Il movimento nelle arti visive 1880–2020

Con un'intervista a Gabriella Serra

Danza! Il movimento nelle arti visive 1880–2020 è la mostra dell’estate a Helsinki, al Museo HAM. Curioso, viene da pensare, di fronte a una rappresentazione prevalentemente statica di un’arte che per antonomasia è movimento. Niente di cui sorprendersi: il concetto di danza è molto relativo ed essere in scena e alzare anche solo un braccio può essere considerato danza (così mi hanno insegnato alla scuola di balletto classico.)

La domanda a cui cerca di rispondere la mostra è proprio questa: come un corpo danzante possa essere immortalato in un’opera. Un corpo non solo virtuoso, un corpo polimorfo, ma anche un corpo stanco, malato, morente. Un corpo che negli anni si è fatto scena delle questioni sociali e si è usato per affermare ed esprimere opinioni.

Le opere in mostra, 140 tra dipinti, statue, video e installazioni, presentano alcune delle risposte che sono state date tra gli anni 1880 e 2020 da 50 artisti per lo più finlandesi.

Kotka (1962, 7:04 min) di Eino Ruutsalo (1921-2001) è la trasformazione della danzatrice Riitta Vainio in un’aquila. Una danza moderna che ricorda la tecnica Cunningham e Limon, entrambi già esploratori della trasformazione del danzatore in animale (Other Animals, Merce Cunningham).

Le musiche a percussione di Otto Donner sono un crescendo che accompagnano sia la fluidità che la durezza di linee e movimenti in questa videodanza dove un tutone nero attillato con cappuccio evidenzia solo l’ immedesimazione della danzatrice nell’aquila, che termina con la sua caduta. Con lo spettatore costantemente allertato da uno sguardo attento, cacciatore, curioso, senza tregua dell’aquila-danzatrice.

Una serie di sculture occupano una porzione interessante all’interno della mostra.

Bronzo e ferro, materiali duri, paradossalmente sembrano mostrare meglio la dinamicità e la tridimensionalità della danza. Si vede molto bene nella statuetta in arabesque, da sempre una posa tridimensionale, statica, ma al contempo in allungamento per mantenere la posizione. Statuette non solo di danza classica nel corso del tempo, ma anche di epoche che mostrano la leggerezza e le decorazioni dei gonnelloni a partire da fine Settecento, fino ad arrivare ad un astrattismo dove è il movimento e la sua tridimensionalità a primeggiare sulle forme codificate.

La serie in tre foto della ballerina alle prese con lo chignon (Elina Brotherus, Studio in tre parti di una danzatrice mentre si scioglie lo chignon, 2007) è un rilassarsi dopo uno spettacolo, una lezione, una prova. Non più quindi pose tenute, ma un corpo che si libera della fatica, che si libera dell’etichetta che vuole la ballerina sempre presente, attenta, in posa.

Degas

Una ballerina in rilassamento come già aveva mostrato Degas, dopo i suoi famosi quadri delle ballerine sul palco. Ballerine dietro le quinte, in momenti morti, in attimi di riposo: in pose non armoniche.

Tra le statuette una posa in arabesque: Isadora, 1983, di Laila Pullinen.

Isadora di Laila Pullinen

Una sezione è anche dedicata a Maggie Gripenberg, l’Isadora Duncan finlandese. Anche lei pioniera della danza libera, esplora i temi classici utilizzando musica classica con la libertà di questa nuova corrente che sta nascendo. Foto di pose in bianco e nero che rimandano con nostalgia ai primi impulsi verso la scoperta di forme e correnti nuove.

Nel 1984 Louise Bourgeois con Suuri kiihkeä liike (Gran moto appassionato) sembra indagare il rapporto tra maschio e femmina. Una grafica dove una donna proporzionalmente molto più grande tiene un uomo per la vita facendogli fare un cambré. Nel balletto classico, l’uomo sostiene la donna che sembra fare il più del lavoro, lasciando al partner il compito di sostenerla fisicamente (in realtà anche il lavoro dell’uomo è importante al fine della riuscita del passo a due, ma gli spettatori a digiuno di nozioni coreutiche vedono soprattutto il lavoro della donna).

