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Aino Kallas: una musa tra due mondi

2 agosto, ricorre l’anniversario della nascita di Aino Kallas, una delle più apprezzate e celebrate scrittrici finlandesi, nota in Italia già nella prima metà del secolo scorso per merito delle traduzioni di Paola Faggioli, allieva di Paolo Emilio Pavolini.

Aino Julia Maria Krohn era nata nel 1878 nella sontuosa tenuta di Kiiskilä nella baia di Vyborg, una proprietà che il bisnonno Friedrich Dannenberg, famiglia di mercanti tedeschi insediati a San Pietroburgo, aveva acquistato nel 1818.

Come i Dannenberg, anche i Krohn erano facoltosi immigrati tedeschi, casato originario di Rügen (Poseritz, piccolo comune nella parte meridionale dell’isola). Abraham Krohn abbandonò la Germania per fondare un birrificio nei pressi del monastero di Aleksandr Nevskij e il figlio Leopold Wilhelm, “Großpapaˮ, nonno di Aino, sposò Juliana Dannenberg, figlia di Friederich. Il padre di Aino, Julius Krohn (Vyborg 1835 –1888), professore di lingua e letteratura finlandese, poeta, giornalista e traduttore delle opere di Johan Ludvig Runeberg, è considerato tra i padri della folcloristica balto-finnica e uno dei più apprezzati studiosi di lirica popolare. Lo pseudonimo di Suonio (1), comparso per la prima volta nella raccolta di poesie Fragole e Mirtilli (Mansikoita ja mustikoita 1856, 1861) venne adottato dalla gran parte dei discendenti della famiglia Krohn nella forma “Kurki (2)-Suonio”: uno dei frequenti casi di adattamento alla lingua finlandese di cognomi stranieri, fenomeno ispirato dal clima culturale dei fennomani dei quali Julius Krohn era un autorevole, radicale esponente. Dal primo matrimonio con Emma Sofia Nyberg (Helsinki 1838 –1875) nacquero Kaarle Krohn (Helsinki 1873 – Sammatti 1933), linguista ed esegeta del Kalevala (3), Ilmari Krohn (Helsinki 1867 –1960), musicologo e prolifico compositore di musica sacra ed Helmi Krohn (Helsinki 1981 –1967), giornalista, traduttrice, critica letteraria e scrittrice fortemente influenzata dalla teosofia che, nel 1891, sposò il linguista e studioso di lirica popolare Emil Nestor Setälä (4).

La madre di Aino, Maria Lindroos detta Minna (Helsinki 1841 –1917) sposò Julius Krohn che, nel 1874, era rimasto vedovo della prima moglie: direttrice di una scuola femminile, Minna frequentava i Krohn ed era stata madrina di Helmi. Dal matrimonio nacque anche Aune (Helsinki 1881 – Hattula 1967), scrittrice e traduttrice di testi religiosi la cui rigida devozione, successivamente, la portò a un atteggiamento critico nei confronti dell’opera letteraria della sorella. Aino crebbe nel vivace irredentismo di un ambiente familiare tra i più culturalmente attivi dell’epoca: tra le figure che influenzarono maggiormente la sua vocazione è da menzionare anche lo studioso di letteratura e pedagogista Bernhard Fredrik Godenhjelm (San Pietroburgo 1840 – Helsinki 1912) che sposò la zia materna di Aino: nel 1879 Ida Lindroos (Helsinki 1837 –1913) fondò col marito la prima scuola femminile finlandese, esperienza ispirata ai valori di autonomia culturale e linguistica della Finlandia. Le sorelle Minna e Ida furono animatrici della rivista per ragazzi Pääskynen (La Rondinella), poi diretta da Helmi Krohn. Aino trascorse la sua infanzia a Helsinki, nel prestigioso quartiere di Ullanlinna, frequentando la prima scuola femminile di lingua finlandese nella capitale (Helsingin Suomalainen Tyttökoulu (5)).

