In questo periodo di pandemie virali e mediatiche, la Svezia è sempre stata nell’occhio del ciclone per la sua politica di gestione della pandemia. Il governo, consigliato dall’epidemiologo di stato Anders Tegnell, e dalla sua ombra Johan Giesecke, ha insistito nel trattare questa malattia come tale, appunto come una malattia, invece che come una crisi sociale che comporta la distruzione dei nostri valori e la limitazione delle libertà. Gli svedesi hanno lasciato che il virus circolasse in maniera controllata, investendo nelle strutture sanitarie per far sì che non si sovraccaricassero, e cercando di proteggere le categorie più deboli, intento in cui hanno fallito all’inizio della pandemia ma in cui sono riusciti molto meglio da aprile in poi.
Unico paese europeo insieme alla Bielorussia a non aver mai chiuso le scuole, gli svedesi si sono distinti anche per una caratteristica: non hanno mai cambiato le regole. Le altre nazioni, dopo le solerti chiusure, si sono incartate, chi più chi meno, nelle riaperture: l’Italia (tra le altre cose) sulla scuola, la Finlandia sui confini e sul turismo (argomento di recente discussione, molto animata, a cui ha contribuito anche il vostro frontaliero in una intervista rilasciata a YLE (mi trovate al minuto 1:45:30).
La Svezia, al contrario di pressoché tutti gli altri paesi, ha mantenuto le stesse restrizioni e raccomandazioni da marzo. Ben poca roba rispetto agli arresti domiciliari italiani, direbbe qualcuno. Vero, ma quelle più severe (divieto di eventi con più di 50 persone, divieto di visita alle case di riposo) sono parecchio pesanti per un paese abituato a sommarfestivalet e ad eventi tra famiglie allargate. L’idea era proprio quella di introdurre restrizioni che avrebbero potuto essere mantenute a lungo, e apparentemente ci sono riusciti.
Alla fine l’approccio si è dimostrato vincente. Mentre gli altri paesi sono, in misura diversa, alle prese con una seconda ondata di contagi e con le conseguenti chiusure, la Svezia ha visto i suoi numeri diminuire costantemente da fine giugno in poi, fino ad essere, negli ultimi 14 giorni, uno dei paesi con meno contagi in Europa (calcolati in rapporto alla popolazione).
Ma la Finlandia da questo orecchio non ci sente, e continua nella sua politica di prevenzione del rischio a tutti i costi.
Ne hanno fatto le spese gli atleti della federazione svedese di atletica leggera, che al fine di partecipare al classico meeting Finlandia-Svezia, che quest’anno si è svolto il 5 e 6 settembre a Tampere, hanno dovuto organizzare voli charter per far rientrare i propri atleti a Stoccolma per pernottare. Il governo finlandese, infatti, non ha autorizzato il soggiorno in albergo per la squadra svedese.
Quindi gli atleti che hanno preso parte a competizioni in entrambi i giorni hanno dovuto tornare a Stoccolma con il volo, per poi volare di nuovo la mattina successiva.
Ancora peggio è andata all’atleta somalo-svedese, il ventiduenne Suldan Hassan, una delle stelle più promettenti della federazione delle Tre Corone, che il 29 agosto scorso aveva sfiorato il record svedese dei 5000 metri pianidi Anders Gärderud, che dura ormai da più di 40 anni.
Orbene, nei giorni che sono intercorsi tra questa prestazione e il meeting finlandese, Hassan è risultato positivo al Coronavirus (i suoi risultati sportivi fanno presumere che non avesse sintomi di rilievo). Ma non c’è stato niente da fare: i finlandesi non hanno consentito l’ingresso dell’atleta, che avrebbe dovuto competere sui 1500 metri piani.
A nulla sono valse le rimostranze del medico della squadra svedese Sverker Nilsson e della allenatrice Karin Torneklint: Hassan ha dovuto restare in Svezia, anche se questo non ha evitato una sconfitta storica nel punteggio finale per la Finlandia.
Nel tentativo di ammorbidire le rigide misure restrittive finlandesi, Nilsson, durante un’intervista alla televisione SVT, aveva detto che per contagiare qualcuno Hassan dovrebbe baciarlo in bocca, e non avendo lui nessun sintomo non ci sono pericoli per nessuno. Rispettando i loro protocolli (che, va detto, sono condivisi dalla maggior parte delle federzioni sportive internazionali) i finlandesi hanno mantenuto il loro “nyet”, e Hassan è rimasto a Stoccolma.
Potrà però partecipare al meeting di Ostrava della prossima settimana, perché nel frattempo si è negativizzato. Anche quest’ultima cosa non ha smosso i finnici, che si sono attenuti al protocollo che prevedeva l’esito negativo del tampone effettuato tre giorni prima del meeting.
Ma il riassunto migliore lo ha fatto la stessa Torneklint, dicendo che “il modo in cui noi in Svezia viviamo il Covid è molto diverso da quello della Finlandia: molti di noi hanno già avuto il virus, e per noi non è nulla di strano: non lo percepiamo come un pericolo perché è innocuo per la maggior parte delle persone. Ma per i finlandesi è diverso: forse nessuno degli atleti che partecipano al meeting lo ha avuto, e hanno tutti molta più paura di noi. “
Quest’ultima frase rappresenta benissimo ciò che vediamo ogni giorno noi frontalieri. A noi resta il sospetto: che anche in questa circostanza abbia ragione la Svezia?
(Per le foto utilizzate siamo pronti a far fronte alle richieste per i diritti)