Nel 1984 era una chiara impostazione femminista: una donna grande non solo fisicamente che sostiene l’uomo mentre sembra precipitare nell’abisso.

In seguito, con l’affermarsi della danza contemporanea, i ruoli di “maschio” e “femmina” vanno a scomparire alternandosi nel ruolo di sollevatore/sollevatrice.

Danzatrice spagnola di Erik Enroth

La Danzatrice spagnola (1951) di Erik Enroth è un dipinto provocatorio sulla questione dell’identità (non solo) sessuale. Quello che potrebbe essere definito un “donnone”, con tratti mascoli in un vestito dalla scollatura profonda ci fa pensare che l’espressione di ciò che siamo affiora nel nostro aspetto esteriore e nei nostri atteggiamenti.

La domanda di apertura potrebbe così essere riformulata in questo modo: come la danza ha risposto alle questioni sociali e come queste risposte sono state trasformate in arte statica?

Mi sono confrontata con Gabriella Serra, ex danzatrice professionista che attualmente vive a Helsinki, dove continua a formarsi e lavorare come insegnante di classico in diverse scuole di danza.

Secondo te la mostra rappresenta le trasformazioni continue della Danza dalle origini ad oggi?

La mostra non ci racconta in ordine cronologico la storia della Danza nella sua interezza, ma ci offre solo alcuni sprazzi di quelli che erano i fermenti nel mondo dell’arte del Novecento, soprattutto da parte di artisti finlandesi. Le tematiche sono soprattutto sociali, quindi non ci si deve aspettare riferimenti favolistici come nel balletto ottocentesco.

Indubbiamente qualche riferimento non manca, soprattutto nelle litografie raffiguranti la danza spagnola, molto in voga nei balletti di fine Ottocento, e poi naturalmente nelle opere di Edgar Degas, pittore innovatore dell’Ottocento che, come sappiamo, amava rappresentare le ballerine dell’Opera di Parigi.

Tuttavia nella mostra vediamo soprattutto dipinti, litografie e sculture di artisti finlandesi novecenteschi e contemporanei.

Il balletto classico è “rappresentativo” del mondo della Danza in generale?

Rispetto alla Danza, nell’accezione più ampia ed estesa della parola, direi che il balletto classico è solo una parte di tutto quello che può essere considerato Danza. Se invece parliamo di Danza teatrale, la risposta è sì. Nei Teatri d’Opera e di Balletto, il repertorio classico ha ancora un ruolo fondamentale, ma la tradizione vive anche nel repertorio più nuovo: così come avvenne durante tutto il Novecento, i coreografi emergenti di oggi continuano ad attingere dalla tecnica classica nonostante finiscano poi col proporre un linguaggio personale nuovo e, a volte, apparentemente molto distante da essa. La danza classica è una tecnica ben codificata che si basa su principi e regole precise, ma non è da vedere in netta contrapposizione al repertorio contemporaneo.

Ho notato che si usano le parole ballo e danza (e quindi anche ballerino e ballerina e danzatore e danzatrice) come sinonimi, quando in realtà non è così.

Alcuni sostengono che il termine ballo indichi qualsiasi tipo di movimento intento a seguire un ritmo musicale, e che il termine danza rappresenti invece il ballo nelle sue forme ed espressioni artistiche, etnografiche e folcloristiche. Io penso che il significato dei due termini sia sostanzialmente identico, anche se, a ben vedere, il verbo danzare etimologicamente porta con sé il significato di ‘stendersi in una catena, mettersi in fila’, da qui forse l’idea di un muoversi in maniera più ‘organizzata’ rispetto al ballare. Tuttavia si tratta di una sottigliezza linguistica. Sono piuttosto i luoghi in cui si balla e gli obiettivi che alla fin fine determinano la distinzione tra ballo inteso come momento artistico (danza classica e contemporanea) o come momento sportivo (danza sportiva) o come momento ludico-popolare.

