Francesco Dragoni (1983), giovane oftalmologo italiano che vive a Kuopio, ci ha parlato della sua esperienza professionale, della scelta di vivere in Finlandia, dei titoli e delle conoscenze necessari per trovare lavoro, di carriera e rapporti con istituzioni e pazienti. E ci ha fornito qualche informazione dall’interno su come funziona il sistema sanitario finlandese, di cui avevamo trattato in un precedente articolo.
Come sei arrivato in Finlandia?
Nel 2011, dopo aver conseguito la laurea e l’abilitazione in Italia ho deciso di fare la specializzazione all’estero. Fu soprattutto su consiglio di mio fratello, che vive a Copenhagen da molti anni. Anche se lavora in un’altra branca, è professore di informatica all’università, si trova molto bene e mi ha convinto di fare un’esperienza all’estero. Così ho iniziato a guardarmi intorno e in Finlandia c’era molta domanda, soprattutto di medici di base, e ho trovato subito un posto in un terveyskeskus (i centri comunali di assistenza sanitaria), dove come tutti i medici che praticano in Finlandia ho fatto 9 mesi di tirocinio come medico di base. La richiesta oggi è molto diminuita rispetto a sei-sette anni fa, e sempre più spesso si prendono persone direttamente dall’università. Credo che fra qualche anno finirà per esserci una saturazione di medici in Finlandia. Anche la tempistica si è allungata moltissimo: mi sono specializzato circa un anno fa e sono riuscito a fare la specializzazione in oftalmologia da straniero in sei anni, e la media è circa cinque anni e mezzo. Ora ci sono almeno un paio di anni di attesa per passare dal keskussairaala (l’ospedale centrale) all’ospedale universitario, quando l’ho fatto io non c’era attesa.
Dove hai lavorato?
Prima in un terveyskeskus vicino a Tampere, poi all’ospedale centrale di Joensuu nell’est del Paese, da specialista all’ospedale privato Tilkka a Helsinki e all’ospedale universitario di Kuopio. Recentemente hanno spostato i pazienti di Kuopio in questa clinica di Iisalmi e mi hanno chiesto di trasferirmici.
Così ora lavoro quattro giorni a settimana a Iisalmi, una cittadina della Finlandia centrale di circa 23 mila abitanti, ma vivo a Kuopio, e un giorno a settimana faccio ricerca all’ospedale universitario dove sto facendo un PhD. Poi lavoro in quello che chiamo “privato privato” facendo delle visite per Silmäasema.
In che senso “privato privato”?
Perché sono in un ambito un po’ strano: lavoro da medico privato anche se in realtà pratico nell’ospedale pubblico di Iisalmi. Quello che forse non tutti sanno o vedono è che la sanità finlandese si sta sempre più privatizzando, un processo che è iniziato pian piano ma diventerà più evidente con la riforma sanitaria che dovrebbe entrare in vigore dall’anno prossimo. Ci sono degli ospedali, soprattutto piccoli, dove una singola branca o addirittura l’intero ospedale vengono affidati in gestione a compagnie private. Quindi il servizio viene ancora svolto nell’ospedale pubblico ma chi fornisce il servizio non è più lo Stato ma una compagnia privata cui lo Stato appalta il servizio. Ad esempio a Iisalmi al momento solo il reparto di oftalmologia è affidato a Coronaria, compagnia di cui io sono dipendente, ma giusto ora sta cambiando l’appalto ed è in corso un bando per gestire l’intero ospedale, almeno tutta la parte specialistica.
Qual è il tuo punto di vista, e quello che hai sentito dai tuoi colleghi, su questo cambiamento verso la privatizzazione?
Ci sono dei più e dei meno. L’idea generale è che i costi per lo Stato aumentino, se non subito di certo nei prossimi anni, perché le compagnie private devono trarci un profitto. Poi la riforma è molto complessa ed è difficile orientarsi, anche per chi come me ne è dentro. Soprattutto in oftalmologia dove ci sono parecchie compagnie in competizione per comprare questi servizi dallo Stato: Coronaria, Instrumentarium, Silmäasema, Terveystalo, Mehiläinen. Per esempio altre branche, come gastroenterologia, ci sono meno privati.