L’estate del 1888 Julius Krohn morì annegato durante una regata nella baia di Vyborg mentre il primogenito Kaarle, che più degli altri figli aveva seguito le orme del padre, si trovava in viaggio di nozze con la moglie Helena (nata Cleve). Aino crebbe nel mito del padre e del carattere dei Krohn, quel misto di talento espressivo e virtù intellettuale che, all’epoca, aveva addirittura un proprio, scherzoso termine: “krohnilaisuus”. Nel 1897 la casa editrice Wernere Söderström pubblicò sotto il nome di Aino Suonio la sua opera prima, la raccolta di poesie Canti e ballate (Lauluja ja ballaadeja) contenente ventinove poemi divisa in tre parti che riscosse un immediato successo, più di pubblico che di critica(6). Nel 1899, dopo il corteggiamento di due insigni personalità della cultura finlandese, il fotografo, scrittore, traduttore e giornalista I. K. Ihna (Into Konrad Nyström, Virrat 1856 – Helsinki 1930) e il giornalista ed esponente dell’indipendentismo Herman Stemberg (Kuopio 1873 – Helsinki 1928) allorché iniziò il primo periodo della russificazione e l’acuto intervento della censura russa sulla stampa. In quella stagione Kaarle, che trascorreva le vacanze in una villa di proprietà dei suoceri sull’isola di Kuorsalo presso Hamina, invitò la sorella Aino, che aveva appena completato la sua seconda raccolta di novelle, Debbio e primavera (Kuloa ja kevättä), presentandole un suo allievo estone, Oskar Philipp Kallas (Kaarma-Kirikuküla 1868 – Stoccolma 1946), studioso di lirica popolare estone.

Foto da archivio Otava

Aino e Oskar si sposarono nella chiesa tedesca di Helsinki il 6 agosto 1900 e si installarono a San Pietroburgo, città d’elezione dei Krohn con una forte presenza finlandese che, pur tuttavia, Aino sentiva estranea alla sua sensibilità (7). A maggio del 1901, quando Oskar era diventato il primo estone laureato in Finlandia, nacque la loro prima figlia, Virve, cui seguirono Laine, Sulev, Lembit (morto in tenera età) e Hillar. Nel 1902 uscì sotto il nome di Aino Julia Maria Kallas il suo primo romanzo, Kirsti: descrizione di uno spirito (Kirsti: sielunkuvaus): opera ricca di elementi autobiografici (8), fu pubblicata da Otava dopo che Werner Söderström restituì alla scrittrice il manoscritto. Nell’autunno del 1903 Aino e Oskar si trasferirono con le figlie Virve e Laine a Tartu, città universitaria apprezzata dalle élite culturali finlandesi (9) che però, sulle prime non incontrò il favore di Aino sebbene, rispetto a San Pietroburgo dove la scarsa conoscenza del russo aveva contribuito all’isolamento della scrittrice, nel paese baltico poté affinare la conoscenza dell’estone, lingua utilizzata con il marito esercitando inoltre il tedesco, seconda lingua della città che parlava fluentemente.  

In attesa del terzo figlio, Sulev, Aino cominciò a interessarsi alla letteratura estone (in particolare la produzione della poetessa Anna Haava, Pala 1864 Tartu 1957). Trascorrendo le vacanze sull’isola di Saaremaa, nei luoghi natali del marito, Aino maturò l’interesse per la storia estone, concentrandosi in particolare sul riverbero del lungo periodo di schiavitù del popolo estone nella tradizione orale e nella ricca aneddotica, elementi descritti nelle otto novelle di Oltre il mare (Meren takaa, la prima serie pubblicata nel 1904 e la seconda l’anno successivo (10)), primo esempio di realismo applicato alla forma della ballata. Nel 1905 i marosi della Rivoluzione russa travolsero anche l’Estonia: Aino Kallas sviluppò il tema storico della rivolta popolare in due novelle, La morte del vecchio Org (Vanhan Orgin kuolema) e Bernhard Riives (11) ma tramontò il progetto di pubblicare una raccolta di “poemi rosse”. Nel 1907 uscì il secondo romanzo della scrittrice, Ants Raudjalg: Racconto estone (Ants Raudjalg: Virolainen kertomus), opera che, in Finlandia, consacrò Kallas come interprete delle tragedie della storia estone (12).

