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Dietro il mito della perfezione nordica

Il fascino esercitato dai Paesi nordici all’estero ha avuto uno dei suoi picchi in questi ultimi anni, come dimostrano anche le cifre del turismo, in costante aumento, e la popolarità del nordic noir e non solo. Quest’infatuazione ha anche prodotto una lunga serie di articoli e libri, che per la maggior parte sono superficiali, glorificanti o entrambe le cose. Spesso si incentrano sulla parola del momento, hygge, sisu o, come recensito anche da noi, lycka. Mi stupisco che nessun editore o autore si sia ancora gettato sulla fika, l’arte svedese della pausa caffè. Almeno il titolo ad effetto in Italia sarebbe assicurato.

Se, come il sottoscritto, si è stanchi di questo approccio agiografico vale la pena rispolverare un libro di qualche anno fa: The Almost Nearly Perfect People: Behind the Myth of the Scandinavian Utopia, scritto dal giornalista britannico Michael Booth nel 2014, di cui esiste una versione finlandese ma non è mai stato tradotto in italiano.
Questo saggio, disponibile su Amazon, presenta infatti una realtà più sfaccettata dei Paesi nordici, che è tuttora rinfrescante da leggere e per molti versi ancora attuale.

Booth, che ha sposato una danese e vive a Copenhagen, ha diviso il libro in cinque sezioni, una per ogni Paese nordico: i tre scandinavi (Danimarca, Svezia e Norvegia), la Finlandia e aggiungendoci infine anche l’Islanda.
Per ogni nazione tenta di scavare oltre la superficie, analizzandone i tratti culturali, la storia, la politica, visitando luoghi chiave e intervistando esperti.
L’autore mischia aspetti da diario di viaggio e reportage con osservazioni personali e umorismo, con un risultato che può ricordare Bill Bryson, anche se in tono minore.

Una delle cose che aveva affascinato Booth era la discrepanza fra la sua esperienza personale e l’annuncio, nel 2013, che la Danimarca era stata eletta a nazione più felice al mondo. Sentimento comune a quello che molte persone qui (inclusi collaboratori di questa rivista) hanno provato quando è stato il turno della Finlandia a ritrovarsi in cima al World Happiness Report.

I capitoli più estesi e completi sono quelli che riguardano i tre Paesi scandinavi, l’autore tratta anche tanti di quei termini che sono poi diventati di moda, come hygge, ma ne analizza anche i lati negativi come la pressione sociale che esercita verso l’evitare confronti, pena lo stigma di essere marchiati ohyggelig (atteggiamento riassunto anche dalla Legge di Jante, di cui avevamo parlato qui). Oltre a considerare tutti gli aspetti dei lati più conosciuti, come il petrolio dei norvegesi, Booth non ha problemi a parlare anche di argomenti più scomodi come il programma di sterilizzazione forzata svedese, che andò avanti per decenni si concluse solo negli anni ‘70. Altre sezioni sull’individualismo estremo quasi imposto dal governo della Svezia, risuoneranno familiari alle persone che hanno visto il documentario dell’italosvedese Erik Gandini The Swedish Theory of Love, uscito un anno dopo The Almost Nearly Perfect People.

Il trailer di The Swedish Theory of Love di Erik Gandini

Il capitolo dedicato alla Finlandia è forse il più debole, anche se forse il mio giudizio è influenzato dal fatto che è il Paese che conosco meglio, ma restano comunque molti spunti interessanti e analisi valide.

Ci sono capitoli dedicati all’alcol e alla storia delle relazioni con la Russia e la Svezia ma, specialmente se paragonato agli altri capitoli, quello finlandese rimane piuttosto stereotipato: l’autore prova una sauna pubblica a Kallio (Löyly non era ancora stata costruita), visita Babbo Natale e assiste al campionato di trasporto della moglie. In più l’autore è molto influenzato dalle opinioni di Roman Schatz, il tedesco che coi suoi libri sui finlandesi è stato a lungo lo “straniero di riferimento” (se fosse rifatto oggi probabilmente il ruolo sarebbe spettato a Joel Willans di Very Finnish Problems).

Come la gente che descrive, anche il libro è tutt’altro che perfetto, ad esempio l’ironia è a volte mal direzionata, e Booth spesso devia verso una molto britannica supponenza (ammessa dall’autore stesso). E certi aspetti, freschi o ancora in divenire al momento della pubblicazione, sono comprensibilmente datati ma da un lato interessanti da rivisitare, come gli ultimi momenti della Nokia appena prima di essere rilevata da Microsoft.
Nonostante tutti i difetti, The Almost Nearly Perfect People resta ancora una lettura importante per capire un po’ meglio questi Paesi, e soprattutto ricordarsi di quanto, sotto l’apparenza, siano profondamente diversi l’uno dall’altro.


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