La danza classica, nelle scuole ad indirizzo professionale, ma anche a livello amatoriale, ha prevalso per lungo tempo. Oggi però nuove forme di movimento hanno dato vita a nuovi stili ed a nuovi generi. Verso che direzione sta andando lo studio della Danza?

Senza dubbio oggi vediamo tanti generi e stili di danza. Le scuole a livello amatoriale offrono corsi di tutti i tipi: street dance, commercial dance, house dance, showjazz, lyrical jazz, e così via. Occorre però fare una distinzione tra genere e stile. Il genere è una categoria convenzionale che identifica una danza in base ai mezzi tecnici utilizzati. Lo stile è dato dalle peculiarità di questi mezzi tecnici, è dato dal complesso delle scelte e dei mezzi espressivi che costituiscono l’impronta di una scuola e/o di un artista. Vedi, ad esempio, la tecnica classica di Auguste Bournonville. La Scuola Bournonville non è solo un metodo di studio, ma rappresenta anche un vero e proprio stile all’interno del genere del balletto classico. Per quanto riguarda la danza moderna, qualcosa di simile è accaduto, ad esempio, con Martha Graham, Merce Cunningham e José Limon: sono tutti rappresentanti della danza moderna novecentesca, ma ognuno di loro sviluppò una propria tecnica ed un proprio stile.

Per tornare all’offerta eterogenea delle scuole di danza a livello amatoriale, è interessante notare, soprattutto per quanto riguarda i corsi indirizzati ai più piccoli, come qui in Finlandia, vediamo un catalogo di corsi dalle categorie più disparate: propedeutica alla danza, pre-danza, gioco-danza, Fairy tale ballet, danza della mamma con il bebé,e tanti altri ancora. Spesso il contenuto di queste lezioni è abbastanza simile. Qui non si tratta di generi diversi. Tutte queste denominazioni nuove sono solo frutto di un’operazione di marketing atta ad attirare più pubblico possibile. Soprattutto che non si pensi che, in questi corsi rivolti a bambini della fascia di età 2-7 anni, si faccia tecnica della danza classica! Fondamentalmente si gioca. Dal punto di vista dello sviluppo psicofisico il bambino è in grado di intraprendere uno studio serio e consapevole della danza classica solo a partire da 8-9 anni.

Anna Estarriola, Reincarnation alert

Tutt’altro discorso vale per le scuole a indirizzo professionale, nelle quali lo studio di diversi generi di danza è importante per poter raggiungere una preparazione tecnica e artistica completa. All’Accademia Nazionale di Danza di Roma, come nella maggior parte delle scuole professionali, si studiano diverse discipline: danza classica, danza di carattere, danza moderna, danza contemporanea, oltre che musica, solfeggio, anatomia e fisiologia del movimento. Lo studio della fisiologia del movimento è estremamente importante per il danzatore di oggi: nel momento in cui si eseguono virtuosismi sempre più estremi, diventa anche fondamentale tenere conto, nel corso dello studio, di quelle che sono le leggi anatomiche e fisiologiche del corpo umano. Queste conoscenze permettono infatti di sfruttare le potenzialità del proprio corpo al massimo e di limitare l’incidenza di lesioni dovute ad usura o a traumi, spesso conseguenza di un allineamento scorretto e di un lavoro sbagliato reiterato nel tempo.

Verso che direzione sta andando lo studio della danza?

Al giorno d’oggi il ballerino professionista non esegue più solo repertorio classico. Il ballerino di oggi deve essere sempre più versatile: deve danzare i Grandi Classici ed allo stesso tempo deve essere in grado di adattarsi alle esigenze dei coreografi contemporanei. Ed è per questo che oggi il percorso di formazione dei danzatori sta andando in una direzione sempre più multidisciplinare.

Cosa mi dici della relazione tra pilates e balletto classico?

