiori, che si manifestano con forza soprattutto nelle sue prime opere, Minna Canth entrò in conflitto con il movimento delle donne finlandesi, la cui corrente principale fu caratterizzata da un notevole conservatorismo (vedi ad es. Jallinoja 1983). Con il requisito di ‘purezza’ incondizionata di entrambi i sessi, vale a dire il rapporto sessuale per il solo fine della procreazione, la Canth si riavvicinò al movimento delle donne, distanziandosi, al contrario, da alcuni suoi colleghi, i quali su questi temi avevano un punto di vista più vicino a quello di August Strindberg sulla necessità della poligamia per gli uomini (es Rajainen 1973). Con la sua ricerca di una ‘via femminile’ nella società e nella letteratura, affrontando temi ‘universali’, la Canth prefigura molte questioni che saranno poi affrontate dai suoi seguaci. (Viola Parente-Čapková)
(1) Il dialogo di Minna Canth con il pensiero socialista del XIX secolo è ancora in attesa di un’analisi approfondita, anche se marginalmente l’argomento è stato affrontato ad es. da Pertti Karkama (Karkama 1994, 108-109).
(2) Il critico di Minna Canth più intransigente e più veemente fu il conservatore Agathon Meurman (vedi ad es. Koskimies 1965, 46 e 55).
(3) Nel corso degli ultimi decenni, sono state pubblicate diverse analisi delle opere di Minna Canth per quel che riguarda la rappresentazione delle donne e delle ragazze, dei rapporti tra le donne (in particolare tra madre e figlia) e delle questioni relative alla sessualità femminile (vedi ad es. Kirstinä 1988, Lappalainen 1993, Pullinen-Mattila 1996, Piikkilä 2001).
BIBLIOGRAFIA
Branch, Michael: Lezioni di letteratura finlandese, Università di Londra, SEES, 1993-1994.
Koskimies, Rafael: Suomen kirjallisuus IV. Minna Canthista Eino Leinoon. (Kuusi, Matti & Konsala, Simo eds). Helsinki: Suomalaisen Kirjallisuuden Seura & Otava 1965.
Laitinen, Kai: Suomen kirjallisuuden historia. 3. edizione riveduta. Helsinki: Otava 1991.
Buchwald, Eva: Ideals of Womanhood in the Literature of Finland and Russia 1894-1914. PhD. Thesis. School of Slavonic and East European Studies, University of London 1990.
Jallinoja, Riitta: Suomalaisen naisasialiikkeen taistelukaudet. Naisasialiike naisten elämäntilanteen muutoksen ja yhteiskunnallis-aatteellisen murroksen heijastajana. Helsinki: WSOY 1983.
Rajainen, Maija: Naisliike ja sukupuolimoraali. Keskustelua ja toimintaa 1800-luvulla ja nykyisen vuosisadan alkupuolella noin vuoteen 1918 saakka. Helsinki: Suomen kirkkohistoriallinen seura 1973.
Karkama, Pertti: Kirjallisuus ja nykyaika. Suomalaisen sanataiteen teemoja ja tendenssejä. Helsinki: Suomalaisen Kirjallisuuden Seura 1994.
Kirstinä, Leena: Hannan lukemisto. Minna Canthin Hanna. In Kirstinä, Leena: Halkeamia. Tutkielmia lukijasta tekstin rakenteissa. Helsinki: Suomalaisen Kirjallisuuden Seura 1988.
Lappalainen, Päivi: Äidin ja tyttären problematiikka Minna Canthin Hannassa. In: Toikka, Minna (ed.): Nykyajan kynnyksellä. Kirjoituksia suomalaisen kirjallisuuden modernisaatiosta. Turku: Turun yliopisto, Taiteiden tutkimuksen laitos, Sarja A, N:o 29 1993.
Pullinen-Mattila, Sari: Unelma neitsytäidistä Minna Canthin teoksissa. In: Hökkä, Tuula (ed.): Naiskirja kirjallisuudesta, naistutkimuksesta ja kulttuurista. Helsinki: Kotimaisen kirjallisuuden laitos, N:o 8, 1996.
