Cara Melania…

Sofi Oksanen ha pubblicato una lettera aperta indirizzata alla First Lady americana Melania Trump. Il testo è uscito sul tabloid svedese Expressen  l’11 ottobre, poi su varie testate nordiche, in finlandese su Helsingin Sanomat. Per gentile concessione dell’autrice, ne pubblichiamo sulla Rondine la versione italiana. Sofi Oksanen, da sempre impegnata nella difesa dei diritti delle minoranze e delle donne, riconduce lo sfruttamento di tante donne dell’Europa dell’est a una disuguaglianza di genere che ha radici anche economiche e sociali. E rivolta alla donna di origini slovene che dovrebbe essere la più potente negli USA, le domanda: tu che potresti essere un simbolo del riscatto, perché non parli? (Qui una replica a questa lettera da parte di Manca G. Renco, un’intellettuale slovena, pubblicata su “Versopolis”)

Cara Melania,

ho qualche anno meno di te, e ricordo bene  l’effetto che mi facevano da piccola, oltre cortina, le ragazze più grandi. Succede che le ragazzine provino ammirazione per quelle più mature, ed è proprio quanto capitava a me.  Quello che non capivo era perché volessero a tutti i costi andare in Occidente. Gli uomini lì  non erano principi azzurri in groppa a un cavallo bianco, non più di quelli che frequentavano a casa loro, ed io lo sapevo bene perché ero cresciuta in una famiglia finno-estone, tra la Finlandia e l’Estonia sovietica. Ero comunque troppo giovane per esprimere un’opinione, per metterle in guardia, dicendo che la vita di chi emigra non è mai facile, nemmeno in occidente. Avessi aperto bocca, non credo che m’avrebbero dato retta.

La maggior parte di quelle che volevano andarsene non avevano nessuna idea di quel che realmente fosse l’occidente, pure parlavano degli uomini oltre cortina come si trattasse di un bel lavoro, in grado di offrire loro opportunità sociali ed economiche, e una maggiore libertà.

Quando alla fine caddero le barriere, quel sogno diventò possibile, e tu fosti una di quelle che colsero l’occasione. Il desiderio di occidentalizzarsi è una spiegazione plausibile per il cambio di nome,  da Melanija Knavs a Melania Knauss. Ma c’era anche dell’altro. All’epoca le ragazze dell’est godevano di una certa reputazione. In occidente, le donne le guardavano con sospetto, mentre gli uomini le scrutavano con certi occhi, e tutto ciò dovette essere un’assoluta sorpresa per le nuove arrivate, immagino anche per te.

Nel paese d’origine erano solo ragazze come tante, ma appena superato il confine diventavano ragazze dell’est, bastava il loro accento per far pensare agli uomini ecco, è roba che si può comprare, e per poco.

La fama dubbia delle ragazze dell’est aveva preso piede in Finlandia già ai tempi dell’Unione sovietica. Tallin, a quel tempo, era nota come una città in cui una donna la si poteva avere per un paio di collant.

Una volta aperte le frontiere per avere quelle ragazze non ci fu più più bisogno di mettersi in viaggio, comparivano a nugoli agli angoli delle piazze finlandesi. Fu allora che comparve la scritta pilu 50 mk ( “gnoca 50 marchi”), riferimento al prezzo di una prestazione sessuale, con un errore di grafia. Le ragazze se lo scarabocchiavano sul palmo della mano o su un foglietto.  La stampa non faceva altro che stigmatizzare questo traffico di donne per le strade, sottolineando l’esiguità delle gonne. Ai pericoli che stavano dietro quel mercato non faceva cenno nessuno, né in Finlandia nè oltre confine. E nessuno era davvero interessato alle cause che spingevano quelle donne verso il mercato del sesso: il crollo dell’Unione Sovietica aveva significato il collasso dell’intero sistema sociale nel blocco orientale.

