Je’vida è un film di grande valore etico e di toccante contenuto umano e sociale, che merita una diffusione anche in Italia. Ho avuto il piacere di parlare con la regista Katja Gauriloff del film e del suo impegno artistico durante il suo soggiorno romano legato alla Festa del Cinema di Roma 2023, ed approfondito con lei genesi e motivi di questo suo lavoro, già presentato con successo al Toronto Cinema Festival e al Tribeca Festival a New York: il film è il primo lungometraggio nella lingua Skolt Sámi, ora parlata solo da poche centinaia di persone in Finlandia.
Je’vida, presentato nella sezione non competitiva Freestyle della riassegna romana, ha come tema conduttore il legame col proprio passato. Quando la stanca Iida (Sanna-Kaisa Palo) conduce sua nipote Sanna (Seidi Haarla) nella casa in vendita in cui erano cresciute Iida e la sorella recentemente scomparsa, la ragazza è confusa e irritata dal persistente silenzio della zia alle sue domande. Ma non passa molto tempo prima che la casa, immersa in una natura selvaggia e remota nel nord della Lapponia finlandese, rievochi alla zia una serie di ricordi a lungo repressi.
Girato in un suggestivo bianco e nero dal direttore della fotografia Tuomo Hutri, il film ripercorre la vita di Iida dall’infanzia all’età adulta attraverso i momenti chiave che le sono rimasti impressi, usando quindi uno schema tra finzione, realtà e sogno. La giovane Je’vida era la prediletta del nonno, curiosa com’era di imparare i metodi tradizionali di pesca e di cura delle reti. La bambina (una bravissima Agafia Niemenmaa) sente lui e la madre discutere se mandarla in collegio, come la sorella maggiore, con il nonno che vuole che resti e trasmetta le usanze Sámi. Quando lui muore e lei viene mandata a ricevere un’educazione finlandese in collegio, non smette di vederlo o di parlargli tra sogno e immaginazione.
Gran parte dell’esistenza di Je’vida consiste quindi nell’ascoltare altre persone che parlano di lei, come la sua famiglia che decide il suo destino, i compagni che la prendono in giro a scuola e gli adulti che le insegnano il finlandese.
Parte del film è dedicata al suo processo di adattamento, che in realtà è un processo di assimilazione, dato che un suo breve tentativo di ribellione viene represso con dure punizioni da parte di insegnanti sotto sotto razzisti. Sono momenti di grande durezza, e si può capire perché Iida adulta sia riluttante a spiegare alla nipote come mai sua madre non le abbia mai parlato della casa o della sorella.
In definitiva, il film è più il documento di una repressione sociale (in una nota che appare sullo schermo alla fine del film si legge che la maggior parte dei bambini Sámi è stata costretta ad andare nei collegi finlandesi fino agli anni ’80), che un ritratto della sua protagonista. Un film intenso e poetico, a tratti angosciante ma delicato e coinvolgente nella sua trama.
Je’vida, scritto da Gauriloff insieme allo scrittore Sámi Niillas Holmberg, è prodotto dalla finlandese Oktober Oy e la distribuzione internazionale è gestita da The Yellow Affair.
Ricordo che le problematiche del popolo Sámi vennero affrontate, ormai 50 anni fa, in un film del regista finlandese Rauni Mollberg ispirato all’omonimo romanzo di Timo Mukka “Maa on syntinen laulu” (tradotto di recente in italiano come L’urlo della terra.) Il suo film ha qualche rapporto con quella tematica?
Conosco bene il film di Mollberg, che in Finlandia è un classico del genere; era un film a colori, ma nel mio film uso il bianco e nero anche per sottolineare che non si tratta di una storia a sé come quella di Mollberg, ma dell’identità di un popolo.
Pensa che, ad oggi, ci sia un progresso, un miglioramento nelle condizioni sociali e culturali della sua gente?
Certamente: siamo più forti e consapevoli rispetto ai decenni scorsi. Per esempio, possiamo studiare più agevolmente la nostra lingua, anche grazie all’uso della rete… Tuttavia permangono nelle nostre terre e nell’Artico problemi, diciamo, di ‘stress’: la questione energetica, per esempio, lo sfruttamento di risorse che mettono a rischio i tradizionali stili di vita Sámi, come l’allevamento delle renne e la pesca, o il progetto, per ora messo da parte, di allungare la rete ferroviaria da Rovaniemi al mare verso l’estremo nord.
Tuttavia abbiamo in corso con lo Stato finlandese il cosiddetto ‘processo di verità e riconciliazione’, teso a riconsiderare i nostri diritti e le ingiustizie del passato, un processo non facile, che è stato percorso anche in Svezia e Norvegia ed più avanzato in quest’ultimo Paese. Spero che il mio film sia anche un contributo a questo percorso.
In qualche modo, il suo film è fondato anche su temi autobiografici; alcuni attori Sámi hanno il suo stesso cognome.
Certo: vi si ritrovano le narrazioni della mia famiglia ed anche le vicende famigliari: per esempio, la storia d’amore di Je’vida nel film è anche un po’ quella dei miei genitori. Alcuni miei cugini sono nel cast del film: noi Skolt siamo pochi…
Col passare degli anni molti sono andati in altre città, alcuni avevano anche perso la memoria di essere Sámi. Io stessa sono andata a scuola a Rovaniemi, dove abita la mia famiglia, e, per i bullismi sopportati nel periodo scolastico, evitavo anche di far sapere che ero Sámi; tuttavia mia madre mi ha sempre raccontato storie e non mi ha fatto dimenticare le mie origini. È importante che i giovani vedano un film nella loro lingua, e che abbiano speranza. Dobbiamo lavorare proprio per la speranza di non perdere mai i contatto col nostro passato che è quello che poi fruttifica nel presente e nel futuro.
Il tema di popoli e culture minoritarie, a rischio di estinzione per oppressioni o assorbimenti forzati, non è nuovo nel cinema e nella cultura, ma ha fatto progressi ed avvicinato il grande pubblico solo di recente.
Certamente vi sono una sensibilità ed una consapevolezza diverse, un approccio non di maniera. Sono riuscita a realizzare il mio film in un anno, un periodo abbastanza breve. Adesso ho vari progetti: vorrei fare un documentario ma anche scrivere la sceneggiatura di un nuovo film. Nel popolo degli Skolt, abbiamo molte storie orali tramandate nel corso delle generazioni, ho varie storie narrate da mia nonna e registrate e sto valutando di trarne ispirazione per qualche mio prossimo lavoro
Qualche esempio di cinema italiano che le piaccia o consoce?
Mi piace “La strada” di Fellini e molti altri classici del cinema italiano e, tra i moderni, Nanni Moretti; Moretti alcuni anni fa partecipò al Festival cinematografico del Sole di Mezzanotte di Sodankylä, dove ebbi l’occasione di incontrarlo.
Tanti auguri allora sia per il futuro del suo lavoro che per il futuro del popolo Sámi… arrivederci o, in lingua Skolt: pää’cced tiõrvân.