Piikkilä, Tuula: Keskustelua ajassa. Dialogisuuden ulottuvuudet Minna Canthin Salakarissa. In Lappalainen, Päivi, Grönstrand, Heidi & Launis, Kati (eds.): Lähikuvassa nainen. Näköaloja 1800-luvun kirjalliseen kulttuuriin. Helsinki: Suomalaisen Kirjallisuuden Seura 2001.
La famiglia del Pastore
Dramma in quattro atti, 1891
HENRIK VALTARI, Pastore.
ELISABETTA, sua figlia.
JUSSI VALTARI, figlio, studente.
HANNA, figlia.
MAIJU, figlia più piccola
TEUVO RASTAS, studente.
Signora SAVÉN.
MARTHA, domestica.
ATTO PRIMO
(Un salotto arredato in modo austero. Sul fondo, la porta che dà sull’ingresso, a sinistra quella dello studio del pastore, e più vicino al boccascena una finestra e delle piante alte; a destra la porta della sala da pranzo. Sulla parete in fondo, un orologio.
Maiju gioca con la palla. Il suo lavoro di cucito, un grande tappeto multicolore, è caduto dalla sedia al pavimento).
ELISABETTA (grida da destra) Maiju!
MAIJU (senza fermarsi). Sì, mamma?
ELISABETTA. Sei lì?
MAIJU. Sì, sono qui.
ELISABETTA. Vieni un po’ qui.
MAIJU. Un attimo e vengo.
ELISABETA. Che stai facendo?
MAIJU. Non faccio quasi niente, mamma. – Non faccio mai… niente… solo così.
ELISABETA. Vieni, allora, forza!
MAIJU. Sì sì. Non appena finisco… un minuto solo… uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto…
ELISABETTA (arriva). Cosa mai…? Ecco, lo immaginavo… stavi giocando di nuovo con la palla!
MAIJU. (senza fermarsi). … undici, dodici, tredici, quattordici, quattordici, quindici, sedici, diciassette…
ELISABETTA. Ora mettila via. Piccola adorata, come puoi pensare a giocare quando qui c’è ancora tanto da fare.
MAIJU. …venti e quattro, venti e cinque, venti e sei, venti e sette…
ELISABETTA. Mi hai sentito, Maiju?
MAIJU. … venti e otto… oh, ora è caduta! ed è colpa di mamma, finora sono sempre arrivata a cento, invece ora la mamma è venuta a interrompermi. Non mi lasciano mai finire in pace il gioco, nemmeno una volta, anche se ci vorrebbe al massimo un quarto d’ora.
ELISABETTA. Non pensi affatto a cos’altro dobbiamo fare prima che vengono Jussi e Hanna.
MAIJU. Fino a domani c’è tempo per qualsiasi cosa.
ELISABETTA. Hai almeno finito il tappeto?
MAIJU. Lo finirò stasera in men che non si dica.
ELISABETTA. In men che non si dica! Dici sempre così e ogni volta alla fine c’è una fretta del diavolo.
MAIJU. La mamma ora non dovrebbe preoccuparsi. Domani mattina prepareremo i biscotti allo zenzero, così si manterranno freschi e buoni quando arriveranno gli ospiti.
ELISABETTA. Ora metti via quella palla, mi infastidisce.
MAIJU. Va bene.
ELISABETTA. Una bambina grande che pensa ancora a giocare come una piccolina.
MAIJU (mette via la palla). “Una bambina grande!” Bene! La mamma si ricorda ora che lei stessa mi ha chiamata “grande”?
ELISABETTA. Certo che me lo ricordo.
MAIJU. Allora non mi dirà più, ogni volta che cerco di divertirmi: “Allora? Sei ancora una bimba piccola!”
ELISABETTA. Sì, ma questa è tutta un’altra questione.
MAIJU. E perché? O sono piccola, o non lo sono.
ELISABETTA. Smettila di rimbeccare. Piuttosto vediamo questo tappeto.
