Su internet capita spesso di incappare in liste che pretendono di spiegare le ragioni del successo del sistema scolastico finlandese. Sui media italiani e internazionali sembra nata una sorta di fennomania per quanto riguarda l’istruzione, che spazia dal documentario “Where to invade next” del celebre regista americano Michael Moore alla scuola elementare di Lucca che ha adottato “Matikka” come libro di testo. Con l’aiuto di Mattia Retta, un italiano che qui in Finlandia studia per diventare insegnante, abbiamo provato ad analizzare sette di questi stereotipi, cercando di dare un’immagine più veritiera e meno mitizzante della scuola finlandese.
1. Niente scuole private, l’educazione è gratuita e qualitativamente omogenea
In parte vero. La scuola finlandese è effettivamente quasi interamente pubblica, ma esiste una piccola minoranza di scuole private, per lo più istituti internazionali dedicati soprattutto ai figli di diplomatici e dei cosiddetti expats. Sulla gratuità bisogna distinguere la scuola primaria – completamente gratuita, inclusi il trasporto e i libri di testo – dal liceo: se è vero che non ci sono rette scolastiche, il costo dei libri e dei materiali, al giorno d’oggi, può rendere la scuola una spesa quasi insostenibile per le famiglie di ceto basso. Il problema si pone soprattutto al liceo perché in Finlandia non fa più parte della scuola dell’obbligo: secondo un recente articolo uscito sull’Helsingin Sanomat, i 3 anni di liceo possono costare circa 2600 euro a testa e un quarto degli studenti che si è ritirato dal liceo ha citato proprio il costo dei materiali come motivo principale. Alcune associazioni no-profit hanno presentato recentemente una proposta di legge popolare per garantire materiali scolastici gratuiti a tutti coloro che ne avessero bisogno: vedremo come andrà, ma questa è sicuramente una grave lacuna in un paese che fa dell’uguaglianza uno dei tratti nazionali più caratteristici.
Anche per quanto riguarda l’omogeneità le cose non sono così semplici: è vero che durante la scuola dell’obbligo si frequenta l’istituto del proprio quartiere, ma tutti i licei hanno una soglia d’ingresso basata sulla media dei voti ricevuti nel ciclo di studi precedente, e le differenze in termini di qualità e possibilità didattiche possono essere notevoli, soprattutto all’interno delle grandi città.
2. L’insegnamento è una delle professioni più rispettate e meglio pagate
In parte vero. Secondo un recente sondaggio di vari sindacati di settore, il mestiere dell’insegnante è al quarto posto tra i più rispettati dai finlandesi (per curiosità, in vetta ci sono i vigili del fuoco, mentre i meno amati sono i politici e i gli operatori dei call center).
Inoltre l’iter per diventare insegnante è particolarmente complesso: si necessita di una laurea magistrale e di un percorso di “crediti pedagogici”, ovvero un anno di studi intensivo con due tirocini in scuole affiliate all’università, in modo da unire la teoria della ricerca pedagogica alla pratica sul campo.
Lo stipendio base di un insegnante è di circa 2800 euro lordi al mese (che indicativamente scendono sotto 2000 dopo le tasse). Cifra che può sembrare alta se comparata con l’equivalente italiano, ma è sotto la media nazionale di 3000 euro al mese; inoltre, per un simile livello di istruzione, il settore privato paga più profumatamente.
3. A scuola si gioca molto
Semplificazione. Gli insegnanti sono incoraggiati ad utilizzare strumenti ludici per interessare gli alunni alle varie materie, usando anche vari gadget elettronici come tablet o smartphone. Soprattutto nello studio delle lingue straniere, per studenti spesso timidi come i finlandesi, questi programmi fanno miracoli. Inoltre si cerca di tenere presente la difficoltà di ragazzi giovani a star seduti per troppo tempo: per questo le lezioni, anche al liceo, durano al massimo 75 minuti e ci sono molte pause. Inoltre le classi sono fornite di un piccolo lavandino, dove gli studenti possono liberamente lavarsi le mani o bere un goccio d’acqua: si ha comunque spesso l’impressione che venga usato sopratutto come pretesto per sgranchirsi le gambe!
