Intervista a Johanna Sinisalo

"Per scrivere uso la pialla della fantasia, la sega della fantascienza, il trapano dell'orrore"

È una della più importanti autrici di fantasy e fantascienza della Finlandia. Ha pubblicato diversi romanzi, e decine di racconti in riviste e in varie antologie, vincendo varie volte il prestigioso premio Atorox, che in Finlandia è assegnato annualmente al migliore racconto di fantascienza. L’abbiamo intervistata sulla genesi delle sue opere, sulla loro storia editoriale, sulla condizione delle donne e sul senso che ha, oggi, scrivere fantasy.

Quest’anno ricorre il ventesimo anniversario del tuo libro Prima del tramonto non si può. Qual è la cosa per te più importante che ti viene alla mente in relazione a quest’opera?

Forse lo stupore e la gioia che provai nel constatare come il libro avesse trovato i suoi lettori e avesse suscitato una vasta attenzione in Finlandia, oltre a molte discussioni, anche prima di ricevere premi e vendere i diritti di traduzione all’estero. Non avrei mai creduto che il mio libro d’esordio potesse andare così bene.

Sei un’autrice di successo, pluripremiata. Hai mai vissuto – anche se nelle prime fasi della tua carriera – l’esperienza di vedere un tuo manoscritto rifiutato?

Certamente. Prima del tramonto non si può fu rifiutato da un’importante casa editrice. Nelle motivazioni, il lettore dell’editore dichiarò: “Non capisco perché questo testo sia stato scritto”. L’editore successivo a cui offrii il manoscritto, lo accettò subito, anche se avevo apportato ben pochi cambiamenti. La questione sembrò quindi in gran parte una scelta molto soggettiva: un lettore l’aveva capito, l’altro no. Certo, anche allora, in fase di pubblicazione, il romanzo fu migliorato talmente tanto che, d’altra parte, capisco perfettamente quel primo rifiuto. A livello letterario, l’opera forse non era pronta per la pubblicazione all’epoca, e soltanto il secondo editore capì che aveva il potenziale per essere pubblicato.

Com’è stato il processo di scrittura e di produzione dei tuoi libri, qual è stato il tuo rapporto con i redattori e le case editrici?

Ho avuto il piacere di lavorare con lo stesso editore sul processo di produzione dei miei primi nove libri (sei romanzi per adulti, due raccolte di racconti, e un romanzo per bambini). Ho anche cambiato la casa editrice seguendo la redattrice e i suoi colleghi quando ne fondarono una nuova, di qualità. Il processo di lavoro con lei è stato simile in tutte queste opere: la redattrice analizzava la prima versione del manoscritto, metteva in discussione le soluzioni, mi guidava alla ricerca di struttura, temi, trama e personaggi più precisi, e motivi più profondi sul perché avessi voluto scrivere proprio un libro del genere. Solo quando queste basi erano state chiarite, il manoscritto cominciava a essere controllato a livello di lingua, fatti e ortografia. Questa mia redattrice, purtroppo, è morta per una grave malattia quasi subito dopo il completamento del mio libro del 2013, Auringon ydin (“Nucleo solare”, che presentiamo a breve sulla Rondine nella sezione di inediti in italiano “Insoliti ignoti”).

Da allora, i due romanzi che ho scritto sono stati pubblicati da altri editori per motivi pratici – uno è stato commissionato, l’altro in quanto vincitore del concorso di romanzi indetto dalla stessa casa editore. Con questi lavori, ho notato quanto diversi possano essere i processi e i modi in cui gli editori lavorano. In particolare, ho puntato l’attenzione sul fatto che gli editori di queste opere consideravano già la prima versione troppo pronta e non hanno prestato attenzione alle linee generali, esattamente le cose che avrei voluto discutere e mettere in discussione, ma sono partiti con piccole correzioni strutturali o di dettagli. Per questo motivo, decisi di cercare per il mio libro successivo un editore che avesse un redattore che rispondeva alle mie aspettative.

Sognavo di collaborare con un’editor della casa editrice Otava, e con questo desiderio ho presentato a Otava la bozza del mio nuovo romanzo. La casa editrice ha approvato il manoscritto ed è dalla primavera scorsa che sto lavorando con questa nuova redattrice. È straordinariamente competente e precisa, mi motiva molto e so che il manoscritto sta migliorando di continuo sotto la sua guida.

