L’Ateneum chiude per un anno

Il tempio dell'arte nazionale riapre agli inizi del 2023

Lavori di ristrutturazione degli interni, dei servizi, del sistema di ventilazione, terranno l’Ateneum chiuso al pubblico. In tanti siamo andati a una visita di congedo alla sua esposizione permanente, a rivedere la Suomen taiteen tarina, la Narrazione dell’Arte della Finlandia. Non solo finlandese. Perché come è noto nel corso della sua storia la Finlandia ha sempre voluto prendere qualcosa dagli altri Paesi, per crearsi una sua identità che è del tipo: “svedesi non siamo, russi non vogliamo essere, lasciateci allora essere finlandesi” (Adolf Ivar Arwidsson).

Una identità stratificata, nata da diverse altre identità. E l’identità artistica non fa eccezione. Che la cultura sia un’opera sempre in progress, frutto di stratificazioni e costanti ristrutturazioni, lo dice il motto latino inciso sul frontone neoclassico sopra l’ingresso: Concordia Res Parvae Crescunt (tratta dal Bellum Iugurthinum di Sallustio).

(Foto Kansallisgalleria / Hannu Pakarinen)

L’Ateneum, completato nel 1887 ad opera di Theodore Höije, era l’Accademia Finlandese di Belle Arti, dove la maggior parte delle ore di insegnamento e di pratica era riservata agli uomini e in minima parte alle donne.

Lo spazio dedicato alle esposizioni era molto ridotto in relazione alla pianta dell’edificio, ed era l’attuale sala principale a cui si aggiungevano due piccole sale adiacenti.

(Kuva: Kansallisgalleria / Jenni Nurminen)

La scalinata principale “innalza” il pubblico all’arte verso l’attuale sala dei classici, illuminata sia dall’alto che dalla luce che proviene dalla scalinata stessa.

H. Schjerfbeck, Il convalescente, 1888

In questa sala dei classici sono presenti tutti gli artisti, finlandesi e non, che hanno contribuito alla formazione della storia dell’arte finlandese. Artisti rappresentativi di diverse epoche con poca rappresentanza femminile, ad eccezione di Helene Schjerfbeck, facilmente riconoscibile dal suo Convalescente (1888). Un rametto in mano al bambino identifica la primavera, la rinascita, la guarigione,  ma anche rinascita e affermazione per la Schjerfbeck che, grazie a questo dipinto, ha messo piede nel mondo dell’arte.

Dipinto sulla costa di Cornwell, nel piccolo paesino di St. Ives, dove negli anni del 1880 era nata la Comunità internazionale di artisti, Il Convalescente è stato esposto la prima volta al Salone dell’Arte di Parigi nel 1889. Il dipinto è stato influenzato dall’Impressionismo e dal Simbolismo, le nuove tendenze parigine dell’epoca, e rappresenta un ritorno della Schjerfbeck ad un’arte più realistica e naturalistica

Ma è l’Angelo ferito di Hugo Simberg (1903) che è al centro della sala, pronto a ricevere la luce terrena e simbolica divina, quella dalla vetrata dall’alto e quella dalla scalinata. Il dipinto è uno tra i più conosciuti di Simberg, con lo sguardo del secondo ragazzino che penetra negli occhi dello spettatore, quasi a comunicare la preoccupazione della condizione della ragazzina-Angelo ferito mentre viene portata verso la Scuola per Ragazze Cieche e la Casa per gli Infermi. Ancora un simbolo di rinascita e speranza: un bucaneve in mano all’ inferma sullo sfondo del Lago di Töölö.

Hugo Simberg, Angelo caduto, 1903. Foto kansallisgalleria.fi

L’Angelo, ha ricevuto giudizi entusiastici da parte di Aksel Gallen-Kallela, al punto che Simberg quasi faticava a prenderlo seriamente. Quando a Simberg sono stati commissionati gli affreschi della Chiesa di Tampere (1905-1906), ha proposto una versione più grande dell’Angelo, il suo lavoro preferito.

Curiosità: Simberg non ha dato quel titolo al suo dipinto, che gli è stato dato in seguito, insieme all’idea che l’angelo sembri più una ragazzina vestita con un costume da angelo piuttosto che una rivelazione eterea. Speculazione confermata dalle diverse foto ritrovate sullo studio dell’Angelo.

