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Non è il paradiso in terra

È fuori di dubbio che la Finlandia dia di sé un’immagine molto positiva, un Paese dove regnano giustizia sociale, contributiva e di genere, almeno agli occhi di chi la vede su blog, siti vari e in televisione. Ma è davvero così?

Da tempo è in corso una riflessione su un eccesso di politically correct in questa immagine, non solo sui media esteri, ma anche in Finlandia. Per esempio su Politiikkaradio, il podcast di Yle Areena che affronta temi politici riguardanti la società e i suoi fenomeni sia a livello locale che in relazione all’estero.

Concentrandosi sulle elezioni politiche del prossimo aprile, Politiikkaradio ha intervistato diversi  esperti su temi importanti e decisivi che potrebbero far vincere un partito piuttosto che un altro. Tra i temi che passano quasi inosservati (o meglio: che si credano che nel Nord Europa non esistano), troviamo la questione scolastica e la violenza fisica, sessuale e psicologica nelle relazioni, non solo amorose.

Da Areena /Yle

Il sistema scolastico finlandese è spesso invidiato e visto con occhio di riguardo all’estero, nonostante che recentemente e a seguito della pandemia, abbia  sofferto un declino notevole e una critica di cui abbiamo già parlato recentemente sulla Rondine.

Politiikkaradio ha affrontato il tema delle cosiddette classi speciali, quelle erikoisluokat  che si concentrano su una materia in particolare, con programma creato appositamente per eccellere nella tematica scelta. Già dalla scuola dell’infanzia è possibile scegliere ad esempio educazione fisica, musica o educazione artistica.  La domanda che viene posta è se la Finlandia le propone in eccedenza, oppure se si discriminano troppo gli studenti, causando un percorso individualistico piuttosto che personalizzato, lasciando indietro gli studenti che non hanno ancora raggiunto un livello minimo richiesto di maturità cognitiva per accedere a questo tipo di istruzione per diverse regioni di cui vedremo a breve.

Il Parlamento sta preparando una riforma che limiti quanto più la tradizionale lezione frontale in classe, per concentrarsi sull’offerta di un ambiente di apprendimento dinamico, che segua gli interessi del singolo.

I criteri di valutazione e di accesso a queste classi sono ancora in lavorazione. Un dilemma sono i cosiddetti bambini di Finlandese come seconda lingua (suomi toisena kielenä), ovvero prima generazione di figli di immigrati o di famiglie expat la cui lingua madre è altro dal finlandese, ma che usano il finlandese nella quotidianità. Queste barriere linguistiche abbassano i risultati performativi delle singole scuole, andando a “catalogare” quelle con meno presenza di studenti la cui madrelingua non è il finlandese, come scuole “migliori”.

Secondo Maria Ahlholm, senior professor presso l’università di Helsinki, servirebbero politiche linguistiche di inclusione che aiutino questa prima generazione di studenti a socializzare con altri della stessa età e a integrarsi nella società. Al momento la grande barriera oltre a quella linguistica sembra essere quella socio-economica e quella intrinseca finlandese di zone a Nord e a Est che sono impossibilitate ad offrire la stessa qualita’ di istruzione delle scuole della regione della capitale (Helsinki-Espoo-Vantaa), oltre alla disomogeneità dell’offerta e qualità dell’istruzione tra i diversi quartieri delle singole città.

A questo proposito, è stata creata koulukone, un sistema di ricerca delle scuole che indica la media degli abbandoni scolastici, la quota di alunni la cui prima lingua non è il finlandese, il reddito medio del quartiere, l’istruzione superiore nel territorio e il suo tasso di occupazione per ogni scuola sul territorio finlandese. Un’arma a doppio taglio al limite tra esclusione e inclusione, in un Paese che ha bisogno di mantenere gli expat dopo l’istruzione degli stessi a carico del governo finlandese.

In generale l’idea di seguire gli interessi e sviluppare le competenze intrinseche del singolo è buona, ma rimane il problema di come creare un sistema scolastico in grado di supportare questa decisione senza escludere nessuno. La soluzione deve essere sostenibile da tutte le scuole finlandesi.

Koulukone https://yle.fi/a/74-20018233

Altro tema che rimane poco noto all’estero è la violenza sulle donne nelle sue diverse forme.

Un rapporto europeo Social science and medicine del giugno 2016 segnala che la Finlandia è in Europa il secondo posto più violento per le donne, andando a creare un paradosso in un Paese dove la parità di genere è all’85%. Secondo l’Istituto di Statistica nel 2019 il 77% delle vittime di violenza da parte di un partner erano donne. Infine, da un recente rapporto dell’Istituto di salute e benessere (THL terveys- ja hyvinvointilaitos) emerge che il 31% delle donne finlandesi che ha compiuto 15 anni è stata vittima almeno una volta di violenza fisica o sessuale a carico del compagno attuale o precedente.

La violenza nelle relazioni comporta una spesa di 150 milioni di euro all’anno alla società, e le persone che hanno bisogno di più servizi sociali sono proprio quelle che sperimentano la violenza spesso causata da traumi irrisolti, alcolismo, problemi mentali e problemi nel sistema di potere di genere.

Secondo Pia Puu Oksanen, esperta di Amnesty International, il problema finlandese è la mancanza di un sistema di sostegno e di prevenzione di possibili situazioni violente, e per realizzarlo si ha bisogno sia di capitale umano istruito che di risorse economiche e strutture adeguate.  Ne abbiamo già parlato qui intervistando Sabina Morandi, ideatrice della Marcia contro la violenza sulle donne del 2020.

E anche quest’anno, la Finlandia si è aggiudicata per il sesto anno consecutivo il titolo di Paese più felice al mondo.

Politiikkaradio è un podcast di Tapio Pajunen, Linda Pelkonen e Antti Pilke che va in onda dal lunedì al venerdì alle 13:00 su Yle Radio e Yle Areena. Il podcast è disponibile qui: https://areena.yle.fi/podcastit/1-1485162

(Le immagini utilizzate sono tratte da YLE. Siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)

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