Kallas si inserì appieno nel processo di costruzione della coscienza nazionale partecipando attivamente alle iniziative del movimento culturale Noor-Eesti (Giovane Estonia) immergendosi così nella corrente della tradizione europea e della Weltliteratur ai cui principi di umanesimo il movimento era orientato. Nel 1908 Aino si ammalò di tubercolosi e, dopo un periodo di terapia nel sanatorio finlandese di Nummela e un viaggio in Europa fino alle rive del Lago di Garda, pur non definendosi pienamente cristiana si dedicò allo studio del Vecchio Testamento e, prima ancora di tornare in Estonia dalla Germania, iniziò la stesura di Betsabea: Dramma poetico in cinque atti (Bathseba: Runonäytelmä 5:ssä. näytöksessä), lavoro terminato nel 1910 ma mai pubblicato, vicenda biblica che aveva già affrontato in una novella di Oltre il mare (13) collocandola a Saaremaa nella metà ‘800. L’anno successivo Aino Kallas lavorò alla terza parte di Oltre il mare con un saggio sulla poesia estone (Katsaus virolaiseen laulurunouteen) e traduzioni in finlandese di poesie di Juhan Liiv, Gustav Suits e Willem Grühnthal-Ridala.

In viaggio a Parigi, la Kallas apprese del tragico naufragio dell’RMS Titanic e, tra Helsinki e Tartu, lavorò alla stesura di Sette. Le novelle del Titanic (Seitsemän. Titanic-novelleja), pubblicato nel 1914 (14), opera fortemente criticata dall’amica Anna-Maria Tallgren che, l’anno precedente, aveva elogiato le novelle della raccolta La città delle navi in partenza (Lähtevien laivojen kaupunki) e il raffinato simbolismo con cui la scrittrice descriveva il mare come confine di due terre, aprendosi a temi quali le sette religiose e l’isteria femminile (15).

Nel 1915, con l’aiuto dello “zio Fredrik” (Godenhjelm) Aino Kallas termina la stesura di Meteora (Tähdenlento), la biografia della poetessa estone Lydia Koidula (Vändra 1843 – Kronštadt 1886) che, con la sua lirica naturalistica e lo spirito patriottico, aveva dato corpo all’idea di un’identità comune tra finlandesi ed estoni (16). Nella primavera del 1917 morì la madre Minna. Aino visse tra Tartu e Helsinki coltivando una relazione illegittima con Eino Leino mentre l’Estonia viveva una prima esperienza d’indipendenza con la nomina del sindaco di Tallinn Jaan Poska a governatore del paese.

Nel 1920 termina il romanzo Katinka Rabe, Storia di una bambina (Katinka Rabe, Kertomus lapsesta), descrizione introspettiva e autobiografica della crescita di una giovinetta orfana del padre. Nel 1921 torna a pubblicare una raccolta di racconti d’ambientazione estone, Sangue straniero: Novelle d’amore (Vieras veri: Rakkausnovelleja) i cui temi toccano dimensioni religiose e apocalittiche (17). All’inizio del 1922 Oskar Kallas viene inviato in Gran Bretagna come Estonian Minister of London (18)e la famiglia con i quattro figli si trasferisce nel quartiere di Kensington. L’anno successivo uscì il romanzo breve Barbara von Tisenhusen: una storia livone (Barbara von Tisenhusen: liivinmaalainen tarina), ricostruzione storica della vicenda avvenuta verso la metà del XVI secolo: una donna della nobiltà baltica si innamora di un uomo di basso censo e viene condannata a morte, pena inflitta dal fratello di lei per annegamento nelle acque del lago Võrtsjärv. Accolto con favore dalla critica, nel racconto la scrittrice affina il lessico arcaico della prosa con uno stile a metà tra la cronaca medievale e il testo sacro. Alla fine dell’anno lo letterario scrittore e critico Alex Matson (Koivisto 1888 – Tampere 1972), che si trovava anc’egli a Londra, iniziò la traduzione in inglese di Oltre il mare, La città delle navi in partenza e Sangue straniero (19): la fama della scrittrice, menzionata dai giornali come lady from Esthonia, si diffuse per tutto il regno.

Trascorrendo le vacanze sull’isola di Kassari presso Hiiumaa, la Kallas approfondì la conoscenza di una figura centrale nella storia dell’isola, il barone Otto Reinhold Ludwig von Ungern-Sternberg (Kuuste 1744 – Tobolsk 1811), uomo d’affari che possedeva diverse proprietà a Hiiumaa e che, dopo avere ucciso il capitano di un bricco svedese, venne esiliato in Siberia. Il romanzo Hiiu Ungur, ispirato alla vita del “barone pirata”, rimase incompiuto come Bathseba ma la chiesa fondata dal Ungern-Sternberg nel villaggio di Reigi in memoria del figlio morto in guerra ispirò l’opera seguente, il Pastore di Reigi (Reigin pappi): drammatico triangolo amoroso tra il vicario Paavali Lempelius inviato dalla Finlandia nel piccolo villaggio estone, la giovane moglie Catharina Wychen e il diacono Jonas Kempe.

