A inizio aprile il Ministero dell’Economia finlandese ha rivisto in positivo le sue previsioni per la crescita economica per il 2019, aggiungendo uno 0.2% e portandole all’ 1.7% del PIL. Queste cifre sono però, a detta del ministero stesso, “calore residuale”: infatti nei prossimi anni ci si aspetta sempre crescita, ma in calando: 1.4% nel 2020 e 1.2% nel 2021.
La ripresa iniziata nel 2016 sembra quindi già volgere al termine.
Il clima di crescita ha influito positivamente anche sull’occupazione, che è salita oltre il 72.6% della popolazione in età lavorativa.
Sebbene la cifra sia oltre la quota del 72% che si era posta il governo Sipilä, e che molti avevano giudicato troppo ottimista, è ancora molto al di sotto degli altri Paesi nordici: la vicina Svezia è al 77,5% e l’Islanda vede impiegate addirittura l’83% della persone in età lavorativa. Non c’è comunque consenso su quanto, se del tutto, le contestate manovre dell’ultimo governo siano effettivamente responsabili di questa crescita dell’occupazione.
Secondo il Tilastokeskus, l’Istat finlandese, in Finlandia lavorano 2.5 milioni di persone, di cui 1 milione e 800 mila nel settore privato.
Delle quasi 700 mila persone nel settore pubblico (il 26,5% della forza lavoro, contro il 13% italiano), oltre mezzo milione sono impiegate nelle amministrazioni locali e 150 mila dallo Stato. Il grande numero di impiegati comunali deriva dal fatto che in Finlandia i comuni sono responsabili dei servizi sociosanitari al cittadino, quindi ad esempio gli insegnanti sono dipendenti comunali e non ministeriali.
I lavoratori autonomi sono il 13% della forza lavoro (in Italia sono il 23,3%), mentre quelli part-time sono 400mila (16,7% contro il 18.4% italiano).
Ci sono poi 1.3 milioni di “inattivi” in Finlandia: persone tra i 15 e i 74 anni che non lavorano e non cercano lavoro, perché studenti (22%) o in pensione (50%), per ragioni di salute (12%) o perché dediti alla cura della famiglia (5%).
Alla crescita dell’impiego non è però corrisposta una proporzionale diminuzione della disoccupazione, che nei primi mesi del 2019 era al 6.7% (l’Italia è al 10,3%).
Molti esperti ritengono si sia vicini al limite strutturale della disoccupazione, cioè lo “zoccolo duro” della popolazione che non è impiegabile o non ha le qualifiche richieste dal mercato del lavoro, come dimostrano le carenze di lavoratori nel settore sanitario, tecnologico e delle costruzioni.
Le professioni più richieste | Le professioni meno richieste |
Logopedisti Capicantiere Ingegneri edili Infermieri Assistenti sociali specializzati Educatore per la prima infanzia Medici specialisti Rappresentanti vendite Medici generici Dentisti Saldatori Operai edili (calcestruzzo e rinforzi) Operatori di call center Altre professioni edilizie Operatore di pulizia industriale | Segretari (generici) Sarti e operatori tessili Addetti al supporto tecnico Segretari personali e di dipartimento Grafici Pubblicitari Falegnami artigiani Installatori e riparatori di apparecchiature informatiche Operai forestali Giornalisti Stampatori Operai tipografi Ricercatori sociali e culturali Operatori agenzie di viaggio Impegati bancari |
Fonte: TYÖ- JA ELINKEINOMINISTERIÖ |
In Finlandia non sembra esserci un problema di genere, la disoccupazione maschile è più alta di quella femminile (8,2% rispetto al 5,7% nel marzo 2019), e la disoccupazione giovanile nel 2018 era al 16,9%, poco al di sopra della media e molto al di sotto del 33% italiano.
La situazione non è però rosea per tutti e dappertutto.
La disoccupazione fra gli stranieri è più del doppio di quella nazionale, il 15,5% secondo le statistiche OECD (sopra anche il 14.3% italiano); a Helsinki la percentuale dei disoccupati stranieri sale addirittura al 24.1%.
Una delle ragioni elencate dai potenziali datori di lavoro per non assumere stranieri è la scarsa conoscenza della lingua finlandese, ma testimonianze e sondaggi indicano che spesso contribuisce anche una buona dose di razzismo e pregiudizio.
Due terzi dei 3000 studenti stranieri che ogni anno concludono gli studi in Finlandia finiscono per abbandonare il Paese perché senza sbocco nel mondo del lavoro.
In regioni come il Kainuu e la Carelia ci sono i tassi di occupazione più bassi, e per i giovani in quelle aree la disoccupazione è ben oltre il 20% (anche qui quella maschile più alta di quella femminile).
Tra le città più grandi Kotka, Joensuu e Lahti sono quelle con il tasso di disoccupazione più alto, sopra il 13%.
Åland, le regioni intorno a Turku, Helsinki e Vaasa sono con la più alta occupazione. Grafica Timo Aro
https://twitter.com/timoaro
Quindi, per chi di voi sta meditando di trasferirsi in Finlandia per cercare lavoro, prima di fare le valigie è forse meglio assicurarsi di avere formazione ed esperienza che possano aprire le porte del mondo lavorativo finlandese. E investire in un corso di finlandese.