Oh, cielo, c’è ancora tanto da cucire.
MAIJU. Lo finisco in mezz’ora.
ELISABETTA. Forse me ne occuperò io.
MAIJU. No, la mamma me lo ridia, lo finisco io.
ELISABETTA. Pensa piuttosto alle cose da fare. Dovresti ancora andare a prendere un pan di zucchero e un sacchetto di caffè.
MAIJU. Non potrebbe Martha…
ELISABETTA. Sta riordinando la camera di Jussi.
MAIJU. …Ah ah! Beh, allora ci andrò io.
ELISABETTA. Ma assicurati che ti diano zucchero Electa di Helsinki e caffè di prima qualità.
MAIJU. Prima qualità, nastro blu… Ho capito, Signor Capitano!
ELISABETTA. Senza perdere tempo, mi raccomando.
MAIJU (va nell’ingresso). Va bene!
ELISABETH. Che ragazza capricciosa!
MAIJU (cappellino in testa, sbircia dalla porta). La mamma ha detto qualcosa?
ELISABETTA. Ho detto che… sei proprio capricciosa.
MAIJU. Ma non è vero. Oppure sì?… Se mamma non si rimangia la parola, io non vado da nessuna parte… Non sono capricciosa, è vero?
ELISABETTA. Beh, non lo sei, no. Ora vai, però!
MAIJU. E posso fermarmi a parlare per mezzo minuto se mi capita di incontrare una delle ragazze?
ELISABETTA. Sì, mezzo minuto sì, basta che non sia di più.
MAIJU. No, soltanto mezzo minuto. (Esce).
ELISABETTA (si mette a cucire in gran fretta). Henrik di certo dorme ancora, perché non si sente nulla.
MARTHA (entra da destra, a piedi nudi, gonna corta sollevata fino ai fianchi, le maniche arrotolate all’altezza dei gomiti). Ora è pronto. Da parte mia, non posso fare di più.
ELISABETTA. Hai pulito per bene in terra?
MARTHA. Sì, in una passata! e le finestre sono lavate, ho spolverato tutto, le porte e gli stipiti sono lindi e pinti. Il signorino Jussi può arrivare anche in questo preciso momento.
ELISABETTA. Non ancora, devo prima finire questo tappeto.
MARTHA. Beh, la signora allora deve finirlo al più presto.
ELISABETTA. Questa sarebbe l’intenzione… Ma ora forse sta arrivando qualcuno?
MARTHA. Signore Iddio, speriamo che non siano altri ospiti…
ELISABETTA. Martha, Martha! Com’è il secondo comandamento?
MARTHA. Devo provare a ricordarlo.
MAIJU (fiori e una lettera in mano). Mamma, mamma, ho ricevuto una lettera da Jussi. Non crederebbe a quello che ha scritto, santo cielo, com’è divertente, sto morendo di gioia. (Ride e balla.)
MARTHA. Si è fidanzato?
MAIJU. No, no, no, no, più divertente… più divertente! Provi a indovinare.
ELISABETTA. Abbassa la voce, papà è lì che dorme… Allora, cosa scrive?
MAIJU. Stasera vengono Hanna e Jussi. E Jussi porta con sé un amico… mamma, provi a indovinare chi.
ELISABETTA. Come potrei…
MAIJU. Sì, la mamma non lo conosce nemmeno. Ma io gli ho mandato i miei saluti tramite Jussi.
ELISABETH. Allo sconosciuto?
MAY. Beh, sì, visto che anche lui me li ha mandati.
ELISABETH. Si chiama…?
MAIJU. Teuvo Rastas. Non è un nome stupendo? Teuvo Rastas. Cosa ne pensa la mamma? Bello, vero?
ELISABETTA. Beh, sì, è bello.
MARTHA. Alloggerà da noi?
MAIJU. Da noi, certamente, non è vero, mamma?
ELISABETTA. Naturalmente. Presumo che Jussi gli abbia chiesto di rimanere da noi.
MAIJU. Così ho capito dalla lettera. Sul serio, verranno già stasera!
