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Fabio Divino, uno statistico tra Italia e Finlandia

Fabio Divino, 55 anni, dal 2012 vive regolarmente tra Italia e Finlandia dove giunge nel 1999, a Jyväskylä. Attualmente è professore associato di statistica, probabilità e metodi computazionali presso il Dipartimento di Bioscienze e Territorio dell’Università del Molise dove coordina il Laboratorio di Biostatistica ed Epidemiologia Computazionale. È inoltre professore visitatore presso il Dipartimento di Matematica e Statistica dell’Università di Jyväskylä dove svolge gran parte della sua attività di ricerca.

A marzo 2020, a seguito della rapida diffusione della pandemia causata dal contagio del virus Sars-cov-2, insieme ad altri colleghi (Alessio Farcomeni – Università Tor Vergata di Roma, Giovanna Jona Lasinio – Università La Sapienza di Roma, Gianfranco Lovison – Università di Palermo e Antonello Maruotti – LUMSA) fonda il gruppo di ricerca indipendente StatGroup-19 per studiare, capire e spiegare l’evoluzione dell’epidemia, a livello nazionale e mondiale.

Con i tuoi colleghi sei impegnato da mesi nell’analisi statistica del fenomeno pandemico. Proprio su questo vorremmo chiederti come vedi la situazione attuale in Finlandia e in Italia.

Con StatGroup-19 abbiamo iniziato a studiare la pandemia mondiale di Covid-19 da subito. Lo spirito che ci ha mosso è puro senso di dovere civico, volevamo contribuire ad arrivare ad una lettura più chiara del fenomeno, che fosse utile al decisore ma anche e soprattutto al cittadino comune. In quella fase iniziale c’era molta preoccupazione e incertezza su ciò che stava accadendo. Oggi molte cose sono cambiate, abbiamo capito tanti aspetti del contagio anche se altri restano ancora da comprendere. Per quanto riguarda la situazione nel nostro paese, l’Italia vive una fase interlocutoria dopo la preoccupazione della seconda ondata epidemica che ha raggiunto il suo apice in termini di prevalenza nella seconda metà di novembre. Il contagio da circa un mese sta diminuendo in termini di incidenza di casi giornalieri e questo è un buon segnale anche se il livello dei decessi è ancora alto, ma sappiamo che questi si riferiscono a contagi osservati almeno un mese prima.

Per quanto riguarda la Finlandia, dopo la fine dell’estate, anche in questo paese si è osservata una ripresa del contagio, seppur in dimensioni assolutamente non paragonabili con quello dell’Italia. Qui la seconda ondata sembrava essersi fermata verso la fine di ottobre, ma dopo un periodo di incidenza costante, il contagio ha ripreso fino ai massimi delle scorse settimane e oggi sembrerebbe aver iniziato una discesa significativa.

Per quanto riguarda la letalità invece, i due Paesi sono imparagonabili, l’Italia mostra la letalità più alta al mondo, le cui ragioni devono essere comprese meglio, mentre la Finlandia ha una dei tassi di letalità più bassi.

Pensando all’Italia, quali sono, a tuo giudizio, i motivi dei diversi livelli di contagio tra diverse zone del Paese? Il Paese è realmente attrezzato, soprattutto riguardo i reparti di terapia intensiva?

Se guardiamo il contagio in Italia a livello regionale, ci accorgiamo che ci sono alcuni aspetti che si sono consolidati con il passare dei mesi. Prima di tutto è evidente che il contagio sia molto diffuso nel nord del nostro Paese mentre nelle regioni del centro-sud i livelli di incidenza e prevalenza sono significativamente più bassi, con eccezione di poche regioni come Umbria e Campania, ad esempio. Nelle regioni del nord è più alta anche la letalità. Queste considerazioni sembrerebbero suggerire che ci possa essere una componente di tipo ambientale nella diffusione del virus. Per quanto riguarda la disponibilità delle terapie intensive, l’Italia ha ancora un rapporto molto basso rispetto alla popolazione. Ad esempio, la Germania ha oltre 35 posti di terapia intensiva per 100.000 abitanti mentre oggi l’Italia conta circa 12 unità per 100.000 abitanti. C’è da dire che la situazione è comunque migliorata rispetto alla prima ondata dove i posti disponibili erano poco più di 8 per 100.000 abitanti. La questione più rilevante però è la cosiddetta medicina territoriale, ovvero il sistema dei medici di base, che si è rivelata insufficiente a fronteggiare l’urto di un’epidemia con questi livelli di criticità. Questo purtroppo è il risultato di decenni di tagli al sistema sanitario pubblico. 

In Finlandia, il sistema sanitario si è rivelato molto più preparato, nonostante il numero di posti in terapia intensiva per 100.000 abitanti sia poco più di 6 ma sappiamo quanto sia rilevante il ruolo della sanità pubblica in questo Paese.

Ci sono differenze culturali nella percezione del problema tra finlandesi e italiani? Quanto queste differenze influiscono sulle decisioni dei governi e sull’efficacia dei provvedimenti presi?