In Auringon ydin, hai mostrato quanto siano importanti le cose di tutti i giorni, quotidiane, secondo le quali le persone possono essere categorizzate. Queste cose e fattori possono inconsciamente portare all’approvazione di qualche categoria (in questo caso, il genere) ed essere associati a fenomeni molto più ampi. Cosa ti spinse a scrivere di queste cose e credi che oggi ne scriveresti diversamente?

Auringon ydin originò in gran parte all’inizio della decade 2010 a seguito della constatazione che in molti paesi – compresi i prosperi paesi occidentali – i movimenti di ‘mascolismo’ cominciavano ad alzare la testa e a sostenere come “il femminismo fosse andato troppo oltre” e come “le donne dovessero essere rimesse al loro posto” (e dopo tutto, questo posto viene equiparato a cittadini di seconda classe). Allo stesso tempo, cominciai a notare che anche in Finlandia i bambini cominciavano ad essere sempre più segregati tra ragazzi e ragazze per quanto riguarda il colore dei vestiti, gli hobby e i giochi “adatti”, persino i temi delle feste di compleanno.

In libreria travai due libri, uno con la copertina blu offriva “Racconti d’avventura per ragazzi” e l’altro, con la copertina rosa, invece “Racconti di principesse per ragazze”. Queste presentazioni oltraggiose mi portarono a pensare che apparentemente esiste una sorta di utopia in cui le donne sono esattamente ciò che i movimenti maschili vogliono e in cui vengono cresciute fin dalla più tenera età, ma purtroppo questa utopia di alcuni uomini sarebbe una distopia per tutte le donne.

Auringon ydin è la formulazione romanzesca di questa riflessione. Se dovessi scrivere di questo oggi, sarei ancora più arrabbiata e ancora più caustica e baserei la storia forse più sulle decisioni politiche quotidiane, su ciò che i populisti fanno ad esempio in Polonia e in Ungheria per la posizione delle donne.

Spesso ci si dimentica che anche nelle società in cui la posizione delle donne non è così negativa o in pericolo come altrove, la lotta per i diritti (delle donne) deve continuare. Cosa pensi dell’attuale ondata di antifemminismo in Finlandia?

Alcuni tendono a pensare che prima tutto andava meglio – e questo “prima” è molto spesso un periodo in cui un gruppo di persone aveva privilegi e libertà che venivano dati per scontato. Per esempio, le molestie sessuali degli uomini sulle donne evidenziate dal movimento metoo è un buon esempio di come alcuni uomini pensano che il femminismo si sia “spinto troppo in là”, perché prima era possibile tradire le donne e compiere oscenità senza incorrere in alcuna responsabilità. Quando il privilegio viene abolito, gli ex detentori sentono che “non si può più dire e fare nulla”, anche se si tratta solo di certi atti e dichiarazioni che possono produrre resistenze visibili e rimproveri riprovevoli invece della solita sofferenza silenziosa. Inoltre, la maggior parte degli antifemministi non vede l’uguaglianza come un vantaggio per entrambi i sessi: in una società paritaria, ad esempio, la coscrizione si applicherebbe a tutti, così come in situazioni di divorzio non sarebbe più dato per scontato che una madre abbia dei più saldi diritti di custodia dei figli, ecc. L’antifemminismo riguarda soprattutto l’amarezza maschile per la perdita dei privilegi passati.

Sei interessata a molti argomenti. Come hai scelto il genere (o i generi letterari) con cui trattare i temi a te più vicini?

Già da giovane lettrice sono stata attratta dalla letteratura con elementi al di fuori della vita quotidiana. I milieu storici sono un modo per descrivere un’altra realtà, ma soprattutto le descrizioni del futuro e i vari elementi fantastici, uniti a una descrizione realistica, sono stati, a mio avviso, ottimi strumenti per affrontare il nostro tempo. Gli elementi fantasy aiutano a prendere le distanze, per esempio – il lettore è costretto a rendersi conto che se in un romanzo per adulti c’è un troll vivente o le api sono scomparse dal mondo, non può trattarsi di un evento autobiografico o della descrizione di qualcosa accaduta davvero, ma piuttosto è una messa in dubbio, una speculazione, la creazione di nuovi livelli di pensiero e interpretazione. Con gli elementi di fantasia, si possono portare nella storia dei sottotesti, delle allegorie e dei dialoghi con il presente, ma rimanendone a distanza. In generale, il genere o il tipo di genere in cui scrivo non è particolarmente importante per me – scrivo principalmente una storia, e la storia detta i termini, quali generi sono gli strumenti giusti per esplicarla. A volte il martello del realismo è già da sé un ottimo strumento, ma spesso mi piace prendere la pialla della fantasia, la sega della fantascienza, il trapano dell’orrore, e a volte addirittura il tornio del surrealismo, e li uso in combinazioni diverse in ogni storia, a volte più diligentemente, a volte meno spesso.