Una volta riacquistata l’indipendenza, l’Estonia si presentò però come un paese economicamente intraprendente, un modello per i paesi dell’est, e sui media si cominciò a parlarne per svariati motivi. Il paese stimolava un certo interesse, e non solo per via delle ragazze o per il prezzo degli alcolici, e fu così che il turismo prese un notevole slancio. Che sollievo. Non ricevevo più certe proposte quando viaggiavo sul traghetto per Tallin. E per le strade della Finlandia le donne russe ed estoni non erano più costrette a parlare a voce bassa.

Quel che non capivo era che il turismo sessuale che mi era noto per via della mia vicinanza all’Estonia era solo la prima ondata di uno tsunami che avrebbe investito i paesi dell’est. Non mi rendevo conto del fatto che, mentre per noi i paesi baltici e slavi  andavano assumendo un aspetto più diversificato, altrove succedeva il contrario. I bordelli del mondo intero s’erano riempiti di ragazze dell’est europeo, e la loro marcia trionfale nell’immaginario popolare dei paesi occidentali era solo all’inizio.

Col senno di poi, questo processo ha una sua logica. Per mezzo secolo i paesi del blocco orientale erano stati per l’occidente solo una parte del grande Impero del male. Se una faccia slava faceva la sua apparizione in un film occidentale, ci arrivava col berretto di pelo alla Breshnev. La Cortina di ferro aveva impedito agli occidentali di farsi la minima idea dei singoli paesi dall’altra parte, si trattasse dell’Estonia o della tua Slovenia. Le nazioni che all’improvviso si erano materializzate sulla cartina, agli occhi degli occidentali erano prive di storia, e le loro popolazioni non avevano né voce né volto.

Al crollo dell’Unione Sovietica, le storielle legate alla guerra fredda passarono di moda, ma le foto eccitanti delle donne dell’est riempirono quel vuoto: tette, tacchi alti,  mafia russa e fanciulle da trarre in salvo, che altro poteva reclamare l’industria dell’intrattenimento? Il fatto che quelle ragazze venissero da territori  che sulla cartina erano spazi vuoti, non faceva che aggiungere esotismo al loro potere di seduzione. Gli aggiornamenti sul legame tra mercato del sesso e crimine organizzato non fecero che aumentare l’eccitazione con qualche brivido per i rischi collegati.  Un nuovo selvaggio West.

Oggi nel mondo occidentale la donna dell’est ha trovato una sua sistemazione: come lavorante del sesso o, tristemente, come moglie per corrispondenza, simbolo di sfruttamento e disuguaglianza, icona di una moderna schiavitù. Quando anche tu accendi il televisore e senti quell’accento famigliare, la donna sullo schermo diventa una prostituta, una spogliarellista o una moglie per corrispondenza. È un ruolo cui non si assegnano molte battute, non servono. Basta l’accento per dire tutto delle origini di una data persona e del ruolo che occupa in un film o in un serial televisivo.

Melania, ora sei diventata l’incarnazione del sogno dell’Europa dell’est, ma nonostante il tuo ruolo di First Lady degli Stati Uniti d’America, non c’è stato l’”effetto Melania”, come ha sottolineato Vanity Fair. Nessuno si precipita ad acquistare i vestiti che indossi, per quanto ricercati possano essere. Non sei un’icona della moda. Non sei un idolo. E come potresti esserlo, dal momento che il tuo viso ispira hashtag per una vittima, roba che funziona per  una classica ragazza dell’est: #FreeMelania, #SadMelania, e #SaveMelania?

Una mia conoscente slovena mi dice che ha cominciato ad evitare le domande sul suo paese natale. Se racconta a un uomo da dove viene, allora si sente guardata in quel certo modo. Le sue origini etniche vanificano la sua professionalità e l’esperienza accumulata. Hanno un effetto riduttivo, degradante. La riducono a semplice oggetto sessuale. È l’effetto dell’etnicizzazione delle donne dell’est, ed è l’effetto che fai tu, cara Melania.

Non farai comprare vestiti alle donne, ma incarni il più grande risultato mai raggiunto nel mercato delle ragazze dell’est.