Su questo punto c’è da fare una premessa. È importante che i cittadini siano sempre consapevoli di fatti ed eventi che li possono riguardare direttamente e che possono condizionare la loro vita quotidiana. Questo punto è importantissimo al fine di una efficace azione del decisore. Se i cittadini sono consapevoli, comprendono meglio le decisioni, anche quelle più difficili che richiedono sacrifici sociali ed economici. In tal senso, il problema si trasforma in una questione culturale, in cui il livello di educazione che i cittadini hanno gioca un ruolo rilevantissimo. In questo caso particolare il livello di educazione scientifica. È chiaro che tra Italia e Finlandia c’è un’enorme differenza. Senza entrare nel merito dei diversi sistemi scolastici e della diversa sensibilità dei rispettivi governi verso il problema dell’istruzione, l’Italia ha una tradizione culturale di tipo umanistico mentre sicuramente la Finlandia ha un’attenzione più alta verso l’educazione scientifica.

Un discorso a parte da fare è sul ruolo dei movimenti cosiddetti novax che negano addirittura la pandemia in corso. Ma questa è una battaglia comune, in cui non c’è differenza fra Italia e Finlandia. Il complottismo di questi movimenti, che riflette solo la decadenza culturale dei nostri tempi, deve essere combattuto in ogni modo. Anche se con naturali diversità di opinioni, la Scienza è l’unico strumento di conoscenza condivisa che ha l’uomo e che ha portato progresso e ha migliorato le condizioni di vita dell’umanità, sin da quando nell’Antica Grecia si abbandonò l’illusione del mito per seguire il metodo filosofico della ragione.

A tuo giudizio quali potrebbero essere i principali problemi nella distribuzione del vaccino in Finlandia, quando sarà disponibile?

Questo è un tema su cui non ho molta competenza, posso fare delle considerazioni generali, in ogni caso. È chiaro che la distribuzione di un vaccino dipende da diversi aspetti. Le principali sono due, ovvero pianificare un processo logistico per la distribuzione vera e propria sul territorio e la capacità di organizzare spazi per la vaccinazione. Per entrambe le questioni, sono sicuro che il governo finlandese sia in grado di organizzare opportunamente ogni cosa.

Il vaccino sembrerebbe essere disponibile già dalle prossime settimane in tutta Europa, con le relative priorità in termini di categorie sociali. È notizia di questi giorni che si stia pensando di organizzare una giornata europea dedicata alla vaccinazione per promuovere dal punto di vista mediatico e culturale l’importanza di questa azione.

Infine due domande più personali: Quali sono i progetti che stai seguendo presso l’Università di Jyväskylä?

Sono arrivato a Jyväskylä nel 1999, con una borsa post-dottorato della Fondazione Europea delle Scienze (ESF).  Da allora ho partecipato a molti progetti di ricerca. L’Università di Jyväskylä ha una rilevante tradizione nelle scienze matematiche e statistiche e io ho avuto la fortuna di incontrare una persona davvero speciale, il professore – oggi emerito – Antti Penttinen, a cui mi lega una profonda amicizia. Insieme abbiamo lavorato su progetti riguardanti le applicazioni della statistica a problemi ambientali. Attualmente le stesse tematiche di ricerca le porto avanti attraverso una stretta collaborazione con Salme Kärkkäinen dell’Università di Jyväskylä e Kristian Meissner dell’Agenzia di Protezione Ambientale Finlandese (SYKE). In particolare, studiando la dinamica e la biodiversità delle comunità microbiche, ci occupiamo di sviluppare sistemi di monitoraggio ambientale, soprattutto con riferimento al controllo della qualità delle acque di laghi e fiumi.

Frequenti la Finlandia dal 1999. Quali sono le caratteristiche, culturali e non, che “importeresti” in Italia dalla Finlandia e viceversa?

Questa è una domanda davvero difficile. Sono oltre 20 anni che frequento la Finlandia e una parte di me è davvero finlandese tanto che alcuni amici di Jyväskylä mi considerano “più finlandese” di loro. Probabilmente ci sono tantissime cose che mi porterei in Italia e viceversa.

Per quanto riguarda l’aspetto ambientale, mi piace il freddo e la natura oltre a quella sensazione di pace enfatizzata dal costante silenzio. In Italia mi porterei di certo il lago Jyväsjärvi (in foto del 1999) che riassume il tutto. Se invece andiamo a guardare gli aspetti culturali, sicuramente porterei in Italia il senso di comunità e il senso di rispetto e fiducia verso il prossimo che i finlandesi esprimono in ogni occasione. Al contrario, porterei dall’Italia la capacità delle persone di non perdersi di fronte alle difficoltà, riuscendo nelle situazioni più improbabili a trovare una soluzione a tutto.

Per chiudere con il tipico luogo comune dell’italiano all’estero, provo a giocare sul cibo, e qui la partita è difficile. Dalla Finlandia sicuramente porterei in Italia i dolci, alcuni sono davvero speciali come i cheesecake di Wilhelmiina Konditoria a Jyväskylä. Dall’Italia, per non sbagliare, il menù completo di ogni ristorante, a partire dalle nostre Osterie romane.

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