“La città cresce e si espande, e alle volte la gente ci resta intrappolata”, scriveva Kari Hotakainen nel romanzo distopico Bronks (1993). A un secolo di distanza la Finlandia, che aveva generosamente prestato i propri muratori e carpentieri per costruire i grattacieli di New York, sembra essersi lanciata essa stessa nella “skyscraper race” con audaci interventi su grande scala che fanno a pugni con i placidi profili del paese dai mille laghi, come le torri di Kalasatama di recente costruzione che dominano sfacciatamente il piatto paesaggio costiero e un tessuto urbano tradizionalmente a bassa densità edilizia, fatto più di vuoti fruibili che di imposizioni volumetriche.
Il principio ispiratore sembrerebbe all’apparenza provenire dalla Ville Radieuse di Le Corbusier: costruire “episodi urbani verticali” per avere mano libera a terra e organizzare liberamente le zone funzionali, verde, traffico e servizi, subordinandole a un’idea dell’abitare che conferisca ai propri contenitori un’inedita dignità prospettica (le torri hanno nomi pretenziosamente evocativi come Faro, Splendore, Incanto One, Visio, Orizzonte). Si tratta in realtà di una strategia nata per sopperire alla mancanza di una pianificazione urbanistica vera e propria (il City Plan o Yleiskaava 2016 di Helsinki prevede praticamente solo densificazione fondiaria indiscriminata, riduzione del traffico automobilistico e crescita delle reti pubbliche), un approccio “urban infill” animato da istanze di sostenibilità che però, proprio a causa dei criteri su cui si basa, manifesta scarsa propensione al dialogo con il patrimonio esistente, pezzi d’architettura che, nella giovane capitale europea, sono spesso pregevoli esemplari dello Jugendstil locale, il cosiddetto romanticismo nazionale.
Ne è esempio il minaccioso progetto di ampliamento (sopraelevazione) del vecchio edificio della Borsa di Helsinki, vero e proprio capolavoro dell’architetto Lars Sonk (Kälviä 1870 – Helsinki 1956), autore tra l’altro della Cattedrale di Tampere (1907) e della Chiesa Mikael Agricola (1935).
L’intervento, presentato in un articolo su Helsingin Sanomat, prevede due piani aggiuntivi, vetro ad alveare in un anonimo, anemico stile Gregotti, un cassone parcheggiato sopra la monumentale facciata in granito grigio prospiciente la centralissima Fabianinkatu che grava (graverà, probabilmente a partire dal 2027) anche sul suggestivo patio vetrato interno con il matroneo, i caratteristici balconi a lunetta e la loggia sul fondo con la scalinata d’onore.
Completato nel 1912 a seguito della demolizione di un edificio di legno in stile impero già dimora di Elias Lönnrot e del pasticcere engadinese Florio Catani, il Pörssitalo fu la prima sede stabile della borsa finlandese che, negli anni precedenti, aveva saltuariamente luogo presso la Ritarihuone (la Casa della Nobiltà Finlandese), negli spazi dell’hotel Kleineh o altrove, e divenne fin da subito anche la sede del Club della Borsa, del quale l’architetto stesso era membro, nonché del Grand Restaurant Börs (dal 1938 Adlon), per decenni il fulcro della mondanità finlandese.
Si trattava insomma di un elegante micro-quartiere, un polo dirigenziale sotto un’unica falda. Negli anni ’80, con la smaterializzazione dei titoli, la piazza finanziaria perse progressivamente la propria funzione: le ultime contrattazioni fisiche, sostituite poi dal meccanismo di asta elettronica, risalgono al 1990. Di proprietà della Fondazione della Borsa Finlandese (Suomen Pörssisäätiö), oltre alla sede della fondazione e del club l’edifico ospita oggi un ristorante, sale per eventi e uffici professionali.
Il concorso per l’ampliamento della Pörssitalo è stato vinto dallo studio associato K2S (Kimmo Lintula, Niko Sirola, Mikko Summanen), noto per il progetto della Cappella del silenzio di Kamppi (2012), sempre a Helsinki: la commissione, costituita da rappresentanti della fondazione, del comune e del museo municipale, ha dichiarato la volontà della committenza di realizzare circa 2.000 metri quadrati di superficie calpestabile in più, non è ancora chiaro con quale destinazione d’uso.
Il rischio concreto è che venga deturpato lo scorcio di uno degli angoli più suggestivi del centro di Helsinki: fatte le dovute proporzioni storico/architettoniche, si tratterebbe di un danno paesaggistico analogo a quello dell’ampliamento del Teatro alla Scala di Milano firmato dall’architetto ticinese Mario Botta nel 2004, con l’orripilante scatolone della nuova torre scenica che svetta oltre la linea di facciata del Piermarini, delle numerose Aufstockungen, le sopraelevazioni in vetro e acciaio di edifici d’epoca che costellano i centri storici delle città tedesche o di altri esempi di “contemporary vertical addition”, interventi che, nelle intenzioni, dovrebbero dare nuova vita alle architetture del passato ma che, il più delle volte, riescono a valorizzare solo l’ego del progettista.
(Foto di M. Ganassini)