Che impatto ha la privatizzazione sul lavoro di tutti i giorni?
Il lavoro in sé è sempre quello, ma in una clinica privata c’è un ritmo di lavoro maggiore rispetto a un ospedale pubblico. E io ora lavoro con un ritmo da privato con pazienti del settore pubblico, il che significa quasi il doppio di visite giornaliere. Se io da privato vedo 20 pazienti, ne avrei visti solo 13 nel pubblico.
Qual è il motivo dietro questa differenza di ritmo lavorativo?
È in parte una questione di organizzazione e incentivi a lavorare di più. Ma c’è anche da dire che nel settore pubblico c’è spesso una casistica più complessa, come negli ospedali universitari, che richiede più tempo. In un ospedale periferico quando un caso è difficile viene mandato all’ospedale universitario, ed è impossibile che i due ospedali abbiamo lo stesso ritmo. Forse per un politico che guarda solo le statistiche senza capirne la differenza può sembrare inefficienza, ma non tutti i posti sono uguali, non tutti i posti possono lavorare con lo stesso ritmo. Il ritmo di un ospedale universitario non può essere lo stesso che ho io a Iisalmi in un piccolo nosocomio periferico. All’ospedale universitario non lavorano di meno: hanno un lavoro diverso ed è importante che continuino a fare un lavoro diverso.
Dal punto di visto di un paziente cosa ha cambiato questa privatizzazione?
Da quello che ho visto può aumentare il livello di trattamento in generale. C’è una tendenza ad avere una maggiore accuratezza e precisione dal punto di vista diagnostico. Però come detto prima è difficile capire cosa comporterà questa riforma sanitaria dal punto di vista pratico, anche chiedendo agli stessi finlandesi non si ottengono risposte chiare.
Come potrebbe migliorare la diagnostica?
Nel pubblico si tende a trattare solo casi veramente gravi, e c’è molto l’ottica del risparmio. Bisogna fare un distinguo tra quello che succede a Helsinki e quello che succede nel resto della Finlandia, dove c’è una differenza di accuratezza diagnostica, anche se poi alla fine dei conti il trattamento e la cura è lo stesso ovunque.
Che differenze hai trovato tra l’Italia e la Finlandia?
Qui c’è una medicina più pratica, pragmatica. in Italia si tende a trattare anche piccole cose, invece qui si aspetta e si tratta solo quando c’è qualcosa di veramente evidente. La prima cosa che però balza all’occhio venendo in Finlandia dall’Italia è che qui c’è un personale estremamente giovane. In un ospedale italiano l’età media dei medici in un ospedale è over 55, qui quando è 40 inizia a essere alta. Da un lato c’è gente estremamente attiva, dall’altro a volte si soffre la mancanza di esperienza.
Ma in Finlandia i medici più anziani dove vanno?
All’inizio era un po’ un mistero. Ma qui la gente si accontenta e lascia spazio ai giovani. In Italia hai il professore di 65 anni che ancora lavora dalla mattina alla sera, che fa privato, che ha stipendi esorbitanti. Questo perché in Italia si fa carriera estremamente tardi, e la gente che ha combattuto tutta la vita per arrivare fa una fatica immane a mollare. Qui la gente è arrivata molto prima, anche perché l’ingresso al lavoro è più rapido, ad esempio non bisogna aspettare l’abilitazione che in Italia può durare fino a un anno. Poi qui inizi a guadagnare bene molto prima, già all’inizio quando sei al terveyskekus gli stipendi possono essere il doppio di quelli italiani, e quindi capisco anche un finlandese che dopo trent’anni di lavoro inizia a volere più tempo libero e lascia lo spazio ai giovani. Questa è una cosa positiva, ed è impensabile per molta gente in Italia, dove molli solo quando muori. Io vedo dei professori italiani che fanno fatica ad andare in pensione a 70 anni, perché non vogliono mollare la posizione di potere che hanno raggiunto.