Molto tempo fa, Mika Waltari affermò che non si possono cambiare gli esseri umani, ma i rapporti tra di loro sì. Cosa ne pensi?

Dipende da ciò che viene definito “essere umano”. È difficile cambiare fisicamente un essere umano come rappresentante biologico della sua specie, ma se persona come “essere umano” si riferisce al comportamento naturale di un individuo (ad esempio, se l’essere umano è fondamentalmente buono o cattivo), allora penso che possa essere cambiato biologicamente con mezzi culturali. Waltari aveva ragione nel senso che l’essere umano è un animale da branco gerarchico, per il quale le relazioni sociali e i mondi dei valori sono assolutamente cruciali, e poiché l’uomo non è affatto una creatura che agisce soltanto secondo i suoi istinti, le opinioni, i giudizi e i valori del branco modellano l’essere umano in modo olistico. E questa modifica si estende al nostro cervello, e non si limita a formare il guscio esterno appreso del buon comportamento, della tolleranza e della gentilezza. Se l’individuo impara fin dall’infanzia che la generosità, la comunità, l’aiuto e la cura per gli altri hanno un senso e producono accettazione, il cervello aumenta la produzione di ormoni del piacere in relazione a questo comportamento. L’uomo impara ad essere buono perché la comunità lo incoraggia e il cervello continua a premiare i comportamenti positivi. Questa è pura biologia evolutiva: per un individuo, un branco è vitale per la sopravvivenza, ecco perché è vantaggioso per un individuo essere buono con il branco, e la nostra biologia lo ricompensa. Se invece l’uomo impara dalla sua comunità che l’ambizione, l’avidità, l’autocompiacimento, la sottomissione e lo sfruttamento degli altri sono gratificanti, le dinamiche del branco cambiano: il nostro cervello non premia l’altruismo, e la protezione dell’individio al di fuori del branco diventa un campo di battaglia.

Hai scritto storie alternative e fantasie storiche. Cosa ti affascina nell’immaginare la storia, cosa ti ha permesso?

Mi interessa la storia perché mostra le soluzioni che sono state adottate in passato e, allo stesso tempo, le loro conseguenze. Immaginare soluzioni diverse può rendere visibile cos’altro avrebbe potuto far seguito – nel bene e nel male. La storia è piena di incroci dove si sarebbe potuta prendere una direzione completamente diversa, e ogni benché minima decisione politica contiene questi percorsi presuntivi. La storia ci insegna a vedere come ogni decisione sia importante e la scelta di una particolare direzione può avere sempre conseguenze maggiori e cumulative.

Un aspetto importante dei tuoi testi, tuttavia, che è stato sottolineato relativamente poco, è la loro poeticità. Qual è il tuo rapporto con la poesia e ti viene in mente qualche poeta che è stato importante per te?

Sono sempre stata interessata alle possibilità del linguaggio e nella poesia lirica appaiono particolarmente nitide: con le parole si costruisce un’estetica, un senso di trasposizione e delle metafore nuove, ma la lingua poetica produce anche sorprese straordinarie e crea connessioni inaspettate tra le parole. Tra i poeti finlandesi, Lauri Viita ed Eeva-Liisa Manner sono stati per me particolarmente importanti, mentre tra gli autori internazionali Federico García Lorca e Fernando Pessoa.

Doppio flauto. Statuetta delle Cicladi (2400 a.C.)

Puoi dirci qualcosa sul tuo attuale progetto di scrittura?

Ho firmato un contratto editoriale per un romanzo, Ukkoshuilu (Il flauto del tuono) che uscirà, a giudicare dalla situazione attuale, in estate. Tema del romanzo è l’antico sogno dell’uomo di controllare il tempo atmosferico. Il libro è una sorta di dittico: la prima parte è ambientata nell’antica Assiria e la seconda parte nella Finlandia del 2018. I livelli temporali sono collegati da un oggetto mitico e magico, il flauto del tuono, che nei miti si dice abbia la capacità di sollevare la tempesta. Attraverso il protagonista meteorologo, oltre al tempo viene seguita anche il peggioramento della vita lavorativa e l’indebolimento della posizione dei disoccupati, nonché la deliberata erosione della posizione della scienza attraverso la disinformazione propagandistica e il sorgere di varie superstizioni.