140 anni di Uno Harva, massimo etnologo finlandese

Prossima l'edizione italiana del suo saggio dedicato all'"Albero della vita"

Il 30 agosto ricorrono i 140 anni dalla nascita di Uno Holmberg Harva (1882-1949), «il più eccellente etnologo» finlandese, come lo definì il linguista e rettore dell’Università di Helsinki Paavo Ravila (1902-1974), ottimo conoscitore e arguto interprete delle primitive religioni dei popoli ugrofinnici e altaici. Dopo una breve carriera ecclesiastica, intrapresa più per volontà paterna che per vocazione, Harva fece ritorno all’università, da lui lasciata dopo la laurea conseguita nel 1906, per dedicarsi a una disciplina, la scienza delle religioni, che nella Finlandia di allora non godeva di uno status accademico autonomo.

Fu iniziato allo studio della lirica baltofinnica da personalità quali lo studioso di poesia popolare Kaarle Krohn (1863-1933), guida e collega, di cui condivise i capisaldi della sua scuola storico-geografica. Innumerevoli sono i saggi e gli articoli che egli dedicò a svariate tematiche kalevaliane, tra cui figurano gli häärunot (“carmi nuziali”) e l’enigmatico sampo (Sammon ryöstö, 1943).

Dal 1911 al 1927 condusse una serie di viaggi tra i popoli oggetto delle sue ricerche, nel 1911 tra gli udmurti, nel 1913 tra i mari, nel 1917 tra gli evenki e i ket, tra il 1926 e il 1927 tra i sami Skolt, raccogliendo materiale etnografico il cui scopo non era studiare la lingua, bensì le loro tradizioni religiose. Frutto di questo affascinante e stimolante periodo di lavoro sul campo fu il celebre saggio sul simbolismo dell’albero della vita, Elämänpuu (1920), che diede avvio a una nuova disciplina, la quale si sarebbe affermata nel corso degli anni Trenta con il nome di fenomenologia religiosa. Elämänpuu contiene sette microstudi relativi alla concezione del mondo dell’era premoderna e segna la conclusione della prima fase della carriera scientifica di Uno Harva. Il suo obiettivo era quello di illustrare le credenze codificate nei miti, i quali lasciavano trasparire una concezione del mondo antecedente la rivoluzione copernicana. Secondo la disamina di Harva, anche la cosmologia della chiesa cattolica affondava le radici nell’immagine del mondo mitica dei tempi antichi e componendo quest’opera auspicava che l’arcaica concezione del mondo non cadesse nell’oblio.

Questo saggio ebbe grande impatto sul panorama scientifico europeo, grazie agli sforzi di Harva nel pubblicarne una versione rivista e ampliata nel 1922 in lingua tedesca (Der Baum des Lebens), la quale offre al lettore un capitolo inedito dedicato alla kamlenie sciamanica, assente nella precedente edizione finlandese. Le sue analisi dell’albero della vita (elämänpuu), del pilastro cosmico (maailmanpatsas), del monte cosmico ubicato in posizione centrale (maailman keskusvuori), delle dee madri (äitijumalattaret) e dell’albero sciamanico, come pure del tamburo e del costume, nonché le sue ipotesi relative all’attualizzazione dei miti all’interno dei rituali eseguiti presso i luoghi sacri, costituirono una significativa conquista metodologica quando furono dati alle stampe.

Dopo la pubblicazione dell’edizione tedesca Harva divenne un modello per i ricercatori che nei loro lavori sintetizzarono mitologia comparata e scienza delle religioni, quali il filologo e storico delle religioni Jan de Vries (1890-1964) e Mircea Eliade (1907-1986). È interessante notare quanto la pubblicazione di Eliade Il sacro e il profano (1957) si basi sull’opera di Harva, in particolare per quanto concerne le sezioni dedicate al centro del cosmo e al simbolo dell’axis mundi. La più recente ristampa di Der baum des Lebens risale al 1996; le vendite sono state in qualche modo favorite grazie all’aggiunta del sottotitolo Göttinen und Baumkult (“Dee e culto arboreo”) che ha attirato il pubblico di appassionati di mitologia del giorno d’oggi, alludendo al culto arboreo e della dea madre.

