Che doccia fredda è stata la lettura dell’opuscolo appena pubblicato: Kenen kaupunki? “Di chi è la città? Pianificazione urbana e ambiente culturale in rotta di collisione”, testo scritto da esperti di progettazione urbana, architettura e ambiente culturale, Harri Hautajärvi, Juhana Heikonen, Petteri Kummala e Timo Tuomi.
Tutti i media, ma in particolare il sito della televisione di stato Yle, hanno dedicato una serie di servizi che discutono la denuncia contenuta nel testo. La questione principale che viene posta è che la pianificazione urbana sia stata delegata a investitori immobiliari e società di costruzioni al di fuori della gestione comunale, diventando di fatto alquanto opaca. Il libro presenta più di dieci esempi di interventi che, secondo gli autori, sono controversi e minacciano le caratteristiche peculiari di Helsinki.
La critica include la gigantesca arena Helsinki Garden accanto allo Stadio Olimpico, e il progetto di costruzioni a Eteläsatama, su cui si erano già espressi negativamente altri architetti.
Ma il libro prende di mira, tra le altre cose, anche i grattacieli progettati a Keski-Pasila e quelli già elevati a Kalasatama.
Il libro si domanda perché a Helsinki si voglia edificare nei parchi e in zone di rilevanza storico-culturale pur sapendo che invece sarebbero necessari spazi aperti, aree ricreative, se la città vuole crescere di un quarto di milione di abitanti entro la metà del secolo.
Il fatto è, dicono gli architetti, che la politica dell’utilizzo del suolo di Helsinki è cambiata in modo decisivo negli ultimi anni. Il cambiamento coincide con il nuovo piano regolatore di Helsinki e la riforma amministrativa e organizzativa della città, nel periodo in cui i Verdi sono diventati il secondo partito della capitale, secondi solo al Partito di Coalizione. Uno degli effetti registrati è che quasi tutti gli architetti sono stati allontanati dalla gestione dell’uso del suolo pubblico.
Ma, si domandano gli autori della denuncia, siamo proprio certi che il retroterra culturale e l’esperienza lavorativa dei nuovi leader siano all’altezza delle esigenze dell’ambiente culturale? Purtroppo, ha denunciato un noto professore di Helsinki, Juhani Pallasmaa, l’architettura si è ridotta a una mera attività tecno-economica. “Oggi gli architetti sono poco più che prestatori di servizi come ingegneri e avvocati. La situazione era diversa negli anni ’50 e ’60, quando gli architetti erano considerati artisti e l’architettura era arte delle costruzioni.”
Conseguenza delle riforme amministrative è anche il fatto che il potere è stato concentrato nelle mani dei sindaci, che, secondo il pamphlet, controllano la formazioni dei funzionari fino ai livelli più bassi.
Sono state fatte diverse valutazioni sugli effetti della riforma amministrativa e organizzativa di Helsinki e, secondo l’opuscolo, proprio il settore dell’ambiente urbano, di cui è responsabile l’architetto Mikko Aho, è stato oggetto di molte critiche.
Il libro definisce la politica dell’utilizzo del suolo di Helsinki come una sorta di “lenta trasformazione in un neo-corporativismo mascherato da liberalismo, dove il potere decisionale si va spostando verso pochi investitori immobiliari, politici e dirigenti di nomina politica”.
L’attenzione poi per l’ambiente culturale è rimasta una parola d’ordine vuota nell’attuale retorica politica di Helsinki, sostiene il libro. I grandi progetti di privatizzazione sembrano essere negoziati in un circolo ristretto, per cui il processo decisionale dell’autorità pubblica pare che inizi solo quando molte cose sono state preliminarmente concordate, scrive l’architetto Juhana Heikonen che insegna presso l’Università di Helsinki.
Ma le reazioni non vengono solo dal mondo degli architetti. Anche l’ex primo ministro Paavo Lipponen ha preso posizione sui progetti di edificazione urbana, sostenendo che, per esempio, costruire sul piazzale Eliel nella zona della stazione centrale è una minaccia all’identità della città.
E a proposito dei nuovi grattacieli nell’area metropolitana, un parere molto critico ha espresso il professore Juhani Pallasmaa: “Sono una devastazione in piena regola, si perde l’identità di un distretto o di una città. Helsinki ha rinunciato a preservare il paesaggio urbano costituito dagli edifici. Negli ultimi anni, la città ha preso una strada molto dubbia, nella sua frenesia di costruire. Il paesaggio urbano sta cambiando ovunque, a cominciare dalla linea costiera.”
“Capisco i nuovi bisogni abitativi, ma ciò non si può fare a scapito del paesaggio urbano. E poi, permettere di costruire con troppa rapidità, porta a perdere un bene prezioso, la stratificazione urbana.”
“Yksinkertaisesti täytetään vain tyhjältä tuntuvia paikkoja“: semplicemente vengono riempiti gli spazi vuoti, ma gli spazi vuoti sono parte integrante del paesaggio urbano e quindi si dovrebbe prestare estrema attenzione a dove costruire, dove concentrare gli edifici e dove no.”
Una sorta di horror vacui, è la denuncia di Pellasmaa. Che aggiunge: “Sì, sono piuttosto inorridito dal fatto che Helsinki sia improvvisamente un luogo completamente estraneo alla sua storia.”
Il dibattito è aperto, e appassionante, come nella tradizione della capitale finlandese. Ovviamente non è un caso che ricorra praticamente il cinquantenario di un altro celebre pamphlet, uscito nel 1970 per la WSOY, opera degli architetti e urbanisti Vilhelm Helander e Mikael Sundman che si intitolava Kenen Helsinki? “Di chi è Helsinki?”
La denuncia toccava la distruzione del patrimonio storico, in nome della modernizzazione, lo spazio eccessivo dato alla circolazione delle automobili, il decisionismo delle autorità pubbliche che non tenevano in debito conto l’opinione dei residenti.
Le reazioni, a favore e contro, furono violente. Celebre quella di Matti Virkkunen, amministratore delegato della Kansallis-Osake-Pankki (KOP), accusato di voler demolire l’Hotel Kämp. Pare che Virkkunen, di fronte alla denuncia, avesse reagito dicendo “Mi pulisco il culo con libri come questo.”
Oggi, coi social in agguato, si dispensano sorrisi, semmai. Ma il dibattito è appassionante, e fa riflettere su una caratteristica di questo Paese che Giorgio Manganelli, in un suo celebre reportage (raccolto in L’isola pianeta), così sottolineava, dopo aver detto a se stesso che a Piazza del Senato ci era tornato più volte, non per la bellezza in sé, ma perché ci respirava la Storia:
“… ho toccato il nodo di quella complessa meraviglia che è la Finlandia. La pubblicità parla di ‘natura intatta’, il che è lessicalmente corretto, ma moralmente sviante; la Finlandia è il risultato di un patteggiamento tacito e severo tra tutto ciò che non è uomo, e che non so chiamare, letterariamente, ‘natura’, e l’uomo.”
Per poi aggiungere che non basta dire che la Finlandia è bella, mentre è assai di più; è “un’idea di come potrebbe essere la convivenza tra uomo e nonuomo, una convivenza che altrove è ‘guerra aperta’”.
Parole che sembrano scritte oggi. Ma dimentichiamo il fatto che poi Manganelli, alla fine della sua carriera umana, avrebbe poi scritto Ti ucciderò, mia capitale…
(Foto del titolo di Davide Pavone. Per le altre immagini utilizzate, siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)