In realtà, il metodo di Pilates nasce come metodo riabilitativo per il benessere fisico dei soldati. Nel 1912 Joseph Pilates, di origine tedesca, si trasferì in Inghilterra dove, durante la Prima Guerra Mondiale, collaborò con l’esercito occupandosi della salute dei soldati. In quell’occasione Pilates inventò un sistema, utilizzando brande e molle, che aiutava i pazienti allettati a muoversi. In seguito, nel 1923, Pilates si trasferì a New York e, per puro caso, aprì uno studio proprio nello stesso edificio in cui lavoravano George Balanchine e Martha Graham. I danzatori iniziarono così a rivolgersi a lui per cercare soluzioni ai loro problemi. E Pilates iniziò a sviluppare degli esercizi appositi per i ballerini. Oggi sempre più danzatori, a fine carriera, si interessano a questo metodo e diventano loro stessi istruttori di pilates.

Ad ogni modo non c’è dubbio che si possa vedere nel metodo Pilates un’ottima tecnica di supporto nella formazione dei danzatori: si parla di bilanciamento della forza muscolare, del centro del corpo, di allineamento, di integrazione della respirazione con il movimento. Tutto ciò aiuta ad accrescere la consapevolezza del proprio corpo, a prevenire lesioni dovute ad allineamenti errati e ad affrontare con più coscienza un eventuale periodo di riabilitazione dopo una lesione da usura o da evento traumatico. In molte scuole ad indirizzo professionale, il metodo pilates è ormai parte integrante del programma di studio.

Louise Bourgeois, Triptyykki Punaiseen huoneeseen, 1994

Si dice che chi sa danzare il classico sappia danzare qualsiasi cosa: quanto è vera questa affermazione?

La tecnica classica, studiata ad alto livello, fornisce sicuramente massima libertà di movimento, massima consapevolezza del proprio corpo e massimo controllo muscolare. Un danzatore classico ha un tipo di formazione che permette di affrontare qualsiasi altro genere. Certamente poi subentra anche la predisposizione per un genere piuttosto che per un altro. Basta pensare che anche all’interno del repertorio classico, qualsiasi danzatore ha più predisposizione per determinati ruoli piuttosto che per altri. Ebbene, allo stesso modo, ci sono danzatori di formazione classica che senz’altro hanno più predisposizione rispetto ad altri nell’affrontare il repertorio moderno e contemporaneo.

Ma non è vero il contrario: ovvero il danzatore che ha studiato solo danza contemporanea non può essere in grado di cimentarsi nel repertorio classico.

Ad ogni modo, generalmente, anche nelle compagnie dedite unicamente ad un repertorio contemporaneo, tutti i danzatori hanno basi di tecnica classica. Ed in tutti i teatri, indipendentemente dal repertorio presentato, si usa iniziare la giornata lavorativa con una lezione-studio di tecnica classica. È questo, ancora oggi, il miglior modo per preparare la muscolatura a qualsiasi tipo di virtuosismo.

Il balletto classico sta lasciando posto a nuovi modi di rappresentare il movimento, i respiri, le linee. Secondo te, il balletto classico sta scomparendo?

Credo che il balletto classico sia più vivo che mai! Fintanto che nel repertorio dei più grandi teatri al mondo troviamo ancora i capolavori del balletto novecentesco di Frederick Ashton, Kenneth McMillan, John Cranko, John Neumeier, per citarne solo alcuni, non possiamo dire che il balletto classico stia scomparendo. Parlerei piuttosto di un linguaggio rinnovato. In realtà, neanche i Grandi Classici dell’Ottocento sono scomparsi: oggi assistiamo continuamente a nuove rivisitazioni. Vedi, ad esempio, Il Lago dei Cigni rivisitato da Rudolf Nureyev nel 1984 o La Bayadère rivista da Natalia Makarova nel 1980. Ma assistiamo anche ad interessanti ricostruzioni di balletti completamente perduti, vedi La Sylphide di Filippo Taglioni del 1832, sparito dalle scene già dal 1858, e che venne ricostruito da Pierre Lacotte nel 1972 dopo un’accuratissima ricerca filologica. La ricostruzione de La Sylphide di Pierre Lacotte è oggi nel calendario di molti teatri.

