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In memoria di Riitta Eronen

Pochi giorni fa è venuta a mancare Riitta Eronen. Figlia di Arvo Salo, famoso scrittore giornalista e politico finlandese, è stata, tra l’altro, capo-redattrice della rivista sulla lingua finlandese, Kielikello. Figura di spicco del Kotus (Kotimaisten kielten tutkimuskeskus, Istituto per le lingue della Finlandia), ha collaborato a vari dizionari e glossari della lingua finlandese, ed ha tenuto contatti, attraverso telefonate giornaliere, con ricercatori, entusiasti e curiosi che cercavano risposte a dubbi riguardanti i diversi aspetti della lingua finnica; data la sua conoscenza profonda della lingua, riusciva a dare risposte esaurienti, ma non sempre a soddisfare ogni curiosità, cosa che spesso sconcertava i richiedenti, in cerca, invece di principi assoluti normativi che lei, da vera osservatrice della lingua, cercava quanto più possibile di evitare.

Senza dubbio i colleghi la ricorderanno e scriveranno della sua competenza e dei suoi meriti; noi vogliamo, invece, portare un ricordo personale di questa persona genuina, diventata poi in seguito la nostra migliore amica in Finlandia, insieme al marito Matti Eronen, da poco scomparso anche lui. La famiglia Eronen, e la loro “casa blu” nel quartiere helsinkiano di Käpylä, sono state delle piacevoli costanti della nostra vita, non soltanto sociale. Ricordiamo, ad esempio, la prima visita, grazie a lei, al Kotus, dove all’epoca (agli inizi degli anni 1990) si discuteva della possibile traduzione in inglese della funzione dell’istituto, all’epoca chiamato Institute of Domestic Languages; grazie anche all’apporto di Riitta, la più recente denominazione riporta una descrizione, secondo noi, più corretta.

Importante è stato anche il suo rapporto con i traduttori dal finlandese; la sua sensibilità linguistica innata le permetteva di osservare il finlandese sia dall’interno, come madrelingua, che dall’esterno, fornendo costanti aiuti, impagabili, e negoziando persino soluzioni con i vari traduttori. Credeva fermamente nel contributo anche dei non madrelingua nella diffusione e nell’arricchimento del finnico, e al riguardo ci piace ricordare un episodio; traducendo una poesia di Juhani Ahvenjärvi, ci trovammo di fronte ad un termine a quel tempo a noi sconosciuto, e non presente nei dizionari, putkinäkö, e grazie a lei risalimmo al corrispondente italiano “visione a tunnel”. Dopo un paio di mesi, ci informò che il termine in questione l’aveva suggerito come aggiunta al dizionario finlandese del Kotus, ringraziandoci per quel contributo indiretto.

Un altro esempio esplicativo del suo imprescindibile aiuto che ci ha accompagnati negli anni è la spiegazione che ci fornì per il termine joukkoistuin, presente nella Giornata del naso rosso di Mikko Rimminen. La chiarificazione di Riitta Eronen va ben al di là della semplice definizione linguistica: “la parola in questione è un riferimento alle raccomandazioni ‘sciocche e ridicole’ dell’Istituto per la lingua finlandese. È in vena folkloristica e scherzosa il suggerimento del Kielitoimisto dell’uso della parola joukkoistuin (lett. seduta di gruppo), invece di sohva (sofà), per un’intolleranza alle parole straniere. Questa tradizione è più giocosa che critica; molti intervistati, per esempio, quando vengono interrogati sui neologismi, sono particolarmente interessati a ricevere la lista di “raccomandazioni sciocche che non hanno poi avuto seguito nella lingua corrente finlandese.”  E poi, alla fine, la spiegazione del significato:

Penso che l’autore voglia davvero dire che la panchina offre spazio a più persone, ma per intrattenere il lettore e se stesso usa la parola “joukkoistuin”. Qualcuno ha rimosso la neve dalla panchina, ci si è seduto sopra, e l’impronta sulla seduta, con la neve circostante, che ricorda quasi l’imbottitura dei cuscini, fa sembrare forse ancora più comoda quella panchina, come un divano dall’aspetto invitante… Puoi trovare altre informazioni sulle parole “sciocche” a questo indirizzo: https://www.kielikello.fi/-/-sanasuosituksia-

Questo episodio ricorre spesso durante le nostre lezioni sulla traduzione, in quanto è, secondo noi, un ottimo esempio dell’ampiezza del (con)testo traduttivo, a cui si riesce ad arrivare quando si è guidati da una mente sensibile e competente.

Più recentemente, il suo aiuto si è dimostrato determinate per quel che riguarda il lessico delle renne, in particolar modo dei simboli e tagli di riconoscimento (marchiatura) sulle orecchie. Quando Nicola Rainò e Antonio Parente hanno tradotto Maa on syntinen laulu di Mukka, grazie a Riitta sono riusciti a risalire al significato esatto del termine pykälä, di cui Riitta fornì anche un aiuto visivo, anche se poi, come accade spesso in traduzione, l’informazione è stata più un arricchimento personale che una soluzione utilizzabile.

La corrispondenza con Riitta Eronen, con le sue risposte “giustificate” alle nostre domande, potrebbe un giorno essere raccolta in un compendio che, siamo  sicuri, gioverebbe non poco a chi si avvicina alla lingua finlandese, così come la sua pubblicazione sui neologismi Uudissanat rötösherrasta sanarakkaaseen (2007).

Un ultimo ricordo riguarda la capacità, sua e di suo marito, di creare divertissement linguistico-umoristici, che poi diventavano un tipo di inside joke nelle nostre conversazioni; ad esempio, l’uso di citazioni letterarie non dirette sostitutive di volgarismi o profanità, come il “voi hattu!”, derivato sinteticamente da un’affermazione della protagonista del romanzo Voimanaiset (Donne forti) di Pirjo Hassinen.

Grazie di tutto, Riitta, e ti sia lieve la terra.

(La foto del titolo è di Matti Eronen)

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