MARTHA. Quindi alloggia qui! Di nuovo un altro lavoro! Bisogna preparare un altro letto nella camera del signorino Jussi, materassi, cuscini, coperte giù dalla soffitta… e tutto il resto.
MAIJU. Cara Martha, non ci vorrà molto. Vengo ad aiutarti non appena avrò sistemato questi fiori.
MARTHA. Proprio quando pensavo di aver finito… miseriaccia, mi fa montare in rabbia. (Sposta un paio di sedie con rabbia ed esce da destra).
MAIJU. Santo cielo, che rose magnifiche. Guardi, mamma!
ELISABETTA. Sono bellissime.
MAIJU (cantando).
“Papà lo vuol danaroso, la mamma invece carino, a me basta che sia amoroso.”
PASTORE (chiama da sinistra) …Maiju!
MAIJU. “Le sue unghie belle…”
ELISABETTA. Shhh…! Zitta, papà deve aver detto qualcosa.
MAIJU. (si ferma ad ascoltare). Non ha detto niente, mamma si preoccupa e basta. Questa è una canzone nuova nuova, mamma, davvero carina. L’ho imparata un giorno da un ragazzino giù in strada… Ascolti!
ELISABETTA. Ma sveglierai papà.
MAIJU. No se canto piano. (Inizia a bassa voce, poi continua sempre più forte.)
“Papà lo vuol danaroso, la mamma invece carino, a me basta che sia amoroso… Ha le unghie luccicanti, ma i soldi non sono tanti….”
PASTORE (dalla sua camera). Maiju, Maiju!
ELISABETTA. Hai sentito?
PASTORE (entra). Che robaccia stai cantando? Pensi che siano parole adatte a una ragazza della tua età?… Bambina cara, quando imparerai un po’ di decenza, quando, dimmelo?
MAIJU. Non lo so… Forse quando sarò molto, molto vecchia.
PASTORE (con fare serio). No, devi cambiare i tuoi modi già ora, e cambiare per bene. Una diciassettenne non può comportarsi come un mascalzoncello privo di freni. Cerca di ficcartelo in testa, in modo che io non debba ricordartelo di continuo.
MAIJU (china la testa e si trastulla con i fiori).
PASTORE. Beh, stavo proprio pensando di mandarti a fare un servizio. In questa lettera, la signora Savén mi chiede se stasera possiamo venire al Circolo del cucito della Società missionaria, e se io posso leggere o dire qualcosa.
MAIJU. Stasera?
PASTORE. Sì, stasera. Tu vai da lei e le dici che sono felice di farlo, ma che potrò venire un po’ più tardi, intorno alle otto. Voi, invece, potete uscire di casa già alle sei, come al solito.
MAIJU. Stasera non possiamo andarci affatto.
PASTORE. Ah, no?… E perché?
ELISABETTA. Jussi e Hanna arrivano con l’’Elias Lönnrot.’ Non lo sai ancora?
MAIJU. E Jussi porta con sé un amico.
PASTORE. Ah, è così!… Quindi già stasera… Ma che problema c’è? Possono venire anche loro.
MAIJU. Loro non vengono, ne sono sicura.
ELISABETTA. Soprattutto la prima sera.
PASTORE. Perché non dovrebbero? Lì troverebbero delle vecchie conoscenze.
MAIJU. Zia Savén e zia Emilia? Che cosa può importare loro di persone così pie e noiose. Roba da inorridire…
ELISABETTA. Maiju, Maiju…!
PASTORE. Benissimo! Onestamente, non so più cosa dire. È mai stata pronunciata prima d’ora una calunnia del genere dalla bocca di una giovane, su amiche della madre, e madrine per giunta! – ‘Pie e noiose!’ Bastano queste parole a rivelare tutto il tuo cuore.
ELISABETTA. È ancora così infantile e sconsiderata, povera Maiju.
PASTORE. È frivolezza, non infantilismo. Frivolezza e malizia.