Quando parli di rinnovamento nel balletto del Novecento, a quali caratteristiche innovative ti riferisci?

Tutto nasce dai Balletti Russi di Djaghilev (1909-1929), culla di sperimentazione e vero inizio del filone novecentesco. Sono numerosi i coreografi riformatori attivi nella compagnia creata da Djaghilev: Mihail Fokin, Vaslav Nijinsky, Léonide Massine, Bronislava Nijinska, George Balanchine. E sulla scia di questi si formeranno molti altri significativi rappresentanti del balletto novecentesco: Léonide Massine sarà maestro di Frederick Ashton (il quale a sua volta influenzerà John Cranko e Kenneth MacMillan), Bronislava Nijinska ispirerà Serge Lifar, il quale sarà maestro di Roland Petit.

Nel Novecento i balletti diventano di forma breve o in ogni caso di forma molto più compatta rispetto a quelli dell’Ottocento e i temi non sono più favolistici. Il balletto inizia a narrare storie politicamente e socialmente impegnative, prende spunto da temi attuali del periodo, da temi epici, dai drammi teatrali e dai grandi romanzi. Vedi a titolo di esempio: Onegin di John Cranko, Manon di Kenneth MacMillan, Marguerite et Armand di Frederich Ashton, Romeo e Giulietta nelle varie versioni, tra cui le più rilevanti quelle di John Cranko e di Kenneth MacMillan.

Nell’Ottocento si assisteva ad una separazione tra la pantomima e il momento virtuosistico, mentre nel Novecento la narrazione diventa molto più scorrevole, la trama diventa più fluida, facilmente comprensibile ed è integrata nel tessuto coreografico. I gesti non sono più così enfatici, ma diventano più naturali e più vicini alla quotidianità. La gestualità non traduce delle parole ben precise, ma viene utilizzata soprattutto per definire il carattere e l’aspetto psicologico dei personaggi e per mettere in risalto gli umori, le passioni e le emozioni. I passi a due non sono più un momento di puro virtuosismo, ma rappresentano i momenti chiave per lo sviluppo dell’azione drammatica. Il movimento tecnico diventa sempre più fluido e più raffinato.

Possiamo parlare di un’evoluzione del balletto classico ottocentesco, di un linguaggio rinnovato, ma non scomparso. I narratori del balletto novecentesco ci hanno indicato che la tradizione non è da considerare come un patrimonio da conservare intatto, come se fosse un cimelio da museo, bensì come un’eredità che può essere rivissuta attraverso infinite nuove possibilità espressive.

Gabriella Serra è stata una danzatrice classica di formazione italiana e francese (Scuola Superiore di Danza di Cannes Rosella Hightower). La carriera di ballerina solista l’ha portata a calcare i palchi di Belgio, Germania e Svizzera, collaborando con diversi coreografi a livello internazionale.

Dal 1998 vive in Finlandia, dove ha collaborato con l’Opera Nazionale Finlandese e dove è stata docente ospite alla Scuola della stessa, grazie ad una borsa di studio conseguita una volta laureatasi in Didattica delle Discipline Coreutiche all’Accademia Nazionale di Danza di Roma con 110 e lode.

La sua è una formazione continua, spaziando tra Laurea Magistrale in Filologia, Letteratura e Lingua Finlandese presso l’Università di Helsinki, corsi e seminari presso l’Università di Danza e Teatro di Helsinki (Teatterikorkeakoulu) e Pedagogia della Danza presso l’Università di Jyväskylä.

Attualmente insegna presso il Centro Danza Footlight di Helsinki e l’Accademia di Balletto (Helsingin Balettiakatemia) fondata da Juha Kirjonen.

(Foto del titolo: Hugo Simberg: Tanssi sillalla, 1899, Kansallisgalleria. Per le foto utilizzate siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)