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Mämmi

Basterebbe la dotazione consonantica della parola per afferrare la portata colloidale, proteiforme e discriminante di questo delizioso dolce al cucchiaio a base di malto, segale, melassa, polvere di melangolo e scorza d’arancia che, gustato con latte o panna, a fronte di un gusto estremamente gradevole mostra un aspetto e una consistenza a metà tra un distillato di carbone bituminoso e il fertilizzante biologico di yak.

L’etimologia germanica (il danese mæm) rimanda ai decotti di malto alla base di birre e distillati e, più in generale, alle varie pappe di cereali (puuro, velli) che dominano le prime colazioni d’oltralpe ma, in questo caso, colore e consistenza evocano maliziosi pensieri scatologici proiettando il totem dell’identità nazionale nell’oscura ambivalenza emotiva del tabu: “va bene che sei finlandese, ma come fa a piacerti una roba con quell’aspetto?” direbbero nella patria di cannoli e millefoglie.

Tra i mämmisti eccellenti ricordiamo Juha Mieto, campione di sci di fondo sul cui mostruoso consumo del controverso dessert, ogni anno, i giornali nazionali pubblicano un bollettino animato dallo stesso coinvolgimento con cui, qualche decennio prima, proclamavano le trionfali vittorie dell’atleta finlandese ai Giochi olimpici invernali.  

Favorevoli o contrari al mämmi, in Finlandia ci sarà sempre chi, tra forma e sostanza, sceglierà di fare il tifo per quest’ultima. (m.g.)

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