Vocifuoriscena sta ultimando l’edizione italiana di Elämänpuu che incorpora anche le sezioni presenti soltanto nella versione tedesca, opportunamente segnalate, proponendo così a studiosi e appassionati italiani ambedue i saggi in un unico volume, per apprezzare al meglio il contenuto, nonché l’evoluzione dell’approccio interpretativo di Uno Harva. L’editore auspica che sia la seconda di una lunga serie di traduzioni in lingua italiana delle celebri monografie di Uno Harva dedicate alle religioni e ai culti dei popoli ugrofinnici e siberiani, che costituiscono il punto focale della sua carriera. Si pensi, per esempio, alla Finno-ugric and Siberian Mythology, pubblicata nella serie The mythology of all races curata da John Arnott Mac Culloch, e a quello che è ritenuto il suo principale lavoro Altain suvun uskonto (“La religione dei popoli altaici”, 1933; ed. tedesca ampliata Die religiösen Vorstellungen der altaischen Völker, 1935); tra tutte le sue opere quest’ultima è quella che fornisce una migliore idea della personalità di ricercatore di Harva.

Harva fu un ricercatore ad ampio raggio. In quanto storico delle religioni, folclorista ed etnologo, egli si concentrò principalmente sui costumi popolari, nonché sulle tradizioni religiose e le credenze che ne stavano alla base. Harva superò abilmente i confini che separavano tra loro diverse discipline. Il suo tratto peculiare era trattare in maniera diacritica la vita sociale delle culture popolari e i loro tratti costitutivi. Era interessato alle culture tradizionali dei popoli di origine ugrofinnica, al rapporto tra l’individuo e la società, alla condizione femminile, alle usanze matrimoniali e ai rapporti di parentela e all’influenza esercitata dalle tradizioni religiose sullo sviluppo della società. Nella sua disamina della società, Harva ha posto particolare attenzione alle questioni morali. Nelle sue lezioni tenute dopo il termine delle seconda guerra mondiale, Harva si è approcciato alla morale sociale anche nel contesto della società moderna. Harva non era ritenuto politicamente schierato, ma piuttosto un liberale. In giovane età aveva partecipato al nuorsuomalainen puolue (“partito della giovane Finlandia”), avvicinandosi successivamente ai socialdemocratici.

Nel dopoguerra la sua adesione alla Suomi-Neuvostoliitto-seura (“Associazione di Finlandia e Unione Sovietica”) attirò una certa attenzione da parte dell’Università di Turku. La letterata e professoressa di lettere all’Università di Turku Kerttu Kirsti Saaranheimo (1922-2011) dichiarò in un’intervista che Harva avrebbe agito in tal modo per favorire lo studio dei popoli ugrofinnici e per creare più rapidamente relazioni culturali. In quattro decenni Harva scrisse un considerevole numero di opere etnografiche che al giorno d’oggi rientrano tra i classici della letteratura etnografica e della storia delle religioni: Permalaisten uskonto (“La religione dei permiani”, 1914), Tseremissien uskonto (“La religione dei ceremissi”, 1914), Lappalaisten uskonto (“La religione dei sámi”, 1915) e Mordvalaisten muinaisusko (“L’antica religione dei mordvini”, 1942). Oltre al Sammon ryöstö, 1943, oggi in edizione italiana, Il furto del sampo, 2021)

Quale importanza può rivestire una nuova riedizione dell’opera di Harva per un lettore moderno? Egli mette in risalto le varie raffigurazioni e concezioni di albero della vita e dell’axis mundi, ma allo stesso tempo permette di affrontare questioni attuali, quali il riscaldamento globale e l’inquinamento adottando una prospettiva storica. Ciò che spinge le persone delle più svariate culture a fare arte, comporre musica, scrivere libri è proprio questa concezione mitologica comune che funge da sostrato a cui attingere per soddisfare il nostro bisogno quotidiano di creatività. I problemi che minacciano la vita delle future generazioni potrebbero essere in qualche modo attutiti dalla comprensione del pensiero mitologico o per lo meno approcciandosi ad esso in maniera costruttiva e con una prospettiva di rielaborazione interiore finalizzata alla crescita e allo sviluppo di un pensiero personale autonomo e con radici fonde e solide, come quelle dell’albero della vita di cui tratta il nostro autore. Uno Harva guida il lettore moderno nella comprensione della concezione mitologica dei tempi andati, invitandoci allo stesso tempo a riflettere sul modo in cui conoscenza e mito si intrecciano nelle concezioni del presente.

(Foto del titolo: Yle Kuvapalvelu. Per le immagini utilizzate, siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)