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Rutto

“Peste”. La beffarda omofonia con l’italica emissione orale di aria dallo stomaco non deve trarre in inganno: la parola finlandese rutto suona terrificante ma, se educata, sa comportarsi. Ad essa è dedicata una verde e frequentata piazza davanti alla Chiesa Vecchia di Helsinki (Vanha Kirkko), il ruttopuisto o parco della peste secondo il nome coniato dai goliardi negli anni ’60 e diventato oramai ufficiale. A dire il vero, prima del 1710, le numerose vittime della peste nera a Helsinki riposavano un po’ ovunque, tra Piazza del Senato e l’odierno quartiere di Kamppi, ma una futura capitale in pieno sviluppo può permettersi di passare sopra la morte.

In origine la parola composta ruttotauti indicava genericamente una malattia che si propaga “velocemente” (come nell’estone ruttu), e in tempi di pandemia il suo incedere tanto imprevedibile quanto rapido  sopravvive nello slang: rutto è uno spericolato giovinastro sul monopattino che i pedoni sovente mandano a quel paese, un po’ come i lapponi che, per liberarsi di Ruto, demone pestilenziale, offrono in sacrificio un cavallo affinché, scorrazzando, si tolga garbatamente dalle scatole.

Nel dubbio meglio non dir male del male: in Italia apostrofiamo un bambino discolo con l’espressione “peste” ignari che, per converso, stiamo trasmettendo (per via orale) al bimbetto troppo vispo una letale malattia infettiva di origine batterica. (m.g.)

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