MAIJU. Dopo tutto, sono persone malvagie e per di più calunniatrici. (Sta per piangere.) E mentono e spettegolano più di chiunque altro.
ELISABETTA. Controllati, bambina cara.
PASTORE. Stasera verrai al circolo del cucito e racconterai alla zia Savén e alla zia Emilia quello che hai detto su di loro e ti scuserai. Hai capito?
MAIJU (china ancora di più il capo e piange più forte.)
PASTORE (rivolgendosi a Elisabetta). Vado all’ufficio dell’‘Alba’.
Fammi sapere se succede qualcosa di più serio. (si dirige verso l’ingresso.)
ELISABETTA. Come hai potuto rivolgerti così a papà?
MAIJU. Ma che posso farci se loro sono così come sono!
Mamma non ricorda come una volta hanno sostenuto che Anni Tavasti e Olga Nyström…
ELISABETTA. Ooh, quella vecchia storia!
MAIJU. Sì, ed era tutta una balla, lo so per certo… una balla bella e buona!
ELISABETTA. Non usare parole come ‘balla’. Si sono semplicemente sbagliate…
MAIJU. Hanno mentito, hanno mentito deliberatamente, e l’hanno fatto tante volte. E non mi scuserò con loro, niente affatto! Che si scusino prima loro con Anni Tavasti e Olga Nyström…
ELISABETH. Shh, sta zitta!! Figlia mia, tu devi dare retta a papà. E ora cerca di smettere di piangere, altrimenti ti si gonfiano gli occhi. L’‘Elias Lönnrot’ potrebbe arrivare in qualsiasi momento… Ecco, ora il tappeto è pronto, ma i tuoi fiori sono ancora disseminati da ogni parte. Mettili in un vaso mentre io porto questo nella camera di Jussi.
MAIJU. E sia pure, non me ne importa! Non mi importa più di niente e non canterò mai più. E non sarà mai più felice. Rimarrò indifferente e farò la faccia acida come quella di zia Savén… allora papà non potrà avere più niente da dire. Così, ecco!
ELISABETTA. E allora potrai davvero divertirti… birichina che non sei altro.
MAIJU. Guardi, mamma! Ora sono bellissima, vero?
ELISABETTA. Lo sei davvero, molto particolare. Sicuramente faresti ridere anche i polli. (Esce a destra).
MAIJU. Ma ora non dovrei fare quello che avevo in mente? Scrivere al dottor Bergbom e propormi come attrice del teatro finlandese? Il massimo! La decisione è presa! Martha! Dove hai messo carta, penne e inchiostro…? Martha, Martha, Martha!
MARTHA (da destra). Ecco, sì? Cosa c’è?
MAIJU. Vieni, presto! Come se tu fossi già qui!
MARTHA (arriva). Allora, Dio la benedica…
MAIJU. Dove mi avete nascosto i fogli e tutto l’occorrente per scrivere, visto che non li trovo da nessuna parte?
MARTHA. E perché li portate sempre qui? Il loro posto è forse il tavolo del salotto? (Li prende dall’étagère, dietro i libri.) – Eccoli qui. (Li sposta sull’altro tavolo.)
MAIJU. Aspettate, mi potreste portare questa lettera alla cassetta postale.
MARTHA (va al tavolino). Sì, avete proprio fatto le pulizie, qui. Non mi resta altro che mettere a posto il disordine che avete lasciato… Che bisogno c’era di sparpagliarli qui sul tavolo? Non potevate metterli subito nel vaso? (Mette i fiori alla rinfusa nel vaso.)
MAIJU (scrive e poi legge ad alta voce). ‘Egregio Dottore! Posso chiederle umilmente di accettarmi come attrice del teatro finlandese? Ho diciassette anni e ho frequentato la scuola locale per ragazze. Attendo quanto prima una Sua risposta favorevole. Distinti saluti, Maiju Valtari.’ Va bene. (La mette nella busta, scrive l’indirizzo e l’affranca.) Martha, ecco qua!
MARTHA. Alla cassetta di Lindqvist?