Per avere un’infarinatura della storia dell’arte finlandese, conviene soffermarsi sui temi principali proposti da Ateneum nei suoi spazi.

Nella sala dedicata ai Paesaggi, le opere rappresentano il fulcro della finnicità: chi siamo e da dove veniamo. Dipinti e disegni con diverse tecniche da diverse mani che hanno visto la luce in diverse parti della Finlandia. Ovviamente, è presente molta Svezia data la storia in comune, ma al contempo poca (se non assente) Russia. Per i pochi che potevano permetterselo e per gli altri che vincevano borse di studio, la formazione artistica era all’estero, principalmente a Parigi. Dai viaggi gli artisti tornavano con nuove visioni, proposte e tecniche che sfortunatamente risultavano essere nuove e all’avanguardia in Finlandia, ma quasi in via di superamento nell’ Europa Continentale.

Andando a restringere la visione paesaggistica, la sezione dedicata alle Persone è un’ulteriore risposta alla domanda sulle radici: cosa facevamo? Ecco quindi una collezione di ritratti su commissione o semplici rappresentazioni di funzionari, cittadini di diverso rango immersi in attività quotidiane come la pulizia dei pavimenti.

H. Schjerfbeck, Soldato ferito, 1880

Anche qui la Schjerfbeck spicca per la quasi non conformità al tema della sala col suo Soldato ferito (1880), il dipinto di svolta prodotto a soli 17 anni e che le ha permesso l’ingresso a Suomen Taideyhdistys (Associazione artistica finlandese), che lo comprò già allora.

Anche il Kalevala (pubblicato 1835) di Elias Lönnrot è stato illustrato da diversi artisti. Tra cui, e in primo luogo, Akseli Gallen-Kallela (1865 – 1931), la cui La madre di Lemminkäinen (1897) è senz’altro l’esempio più celebre. Ma un’altra pittura dai tratti semplici, quasi schematica, salta all’occhio: è quella di Joseph Alanen (1885-1920), rappresentante finnico dell’Art Nouveau col suo Sialia e i corpi celesti (1919-1920) e La difesa del Sampo (1910-1912). A completare una piccola rappresentanza artistica del Kalevala troviamo altre pitture mistiche alternate a ricordi di arte africana, il tutto corollato da simbolismo.

J. Alanen, Malattia e Morte; foto kansallismuseo.fi

E da qui proprio parte l’introduzione alla sala successiva, il Simbolismo. Al tempo della sua affermazione (Francia, XIX secolo) gli artisti in cerca di affermazione passavano un periodo a Parigi e così fecero anche i finlandesi, spesso aiutati da borse di studio di scuole e accademie d’arte. Al ritorno in patria, la loro arte mostrava una concezione innovativa del mondo e della rappresentazione dei sentimenti e dell’animo nascosto e i loro significati.

Ancora una volta Joseph Alanen fa riflettere con il suo Malattia e Morte che, l’una accanto all’altra, sciano su un mare ghiacciato con tramonto sullo sfondo, a rappresentazione dell’arrivo liscio, silenzioso, che si insinua furtivamente nel corpo e che porta alla morte, al tramonto della vita.

Le ultime due sale si concentrano sulla Città e sull’Eredità della Seconda Guerra Mondiale.

(T. Jansson, Paesaggio mistico, 1930; foto kansallismuseo.fi)

La vita e il progresso avvengono nelle città, che iniziano a crescere e svilupparsi in diversi ambiti, soprattutto quello edilizio. E le città portano con sé speranza ma anche timori, sentimenti contrastanti che Tove Jansson (1914-2001) traduce nel suo Paesaggio mistico (1930), che include vero, speranza, paure e incertezze. E come meglio rappresentare queste angosce se non con l’astratto? Ecco quindi che l’ultima sala, L’eredità della guerra, spiana il territorio all’astrattismo finlandese con Guerra (1946-1948) di Helge Dahlman, considerata una Guernica finlandese.  

Le opere di Ateneum sono visionabili online:

https://www.kansallisgalleria.fi/en/object

(Foto del titolo: Hannu Pakarinen Kansallisgalleria.)