Il mondo sta letteralmente andando in visibilio per la proclamazione in Finlandia di una giovane donna primo ministro. I titoli dei quotidiani recitano il medesimo copione: “E’ stata eletta la donna premier più giovane al mondo” e alcuni si spingono alle origini della sua famiglia composta da due madri, col sottinteso forse che sia un risultato straordinario essere riuscita ad arrivare ai più alti vertici dello stato senza una figura paterna.
La generalizzazione su queste tematiche è uno dei campi minati più difficile per un giornalista, ma i nostri conterranei hanno voluto cavalcare l’onda di un’immagine di successo di un governo formato prevalentemente di giovani donne al potere. Il passo dall’eleggere una donna premier ad aver risolto tutti i problemi sulla parità di genere è breve sulla carta e a cascarci è stata ad esempio la giornalista del Fatto Quotidiano quando cita ” Potere alle donne. Gli uomini a casa a cambiare pannolini e svuotare la lavatrice. Uguaglianza di genere e parità di diritti che nei paesi più a Nord dell’Europa (Islanda, Norvegia, Svezia e Danimarca) sono una realtà. E mentre da noi (e non solo) si discute come la disuguaglianza di genere sia una delle concause della violenza sulle donne …”
A chi si intenda di comunicazione basta dare un rapido sguardo alle campagne sociali finlandesi per capire che stanno facendo un ottimo lavoro di promozione dentro e fuori i confini nazionali su un argomento tanto delicato: un esempio è l’ultima campagna “This Is Hän” per le pari opportunità. Hän è il pronome personale di terza persona che, e a differenza di molte altre lingue, in finlandese è neutro. I pubblicitari finlandesi non hanno quindi dovuto cercare molto per trovare un elemento linguistico che pubblicizzasse la parità di genere e su cui creare una roboante campagna.
Un altro aspetto molto importante è che i Finlandesi hanno una fiducia cieca nello stato. Incarnano ciò che il noto filosofo tedesco Jürgen Habermas indicò come “patriottismo costituzionale”, ossia l’identificazione collettiva su valori e norme alla base del sistema politico. Sebbene spinti da un forte individualismo nella vita familiare credono fortemente di fare parte di una comunità amministrata da uno Stato per lo più giusto. Da italiani è un argomento difficile da comprendere appieno in quanto abituati alle tante sfaccettature del nostro sistema e storicamente avvezzi a doversi “difendere” da uno Stato che spesso chiedeva molto più di quello che era disposto a dare. Se lo stato finlandese promuove una campagna sulla parità di genere partendo dall’assunto che questa sia stata raggiunta, i cittadini non la metteranno assolutamente in dubbio e anzi ne faranno motivo di orgoglio.
Un altro sociologo, Benedict Anderson, che si occupa di nazionalismi, ha sostenuto che le nazioni sono altro che comunità immaginate. Sono immaginate perché i cittadini non si conoscono davvero, eppure nella mente di ognuno vive l’immagine del loro essere comunità. Ciò che distingue diverse comunità risiede nello “stile in cui sono immaginate”. La Finlandia in questo momento storico si sta immaginando come un paese all’avanguardia perché guidato da donne e giovani e lo sta ripetendo al mondo.
Ma, e c’è sempre un ma, la Finlandia è una terra senza le tante sfumature cui noi siamo avvezzi: le persone e la natura non conoscono le infinite vie di mezzo del Belpaese. E se da una parte i finlandesi di adoperano per promuove la loro immagine di paese socialmente giusto che vuole essere un limpido modello per molti altri paesi, ci sono dati che collidono con tanto candore e anzi segnalano più di una macchia opaca: un recente studio europeo ha individuato la Finlandia come il secondo paese più violento contro le donne.
Non è tutto. Alcuni dati ancora più allarmanti contenuti nello stesso studio riportano che la Finlandia è il paese in cui le donne sono meno coscienti del problema della frequenza della violenza fisica verso altre donne sebbene, e qui nasce l’ossimoro, la stessa Finlandia sia il primo paese in Europa in cui le donne sono a diretta conoscenza di casi di violenza verso altre donne perpetrati dai loro partner. Parlando sempre di campagne pubblicitarie salta all’occhio che le donne finlandesi sono, quasi ironicamente, le ultime in Europa ad essere esposte a campagne di informazione per metterle in guardia contro il fenomeno della violenza di genere. La violenza verso i bambini è un dato altrettanto allarmante a cui varrebbe la pena dedicare un ragionamento a parte legato anche al sistema scolastico di cui abbiamo recentemente parlato qui.
Detto in maniera più semplice, tutti sanno della violenza nei confronti delle donne ma ben pochi ne parlano. Si coltiva forse la speranza che la violenza domestica verso le donne sia un dato momentaneo destinato ad esaurirsi? O si spera che a questo contribuisca l’elezione a premier della giovanissima, bellissima, mammissima e donnissima Sanna Marin?
Secondo il Gender Equality Barometer 2017 pubblicato dal Ministero degli Affari Sociale a dicembre dello scorso anno c’è un costante miglioramento sulla percezione della parità di genere in Finlandia, sebbene non sia ancora un fenomeno sociale lungi dall’essere raggiunto. Leggendo il rapporto è però impossibile non notare che più della metà delle donne sotto i 35 anni ha subito una forma di violenza o abuso sessuale nei precedenti due anni.
Volendo fare le pulci, si possono trovare diversi indicatori di residui di una mentalità patriarcale, come il cambiamento dei cognomi: ancora oggi nel 70% delle coppie sposate è la donna che cambia il proprio cognome adottando quello del marito. Sono solo il 28% le donne che decidono di mantenere il proprio cognome da nubile mentre appena il 2% dei mariti decide di prendere il cognome dalla moglie (dati di Yle). Fenomeno poco comprensibile se si tiene conto della percentuale dei divorzi e la possibilità di poter mantenere il cognome dell’ex marito: le storie dei cognomi familiari con figli di secondo o terzo letto sono degni di un poema nazionale a parte in cui le telenovela sudamericane non hanno niente da invidiare quanto a trama.
Quanto a Sanna Marin, riteniamo che in questo momento sia, forse suo malgrado, una specie di testimonial nazionale a favore dell’uguaglianza di genere. Una campagna che abbiamo visto essere fino ad oggi poco realistica. Le auguriamo quindi per il suo mandato di non limitarsi ad essere una testimonal utopica, ma di impegnarsi ad affrontare certi temi scomodi, come la violenza domestica contro donne e bambini, che non sono estranei alla vita del suo Paese.