Alla fine del 1925 Aino Kallas giunse a New York con l’obiettivo di far conoscere la propria opera negli Stati Untiti facendo pubblicare The White Ship e Barnara von Tisenhusen (20). Colpita dalla notizia della morte di Eino Leino, la Kallas si interessò alla questione afroamericana nella quale vedeva un parallelismo con la subalternità degli estoni ai latifondisti tedeschi, perdurata anche dopo l’abolizione della servitù della gleba.

Nel 1928 Otava pubblica La moglie del lupo. Una storia di Hiiumaa (Sudenmorsian. Hiidenmaalainen tarina): ambientato sull’isola nel XVII secolo, il romanzo narra di Aalo, moglie del guardaboschi Priik che, sotto l’influsso dello spirito silvestre o Diabolus Sylvarum la notte di San Giovanni si muta in lupo e inizia una doppia vita finché non viene bruciata viva nella sauna dalla folla mentre sta per dare al mondo un figlio. Caratterizzata dalla forma di ballata in romanzo breve, dalla ricostruzione della storia estone e dal tema dell’amore proibito, l’opera viene collocata dalla scrittrice nella trilogia di Eros il distruttore (Surmaava Eeros) il cui quarto e mai completato capitolo sarebbe stato Hiiu Ungur. Dopo un viaggio in Marocco i cui appunti di viaggio (21) vennero pubblicati da Otava nel 1931, nell’autunno del 1930 Aino Kallas termina La vendetta del fiume sacro, raccolta di due ballate tra cui Imant e suo figlio, novelle immediatamente riconducibili alla trilogia di Eros il distruttore per la forma della ballata prosastica, l’ambientazione storica, i riferimenti biblici e l’afflato spirituale della narrazione cui si aggiunge un’intrinseca modernità nella descrizione delle forze della natura (22).

Nel 1932 riprese la novella Bathseba a Saaremaa (Bathseba Saarenmaalla) sviluppando nell’omonima versione drammaturgica il tema tragico dell’amore materno già affrontato in Imant e suo figlio. Nel 1934 la famigli abbandona Londra e si trasferisce a Tallinn. In quel periodo della vita della Kallas il teatro era centrale: traduce in finlandese Dybbuk (23), dramma in quattro atti del drammaturgo russo Semën Anskij e lavora alla versione drammaturgica della novella Imant, Mare e suo figlio (Mare ja hänen poikansa) preparando contemporaneamente la versione in estone (Mare ja ta poeg). Al Teatro Nazionale di Helsinki (ottobre 1935) c’è la prima della vicenda della mater dolorosa che, a differenza della vergine Maria, sceglie di non sacrificare il proprio figlio, la cui nascita era annunciata da una stella cometa (24), per salvare il popolo.

Nel suo diario, a giugno del 1929, Aino Kallas aveva chiesto che le sue ceneri venissero consegnate al vento nel mezzo del Golfo di Finlandia. “Io appartengo al mondo”.


Proponiamo ai lettori della Rondine l’incipit della ballata La vendetta del fiume sacro, parte di un dittico contenente la novella Imant e sua madre (1930- vedi sulla Rondine), raccolta pubblicata in edizione italiana dalla casa editrice Vocifuoriscena nel 2020, un racconto nel quale l’autrice, attraverso la piena maturità della sua prosa arcaica e scultorea, mette in scena uno dei temi a lei più cari, la natura come riflesso panteistico della polarità tra uomo e donna, nella forma allegorica della lotta tra l’”uomo risoluto d’Occidente” e lo spirito inviolabile del fiume estone Võhandu.

“Come un tempo il popolo del Nilo
Al nero coccodrillo s’inchinava,
Onorava il sacro fior dell’aglio,
D’Anubi al cane offriva sacrifici,
Pur gl’Esthoni di schiatta rusticana
Vagavano nel culto gentilesco!”

