La minestra la mangiamo domani, questa sera cotolette: il paesaggio suomico di Fwora Jorgensen tra Kaurismäki e Seinäjoki

Il disco di Fwora Jorgensen, alter ego di Mirco Mariani, collaboratore fra gli altri di Vinicio Capossela, Saluti da Saturno e EXtraliscio, comincia con il suono del vento, un vento forte, che spettina i capelli e che anticipa di qualche secondo l’ingresso delle tastiere che, come un vecchio carillon, accompagnano la voce di Mauro Ermanno Giovanardi dei La Crus.

Fwora ha fatto un disco fuori moda, che potrebbe essere stato prodotto in qualche studio radiofonico degli anni sessanta, anche se al posto dell’orchestra della RAI, troviamo i sintetizzatori e le pianole vintage a tessere gli arrangiamenti: “ho usato solo batterie elettroniche che iniziano e finiscono senza nessuna variazione e rappresentano il paesaggio, tutte le parti strumentali le ho affidate a synth primordiali come l’ondioline, il solovox, la clavioline e il pianomate, che ben rappresentano il vento gelido. I dialoghi sono gli arrangiamenti, incentrati sulla sottrazione e non sulla sovrapposizione. I testi sono visioni accennate, che danno l’idea del non finito”.

Fwora ci racconta di essersi ispirato alla Finlandia per questo disco: “le canzoni nascono dalle atmosfere, dai colori, dai dialoghi del cinema di Kaurismäki, dove il silenzio racconta più delle parole. Questa è stata la trama che ho seguito per registrare il disco. Inizialmente volevo un cantante per ogni canzone, un cast di personaggi, alla fine ne ho selezionati solo alcuni. Kaurismäki è il cinema dove mi piacerebbe vivere, spettinato e fuori moda dove c’è sempre una barista non più giovane che ti accoglie e ti ascolta, fantastiche orchestrine improbabili, l’ironia e la grazia di riconoscersi fragili ma determinati. Un cinema che esalta il grande fascino degli ultimi”.

Improvvisamente nel disco irrompe addirittura un tango: ‘All’ombra del gabbiano’ si apre con una batteria elettronica che in maniera minimale indica il ritmo cadenzato e la voce di Fiorenzo Tassinari ci parla di gabbiani, notti buie e di una misteriosa lei. L’arrangiamento del pezzo più che a una tangueria di Río de Plata, ci trascina controvoglia in una stazione di servizio ABC appena fuori Seinäjoki, dove un taxista esausto sfoglia Iltasanomat bevendo caffè nero in una tazza di carta. Fwora dice che “mi affascina la cadenza appoggiata, che mi fa pensare a una musica da ballo per ballerini seduti. Preferisco il tango finlandese a quello argentino perché è meno invadente e più dimesso e si avvicina di più all’atmosfera delle musiche da ballo e della balera romagnola”, come dargli torto?

Oltre a Giovanardi e Tassinari, i cantanti ospiti sono Francesco Bianconi dei Baustelle, Mitchell Froom, Massimo Simonini e Gilda Mariani. Le canzoni spaziano nell’immaginario degli anni sessanta e quello dei settanta; ci si ritrova a viaggiare tra Tenco e i Kraftwerk, Sanremo e l’Eurovision, gli autogrill e le Autobahn, la Romagna e il Baltico.

Fwora è stato in Finlandia anni fa e ritiene il Paese “una terra lontana e onirica… Un paese per me nuovo, fonte di grande ispirazione. Mi ha lasciato un mondo immaginario coltivato a lungo nella mia fantasia. Vorrei tornarci molto presto”. Magari l’anno prossimo a una nuova edizione del Little Italy Festival? O direttamente al Flow Festival? O a Seinäjoki ai Tangomarkkinat?
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Giacomo Bottà
Accademico specializzato in studi urbani con una passione per la musica, ha lasciato la natia Valtellina per la Germania, solo per ritrovarsi a Helsinki.