I Carmina Burana, o la Fortuna dell’uomo

Il palco del Teatro Savoy si è rivelato piuttosto piccolo per ospitare una compagnia di grande livello con uno spettacolo che è andato alquanto controcorrente rispetto a quello a cui Helsinki è solitamente abituata.

Compagnia di danza contemporanea, la Szeged Contemporary Dance Company ha tenuto banco ininterrottamente per un’ora di spettacolo con 12 danzatori, alternando momenti energetici a momenti più descrittivi grazie all’alternanza di citazioni di stili e pantomima.

L’utilizzo consapevole e con cognizione di causa in scena di materiale vario quali tappeto in paglia che ha ospitato i danzatori per tutta la durata della performance, acqua, catene, tempere hanno aggiunto movimento alla pièce rendendola non statica.

Il fantoccio incombente dell’Oscura Signora dapprima viene schernito e in seguito temuto, terminando in una rabbia danzata dall’ensemble con energia tanto uguale all’inizio dello spettacolo. Effetto interessante e ‘come meccanicamente la Morte è stata trasformata in fantoccio gigante con materiali poveri usati maestramene per creare effetti scenici.

Lo spettacolo si rifà fedelmente alla Ruota della fortuna nell’omonima opera di Carl Orff, dando allo spettatore la possibilità di vivere tramite i danzatori le fasi cicliche della stessa.

L’unica pecca è stata la cattura completa dello spettatore verso la fine dello spettacolo, che non ha lasciato modo di seguire lo svolgimento in disparte di una dipartita. Ma forse era proprio questa l’idea: una morte che arriva di lato senza farsi notare, visibile a pochi, e notata dalla maggioranza solo quando la dipartita si è già’ compiuta.

Carmina Burana aveva già fatto il sold out nel primo periodo, costringendo il Savoy ad aggiungere altre due date che hanno registrato anch’esse il pienone.

I Carmina Burana sono corpus di testi poetici medievali dell’XI e del XII secolo. Derivano dal manoscritto contenuto in un codice miniato del XII secolo, il Codex Latinus Monacensis 4660 conosciuto anche come Codex Buranus, proveniente dal convento di Beneditktbeuern nei pressi di Bad Tölz in Baviera.

La lingua predominante è il latino. Il contenuto dei canti è vario, includendo dottrina, religione, polemiche, scene sacre e concetti popolari che rimandano a amore, vino e natura, alla base di una cultura popolare e che rappresentano quindi l’aspetto più allegro, gioviale, rozzo e plebeo dei canti. Servendosi di parodie blasfeme della liturgia, alcuni dei carmi condannano anche la curia romana dove molti dei membri erano ritenuti solo dediti alla ricerca del potere.

In tutta l’opera i carmi si dividono in categorie: i carmina moralia ad argomento satirico e morale, i Carmina veris et amoris ad argomento amoroso, i carmina lusurum et potatorum ad argomenti bacchici e conviviali, ed infine i Carmina divina, con argomenti sacri.

Il termina Carmina Burana viene coniato da Johann Andreas Schmeller nel 1847 a seguito della pubblicazione del manoscritto da lui scoperto negli archivi della biblioteca di cui era curatore. I testi dei carmi erano destinati ai canti, ma gli amanuensi non riportarono per tutti i carmi la musica, infatti si può ricostruire l’andamento melodico solo per 47 di essi.

Carmina Burana è l’opera che ha reso famoso Carl Orff, eseguita per la prima volta a Francoforte nel 1937. Nonostante Orff entri in contatto in età tardiva con i Carmina, riesce comunque a ricavarne la sua opera principale. Organizza i Carmi secondo una linea di sviluppo adattandoli a canti profani, accompagnati da strumenti e immagini magiche, ricavandone una cantata teatrale che si rifà alla struttura simbolica della Ruota della fortuna che dispensa buona e cattiva sorte – infatti l’opera inizia e si conclude con il famoso verso O Fortuna, velut luna. La rappresentazione è divisa in tre sezioni: il verid leta facies (il rapporto dell’uomo con la natura), in taberna (rapporto tra l’uomo e i doni naturali che culminano nel vino) e amor volat undique (il rapporto dell’uomo con l’amore). Nella ciclicità della Ruota, la vita umana è soggetta ai capricci della stessa e natura, amore, bellezza e vino non sono altro che strumenti alla mercè del cambiamento, rendendo quindi l’uomo un giocattolo in mano a forze misteriose.

(Le foto sono riprese da Facebook. Ovviamente siamo pronti a far fronte alle richieste di diriitti)