Joachimus Rachelius Dithmarsus

Anno domini 1640: accadde che mastro Adam Dörffer, costruttore di mulini dalla città di Arnstadt in terra di Germania, ricevette da Herr Hans Ohm l’urgente invito a raggiungere la Livonia per costruire un mulino ad acqua sul fiume Võhandu presso il maniero di Sõmerpalu. Ebbero dunque inizio tutti i prodigiosi, inauditi accadimenti che, con crescente irruenza, turbarono le genti per quasi due estati culminando con l’orrore della distruzione, il sacrificio delle vite umane, una severa punizione e un pianto inconsolabile.

La causa di tutto fu un’impresa tanto cimentosa quanto impudente che mostrò inconfutabilmente quanto Herr Hans Ohm, nuovo signore di Sõmerpalu, fosse un estraneo in quelle terre, poco uso a porgere l’orecchio per ascoltare gli avvertimenti che da più parti gli erano stati rivolti.

Promosso da mercante della Grande Gildaa signore del maniero, Herr Hans Ohm aveva messo gli occhi sul fiume Võhandu che scorreva tra le terre di Sõmerpalu attraversando il feudo: gli pareva invero uno spreco che un fiume impetuoso e ricco d’acqua fluisse infruttuosamente quand’anzi avrebbe saputo macinare il grano e segare il legname che le navi di Herr Hans Ohm portavano da Tallinn a Lubecca fino a Brema.

Il fiume Võhandu, che i lettoni chiamavano Shwäti Ubbe e il volgo indigeno Püha Jõgi, era ritenuto sacro fin dai tempi pagani come pure la sua sorgente a Otepää, nel villaggio di Ilmjärv, a un tiro d’archibugio dalla casa di Mihkel Letusk: sorgeva attorno ad essa un bosco sacro dalle maestose fronde.

Dai tempi antichi si pensava che l’acqua del Võhandu possedesse una forza prodigiosa: le genti arrivavano da lungi per berla e lavarsi nella corrente sacra come il popolo giudeo nella piscina di Betesda. Quell’acqua sacra veniva chiusa così com’era in borracce di stagno sigillate e portata in terre lontane, in Curlandia e in Polonia, una volta addirittura fino a Stoccolma per una nobildonna di corte che era stata colpita da atroci bubboni al petto. Guariva i morbi di Dio e anche le malattie dell’acqua e della terra come la scabbia, il mal del suolo e la lebbra ma anche l’erisipela e la paralisi.

Tuttavia la forza taumaturgica non era la meraviglia più grande di quell’acqua e del Võhandu. Il maggiore dei prodigi, dalla notte dei tempi, era che il Fiume Sacro possedeva l’impulso di un’incontenibile libertà, come un intimo fervore che poco tollerava il tocco di una mano estranea non meno di quanto un cavallo delle steppe sopporti la cavezza. Aborriva ogni quale umano tentativo d’imbrigliarlo: da sempre scorreva libero e, in passato, mai alcuno s’era ingegnato a costruire dighe per mulini lungo le sue acque prima che il fiume non le avesse distrutte dalle fondamenta.

Ed era anche riguardoso della propria purezza, come una vergine che ha cara la propria integrità: stacciava tutto ciò ch’era turbamento delle sue acque, fosse un ramoscello d’albero caduto nella corrente o una gialla foglia d’autunno fluttuante sulla superficie.

Tanto grande era l’amore per la libertà e il desiderio di purezza che, quando sentiva le acque guastate o la libertà minacciata, montava la sua rabbia, lo spirito si gonfiava di vendetta e non v’era diga che potesse contenere la sua ira. Aveva potere sul cielo e sui venti, mandava sulle terre il gelo, la bruma e violente tempeste ma anche lunghi anni di stenti e carestie per pura ritorsione.

Consci di questo, i popoli lungo il fiume, una volta ogni estate, s’impegnavano con tutte le forze per mondare il fiume fino alla fonte e accertarsi che nessuna secreta insidia lo intorbidisse com’anche ogni qualvolta capitasse che alcuni, per isbaglio o volontà, contaminassero le acque del Fiume Sacro.

Dalle parti di Otepää, prima di Pentecoste, un uomo del villaggio di Käo, tale Märitse Hinn, aveva tre coppie di buoi che precipitarono in acqua: il venerdì dopo arrivò il gelo e fitte nevicate. Quando, di sabato, estrassero dal fiume i buoi annegati, durante il pranzo del dì santo, come per incanto il cielo si rasserenò e, in poco tempo, la neve si sciolse.  