Ci sono altre differenze?
In Italia i medici di base hanno anni e anni di esperienza, sono persone che fanno solo i medici di famiglia. Mentre in Finlandia come medici di base al terveyskeskus trovi studenti al quarto e quinto anno di università che fanno il tirocinio obbligatorio e magari della medicina di base non gliene importa niente perché sono in attesa di specializzarsi per esempio in neurochirurgia.
Quindi chi sta in prima linea, soprattutto i medici al terveyskeskus ma anche quelli al pronto soccorso, hanno spesso un’esperienza relativa. Quindi se tu hai bisogno di una diagnosi accurata o hai un problema particolare, quasi certamente non troverai una risposta risolutiva nella medicina di primo livello. Forse in questi casi conviene rivolgersi a un medico specialista privato che poi ti invierà in un ospedale universitario, anche se avere una lähete (impegnativa) per un ospedale centrale o universitario non è sempre facile.
Passato questo, il livello è alto, soprattutto a Helsinki, dove hanno molti fondi e competenza. Ad esempio qui a Kuopio, come in altre città della Finlandia, la situazione è un po’ diversa. Questo non significa che il livello di trattamento sia inferiore, c’è da fare un distinguo da clinica a clinica, ma forse qualche controllino di meno lo si fa. Questa è una cosa risaputa, non so se ufficialmente o meno, ma è anche normale. Pensa ad esempio in Italia alla differenza che ci può essere fra il S.Raffaele di Milano e un piccolo ospedale in Calabria.
Hai detto di essere arrivato qui senza parlare la lingua, si può lavorare come medici senza parlare finlandese?
La conditio sine qua non per lavorare nel sistema sanitario è parlare la lingua. Quando sono arrivato era possibile essere assunti direttamente da un primario, che ti faceva un colloquio e in base alle esigenze del posto e alla sua valutazione della tua padronanza della lingua decideva se eri idoneo o meno a iniziare a lavorare al terveyskeskus. Questo era particolarmente vantaggioso perché potevi iniziare a lavorare presto, io ho fatto circa sei mesi di corso superintensivo con insegnante finlandese, poi direttamente il colloquio col primario, che ho passato. Per lavorare in un ospedale bisogna comunque passare un esame ufficiale di lingua, e io lo ho fatto dopo qualche mese che avevo cominciato a lavorare come medico di base.
Questo non è più possibile farlo, ora è necessario passare l’esame di lingua prima di cominciare a lavorare.
Che livello di conoscenza della lingua è richiesto?
Il livello minimo è B (nella scala CEFR). Ho sentito che da in certi ospedali o specializzazioni richiedono un livello B2 o C, ma non ne ho esperienza diretta.
Ci sono differenze nei modi in cui ci si relaziona al paziente fra Italia e Finlandia?
Ci sono differenze abissali. I pazienti finlandesi in genere sono estremamente cortesi, sia nella grande città che nel piccolo paese. È vero anche che in clinica oculistica abbiamo in gran parte pazienti anziani, quindi gente che non ha fretta anche se sono comunque abituati a una comunicazione molto rapida. Io da italiano tendo a parlare un po’ di più, pur lavorando velocemente, e ho un modo più empatico di relazionarmi col paziente che viene apprezzato. I medici finlandesi sono per carattere e formazione più chiusi, e tendono a una comunicazione estremamente diretta.
Ci sono differenze anche nel modo in cui un paziente accetta la diagnosi, in Italia se comunichi a un paziente che ha perso la vista e questa non è recuperabile si hanno spesso reazioni drammatiche, mentre in Finlandia la malattia viene accettata molto meglio. Almeno questo è quello che il paziente mostra nei confronti del medico. Io ho sempre visto reazioni molto moderate, i pazienti italiani richiedono più tempo soprattutto per gestire il punto di vista emotivo.
Grazie per il tuo tempo e per questa intervista!
Grazie a voi e al lavoro che fate alla Rondine, in Finlandia non è comune vedere dei volontari che fanno cose gratuitamente come voi.
La Rondine – 11.11.2017