4. La scuola mette al centro l’innovazione
Vero. I piani di studio vengono cambiati spesso e gli insegnanti spronati ad aggiornarsi: se il mondo cambia, la scuola deve cambiare con esso. Per questo motivo non si ha paura della tecnologia, ma si cerca di integrarla nello studio. Le lezioni frontali sono state completamente abbandonate – o quantomeno decisamente ridotte – in favore di lezioni collaborative, in cui gli studenti possono ricoprire il doppio ruolo di discenti e docenti. Prendendo in prestito il motto delle Olimpiadi invernali di Torino del 2006, il sistema educativo finlandese è always on the move.
5. Le materie sono state eliminate
Falso. Questo è forse uno dei più grossi equivoci. Mettiamolo subito in chiaro: le materie non verranno eliminate. Si continuerà a studiare storia, geografia, matematica e via dicendo per un determinato numero di ore settimanali. Semplicemente i nuovi piani di studio prevedono un’interazione maggiore tra insegnanti di discipline diverse, in modo da presentare i fenomeni in maniera più organica, senza barriere artificiali. Per esempio ho recentemente assistito a una lezione di storia/inglese che presentava la storia della schiavitù negli Stati Uniti in cui agli studenti veniva chiesto di immergersi nel passato e provare a pensare a cosa potessero provare gli schiavi nelle piantagioni.
6. Non ci sono compiti a casa
Falso. È vero che la mole di lavoro a casa è ridotta rispetto ad altri sistemi scolastici come quello italiano o statunitense, ma non ho mai assistito a una lezione che non si concludesse con i compiti per la volta successiva. Addirittura durante l’anno di studi pedagogici, quando ci si concentra sulle unità didattiche, i compiti a casa sono una delle aree obbligatorie per la redazione di un piano lezione. Semplicemente si cerca di non seppellire i ragazzi sotto quantità enormi di compiti a casa, cercando di ricordarsi che anche la vita al di fuori delle mura scolastiche è importante per un giovane (e per gli insegnanti stessi).
7. Nella scuola finlandese voti ed esami non hanno molta importanza
Falso. Nella scuola primaria si tendono a preferire votazioni espresse in parole e non numericamente, che però rendono spesso difficile per i genitori e gli alunni stessi comprendere appieno il giudizio. Al liceo il voto è tutto, soprattutto negli esami finali di maturità (ylioppilaskirjoitukset). Con la probabile riforma dell’università in arrivo, che prevede un peso molto maggiore per le votazioni di maturità a discapito degli esami di ingresso, tutta la carriera (e il futuro) di un liceale finlandese sarà decisa da questi esami. Questa mi sembra, allo stato attuale, l’incongruenza più grande del sistema educativo di questo Paese.
Non sono solo i media stranieri, ma anche la Finlandia ad essere particolarmente fiera del proprio sistema educativo, soprattutto per quanto riguarda la formazione primaria. E non è un caso. I risultati dei test PISA (Programme for International Student Assessment) parlano chiaro: nonostante un piccolo calo negli ultimi tre anni, segnalato su alcuni media come una débâcle nazionale, la Finlandia si posiziona al quinto posto tra i paesi dell’Ocse, facendo segnare ottimi risultati soprattutto nelle scienze e nella comprensione scritta.
Nelle ultime settimane due delle riviste con la tiratura più elevate del Paese, Image e Suomen Kuvalehti, hanno incentrato i loro numeri sulla situazione attuale e futura della scuola in Finlandia; allo stesso modo nei quotidiani appaiono spesso articoli e commenti sullo stesso argomento. E più del sistema scolastico in sé, una cosa che più importerei dalla Finlandia è propria quest’importanza data alla scuola come barometro della società attuale e base per quella futura.
La Rondine – 29.09.2017