E ancora la suocera di Mihkel Letusk, nelle cui terre v’era la sorgente del Fiume Sacro, portando il gregge al pascolo aveva strappato un ramo di frassino per misurare quant’era profonda la sorgente pronunciando queste parole:

«Sei tu, polla, il nascondiglio del diavolo oppure l’occhio del Creatore?»

Non troppo tempo dopo fu presa da un grande dolore, il corpo si gonfiò all’inverosimile come il malto della birra nel vapore della sauna: lamentava gemente che le interiora le si strappavano come la cardatura della lana. Non v’era modo di salvarla: Mihkel Letusk dovette abbandonare l’aratura di primavera e recarsi a mondare la sorgente per propiziare il Fiume Sacro.

Se però qualche forestiero, ignaro di questi fatti, avesse visto il Võhandu per la prima volta, lo avrebbe ammirato e lodato come il più felice e generoso dei fiumi: bello all’occhio, mai tracimante invano all’argine come altri corsi, manteneva prati e poderi dei villaggi nell’adeguato umidore affinché, con l’aiuto di Dio, il grano crescesse ubertoso e le sue acque erano sempre piene di ogni sapida bontà, salmoni e crostacei in abbondanza. Ricco nel regime, esuberante nel corso, scorreva lesto agitandosi talvolta negli anfratti delle sue profondità: l’unico capace di rallentarne il flusso era il gelo implacabile.

Il fiume Võhandu, che il volgo epicorio definiva sacro, possedeva uno spirito vitale insufflato dal Signore proprio come Egli aveva insufflato lo spirito vitale nelle narici dell’uomo. E lo spirito di questo fiume era longanime eppur temibile per l’ira, capace di avvertire collera e irritazione nelle vene, fervido nell’amore per la libertà eppur bramoso del sangue del nemico fino all’ultima goccia, tanto era devoto alla propria purezza.

Tal era il fiume Võhandu le cui acque Hans Ohm, signore di Sõmerpalu, intendeva imbrigliare perché macinassero il grano e segassero il legname.

Ma il suo primo tentativo era destinato al più penoso fallimento. Noncurante degli avvertimenti, Herr Hans Ohm aveva dato inizio alla costruzione del mulino ai piedi del villaggio di Osula ma, fin dal principio, incombeva la mala sorte e ostacoli imprevedibili, come se il volgo epicorio fosse stato nel giusto quando affermava che il Fiume Sacro si vendica di chi lo insozza. Non avevano finito d’impiantare i primi pali sul fondo che il fiume si gonfiò: ciò che avevano appena eretto crollò sotto la spinta della piena e dovettero ricominciare dal principio. Molti tra i manovali presero dall’acqua una strana tigna alla pelle che non se ne andava nemmeno spazzolandola nella sauna o con un sortilegio; uno di loro cadde nel fiume, un altro e un terzo finirono schiacciati sotto un carico di pietre e persero la vita. E al colmo di tutto lo stesso capomastro del mulino, per una fatalità, fu colpito alla nuca da una trave che gli s’incrinò una vertebra.

Malgrado la manifesta avversità del fato, Herr Hans Ohm non s’intimorì affatto e, come abbiamo detto, nominò nuovo capomastro del mulino Adam Dörffer da Arnstadt.

È scritto inoltre che mastro Adam Dörffer avrebbe suo malgrado compreso cos’è la vendetta del Fiume Sacro, saggiandola a caro prezzo nelle sue carni e fino in fondo alle ossa.

NOTE

(1) Il nome deriva dall’isola di Suonionsaari situata nella baia di Vyborg, poco distante dalla tenuta di Kiiskilä.

(2) Kurki in finlandese e Krohn in dialetto prussiano indicano la gru cenerina o euroasiatica (Gus gus), animale presente nello stemma dei Krohn.

(3) Con il suo trattato Kalevalan runojen historia (Helsinki 1903) Kaarle Krohn fu il primo a “smontare” il castello narrativo della compilazione di Lönnrot e a indagare sistematicamente l’origine di ogni singolo ciclo.

(4) Setälä e il cognato Kaarle furono tra gli animatori della rivista di studi linguistici Virittäjä fin dalla fondazione nel 1897.