Foto Douliery Olivier/abaca

“Non sono una moglie bisbetica”, dici quando apri bocca. Per il resto taci e mandi giù gli apprezzamenti sessisti di tuo marito. Proprio come quel tipo di mogli che uno va a cercare all’est. Ragazze con un fisico da supermodelle, ma tirate su dalla nonna, come recita lo slogan di un’agenzia matrimoniale. Ogni nuovo articolo sulle umiliazioni che hai dovuto subire nel corso del tuo matrimonio porta altri clienti alle donne dell’est. E ogni clic sulla tastiera toglie la parola a una donna che ha subito dei torti.  Il tuo silenzio ha consolidato un certo sterotipo, facendo vendere altri viaggi per scapoli, richiamando altri utenti per le app di appuntamenti, per i servizi delle interpreti, e nuovi lettori per manuali che insegnano come non lasciarsi abbindolare.

Ecco perché il tuo silenzio non è una faccenda privata, ma ha riflessi sulla vita di tante altre donne, sulle loro possibilità, sui loro diritti e sulla loro capacità di difendersi. Hai dato il tuo volto a un intero settore lavorativo.

La considerazione pubblica per una donna dell’Europa dell’est può influenzare la maniera in cui saremo trattate, le possibilità che la vita ci offre. Comporta ansia e depressione, ci fa vergognare del nostro corpo. Dà un senso di inutilità, e provoca disturbi alimentari. Riduce la nostra umanità a un paio di tette e di gambe lunghe e induce insicurezza. Le donne con un passato di migranti fanno fatica a denunciare gli abusi e le violenze che hanno subito, perché non si fidano delle autorità locali e temono di non essere credute. La paura ha un suo fondamento, e le storie sulle ragazze dell’est non fanno che rafforzarla.

Sui media circola l’idea che siano loro a voler essere sottomesse, e che diventare oggetti arrechi loro piacere. Gli uomini che sono arrivati a preferire questo tipo di donne spiegano la loro scelta con la motivazione che le donne dell’est sarebbero più femminili di quelle occidentali. In quest’ottica il dovere di una donna sarebbe di procurare piacere all’uomo, e nello svolgere questo compito le donne realizzerebbero appieno la loro femminilità. La parte economica in questione non sembra costituire, per gli uomini, un problema. Quanto alle donne, sembrerebbe quella la loro missione.

In realtà i fatti dicono un’altra storia: tra i paesi dell’est corrono molte differenze. Quanto più un paese gode di benessere economico e di uguaglianza sociale al suo interno, tanto meno le donne ricorrono al mercato del sesso. Se davvero le donne sentissero il richiamo di quel mondo, lo sviluppo e la stabilità economica di un paese non dovrebbero influenzarle.

In fondo, il mercato del sesso è un traffico di esseri umani. Proviene da paesi in cui gli standard di vita sono bassi, la protezione sociale è debole, e la corruzione diffusa. Lì non mancano mai ragazze sul mercato, per propria scelta o per costrizione. Oggi le ragazze dell’est sono la merce più ricercata sul mercato a livello globale: sono a buon prezzo, e bianche.

Parecchie organizzazioni sono attivamente impegnate per rendere visibile la crudeltà del traffico di esseri umani e per aiutare le sue vittime. Si lavora per migliorare la legislazione e incrementare la parità di genere nell’Europa dell’est. Saremmo più che felici di darti il benvenuto nei gruppi che operano per difendere i diritti delle donne, se solo ti facessi valere come First Lady. Con un ruolo socialmente attivo, di una in grado di cambiare il mondo.

E allora saresti la nostra eroina.

(Traduzione dal finlandese di Nicola Rainò)

Un’immagine della sera di mercoledì 8 dicembre 2010 a Bruxelles, durante la cerimonia di assegnazione del Premio per il Libro Europeo a Roberto Saviano per il saggio “La bellezza e l’inferno” e a Sofi Oksanen per il romanzo “La purga” (ed. it. Guanda 2010). Il Premio seleziona ogni anno un saggio e un romanzo che esprimono una visione dell’Europa.

La Rondine – 16.10.2017