MAIJU. Sì, proprio là! Di corsa.
MARTHA. Probabilmente tutta questa fretta non c’è. (Esce a destra).
MAIJU. La lettera arriverà domani, e dopodomani potrei già avere la risposta. E se mi dice di venire subito, cosa faccio? Cosa diranno papà e mamma? E Hanna e Jussi?… E tutti gli altri? Che diranno?
ELISABETTA (entra da destra). Non è appena arrivato l’‘Elias Lönnrot’? Ho visto i cocchieri andare al molo.
MAIJU. Quello che è fatto è fatto! La lettera è nella cassetta, ora anche se lo volessi, non potrei più riprenderla.
ELISABETTA. Mi senti?
MAIJU. Cosa ha detto, mamma?
ELISABETTA. Oh Dio mio! È così che hai sistemato i fiori?
MAIJU. – Cosa…? È Stata Martha!
ELISABETH (li dispone meglio). Beh… sono davvero sbalordita! La tua mente è confusa.
MAIJU. Mamma, adorata! (ridendo) È stata Martha a metterli così.
MARTHA (dalla porta). Arrivano, arrivano!
MAIJU. Chi?
MARTHA. Hanna…, Jussi, Dio mio, e chiede pure! Quando sono già in cortile…
(si ritira.)
MAIJU. Sta scherzando! Mamma, potrebbe…
ELISABETTA. Beh, è quello che ho appena detto… Eccoli qui!
HANNA (arriva dall’ingresso di corsa). Buongiorno, buongiorno!
MAIJU. Buon Dio… Hanna!
ELISABETTA. Salve! Come stai, bambina?
HANNA. (passa da un abbraccio all’altro). Io sto bene, proprio bene! Sono al settimo cielo… siete proprio dei cattivacci, non siete nemmeno venuti a darci il benvenuto.
MAIJU. Beh, ma noi non lo sapevamo… Ma sei davvero tu? Non oso credere ai miei occhi. Hanna, fatti guardare!
HANNA. Guarda, guarda!
MAIJU. Sì, sei tu, sei proprio tu! Tu, tu…
HANNA. Ah… ah… Se mi stringi così forte finirai per soffocarmi! Piano, bambina, mi farai morire.
ELISABETTA. Vieni qui ora, che anch’io possa vederti, vieni a sederti sul divano.
HANNA. Non sapete quant’è bello tornare a casa! Non ce la faccio a stare seduta, mamma, no, davvero!
MAIJU. Ma io non riesco ancora a realizzare che Hanna è qui! Che è davvero qui! Sono come stordita.
ELISABETTA. – Beh, ed ecco che arriva Jussi. Stavo proprio pensando di chiedere dove fosse finito. (Arrivano Jussi e Teuvo. Lasciano le loro cose nell’ingresso).
JUSSI (dall’ingresso). Vi porto saluti da Helsinki!
ELISABETTA. Grazie, grazie!
MAIJU (Gli corre incontro nell’ingresso). Jussi! …Jussi, Jussi, Jussi!
JUSSI. La mia cornacchia! Sai ancora volare? – (La porta dentro ballando e piroettando.)
MAIJU. Santo cielo, che spasso! Ora sì che si vive! Dal profondo del cuore!
JUSSI. Garantito! Gioia e tripudio…!
MAIJU. Gioia e tripudio! Fino al cielo.
JUSSI. Buongiorno, mamma!
ELISABETTA. Bentornato a casa!
JUSSI. Grazie! Vi presento il mio amico, Teuvo Rastas, un fratellone, più o meno come me.
ELISABETTA. Benvenuto, signor Rastas!
JUSSI. Girati di qua, Teuvo! Vedi? Questa è mia sorella, Maiju, una bricconcella…
MAIJU. Ma dai, Jussi, non scherzare.
JUSSI. Il mio vecchio ha cercato invano di farne una signorina dignitosa e austera, una specie di governante inglese.
MAIJU. Non gli creda, signor Rastas, sono tutte sciocchezze.
(Trad. it. di Antonio Parente)