(5) La prima scuola femminile in Finlandia, fondata a Vyborg nel 1788, era di lingua tedesca (Viipurin Saksalainen Tyttökoulu).

(6) Sul quotidiano Päivälehti Kasimir Leino, fratello di Eino Leino, scrisse che “c’è in quelle poesie un che di mezzo infantile, una coquetterie da donne che dona ad esse un buon profumo”.

(7) Nella novella Fiume nero (Musta joki), pubblicata sulla rivista Valvoja nel 1903, Kallas descrive il contrasto tra la prigionia del paesaggio industriale e il libero afflato della natura inaugurando il tema socio-ecologico che ha attraversato tutta la sua opera.

(8) Prima della pubblicazione il fratello Kaarle aveva preteso l’eliminazione di alcuni espliciti riferimenti alla famiglia.

(9) In visita a Tartu nel 1921 Eino Leino, sollecitato dalla Kallas, progettò di scrivere la mai realizzata terza parte della sua opera maggiore, i Canti di Pentecoste (Helkavirsiä) ambientando i poemi in Estonia e pensò addirittura di richiedere la naturalizzazione estone.

(10) Le due redazioni furono tradotte in estone da Gustav Suits.

(11)  La vicenda era ispirata alla vita di Bernhard Laipman (Araste 1865 – Vigala 1906), contadino fatto giustiziare dal generale Vladimir Besobrasov dopo una rivolta contro i proprietari terrieri.

(12) In Estonia l’opera venne accolta con freddezza, in particolare da Gustav Suits, forse perché la critica era impreparata di fronte a una scrittrice donna e straniera che narrava le vicende di figure storiche estoni.

(13) Quattro anni prima della raccolta, Volter Kilpi aveva affrontato il tema in forma di “prosa lirica” nella sua Bathseba.  

(14) Prima della Kallas la tragedia aveva ispirato altri scrittori finlandesi, V. A. Koskenniemi con la poesia Mister Hartley e Eino Leino con il poema allegorico Titanic.

(15) Ne La nave bianca di Lasnamäe, ispirato alle vicende del profeta Maltsvet (il maestro spirituale estone Juhan Leinberg) narrate nell’omonimo romanzo di Eduard Vilde, una profetessa attende con i contadini del paese una nave che li porti nella “nuova terra di Canaan”. Nel periodo sovietico l’immagine dell’attesa di una “nave bianca” (valge laev) divenne un’allegoria dell’imminente aiuto occidentale contro la dittatura che opprimeva il popolo estone.  

(16) Il concetto è sviluppato nei quattro componimenti metaforici di Ponte della Finlandia (Soome sild 1881). L’immagine di un ponte che unisce due terre è presente nel canto VI e X del Kalevipoeg di Kreutzwald.

(17)  Nel racconto conclusivo, Gertruta Carponai, si narra di una fanciulla di origini ungheresi che, presso Saaremaa nel 1700, rimane sola a seguito di una pandemia di peste e, con il giovane Kadariku-Laes, ricrea sull’isola un proprio Eden.

(18) L’Estonia non aveva ambasciatori né missioni diplomatiche vere e proprie.  

(19)  L’intera raccolta uscì nel 1924 con il titolo di The White Ship. Esthonian Tales per i tipi della neonata Jonathan Cape di Londra.

(20) Jonathan Cape ne pubblicò la versione inglese nel 1927 assieme al pastore di Reigi nella raccolta Eros the Slayer.

(21)  Marokon lumoissa: pieniä kirjeitä Marokosta, “Tra gl’incanti del Marocco: piccole lettere dal Marocco”

(22) Nel saggio La storia, il desiderio e la serpe della scienza nell’opera di Aino Kallas (Historia, halu ja tiedon käärme Aino Kallaksen tuotannossa, Helsinki 2006) il critico letterario Kukku Melkas ha ricondotto La vendetta del fiume sacro al pensiero dell’ecofemminismo.

(23) Spirito maligno della tradizione ebraica in grado di possedere gli uomini e liberarsi quando ha ottenuto il proprio scopo.

(24) La stessa immagine è descritta da Eino Leino nel poema Ihalempi, primo tomo dei Canti di Pentecoste.

(Foto del titolo da Rahvusarhiiv. Per le foto siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)

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