L’assemblea pubblica generale di Confindustria, l’associazione che riunisce la gran parte delle imprese italiane, si è tenuta, il 12 settembre scorso, per la prima volta, in una sede insolita, nell’Aula Paolo VI del Città del Vaticano: in effetti in territorio non italiano. L’unicità dell’evento è stata contrassegnata anche dal fatto che lo stesso Papa Francesco è intervenuto, dopo il discorso del presidente Paolo Bonomi, e quasi in dialogo con lui e con l’imprenditoria tutta.
“In questa nostra Italia, avvertiamo, oggi più che mai, il dovere di offrire il nostro contributo centrato sulla definizione condivisa di un lavoro degno. Radicato nella dignità originaria di ogni donna e uomo, insopprimibile e indisponibile a qualunque potere o ideologia. Se ci si dimentica questo fondamento, le leggi dell’economia tradiscono il loro più intimo significato e valore”. Questo uno dei passaggi più significativi dell’intervento del Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, di fronte a oltre 5000 imprenditori che, insieme alle loro famiglie, erano presenti oggi in Aula Nervi per l’Udienza del Santo Padre all’Assemblea degli industriali.
Un “evento straordinario. Una decisione assunta mesi fa, quando non avremmo immaginato che si sarebbe tenuto a pochi giorni dalle elezioni politiche”, ha detto Bonomi, ricordando le priorità per gli imprenditori e ribadendo al tempo stesso gli impegni che il sistema di imprese è pronto ad assumersi nei confronti del Paese.
Il filo rosso della relazione di Bonomi è rappresentato dal lavoro, un lavoro che deve avere però una sua dignità sociale ed economica e che possa essere svolto in condizioni di sicurezza. Bonomi ha quindi richiamato l’attenzione sull’importanza dei lavoratori ultra-sessantenni, la cui dignità “non si tutela con il prepensionamento, ma continuando a offrirgli mansioni coerenti all’esperienza che ha maturato e che può attivamente trasferire”, ha scandito invocando lo stop ad una nuova stagione di prepensionamenti, puntando piuttosto su politiche attive per il lavoro. Bonomi ha trattato i tempi più impellenti sullo sfondo della società italiana e i contributi e le proposte di Confindustria per la loro gestione, in primis la grave crisi energetica che rischia di mettere in ginocchio l’intero tessuto produttivo del Paese. Bene, quindi, il tetto al prezzo del gas su cui si sta faticosamente trattando a livello europeo, anche se la misura rischia di non essere decisiva. “Il problema non è solo l’energia, c’è anche il caro materie prime e finora non stiamo intervenendo con interventi strutturali ma solo congiunturali”, ha affermato Bonomi. Più in generale, secondo il Presidente, è l’intero Paese a dover cambiare passo, a cominciare dalla classe politica i cui orizzonti sembrano sempre “più corti e schiacciati su false priorità”, mentre si avverte “più che mai la necessità di progetti di lungo termine, come unica via per dare risposta ai drammatici problemi della società italiana”, ha aggiunto. “Sogniamo un Paese unito. Dal Covid alla guerra in Ucraina, in ognuna di queste terribili prove, in cui sono state, e restano, a rischio le imprese e centinaia di migliaia di posti di lavoro, il faro che ci ha guidato è sempre stato quello di pensare prioritariamente a come difendere – tutti insieme – il lavoro, la crescita e la coesione sociale dell’intero Paese”, ha detto Bonomi ricordando l’importanza delle imprese nelle fasi di crisi e rivolgendo un ringraziamento a tutto il Sistema Confindustria per aver dimostrato di essere una delle forze essenziali che reggono l’Italia nel mondo. è’ questo il grande patrimonio collettivo, che grazie all’impegno di tutti, offriamo all’Italia”. Non ha dimenticato le problematiche dell’inserimento dei giovani nel lavoro ed ha parlato di “un Paese smarrito, diviso, ingiusto” nel quale “c’è bisogno di “valori e di una visione che sappia guardare lontano ed in profondità”.
A sua volta, il Papa ha esortato gli imprenditori ad avere attenzione ai risvolti etici e sociali e non solo finanziari delle loro attività, con una particolare sottolineatura per giovani, donne e migranti. “Un’altra via di condivisione è la creazione di lavoro per tutti, in particolare per i giovani” denunciando i tanti casi di donne che perdono il lavoro quando rimangono incinte. Nel suo lungo intervento ai quasi 5000 presenti, ampiamente ripreso dai mezzi di comunicazione italiani ed esteri, il Papa ha ribadito il “no” contro “ogni forma di sfruttamento delle persone e di negligenza nella loro sicurezza”, in particolare dei migranti. Il Papa ha citato Alberto Balocco e Adriano Olivetti, come esempi di “buoni imprenditori” chiedendo a tutti gli altri di non perdere “contatto” con la vita delle fabbriche e delle officine, di non perdere cioè “l’odore” del lavoro. Sui divari salariali, i il Pontefice ha notato che “se la forbice è troppo alta, il lavoro si ammala e pure la società si ammala”.
Nella lunga conferenza stampa successiva ai discorsi di Papa e Bonomi, quest’ultimo ha ampliato coi giornalisti italiani e esteri le tematiche affrontate nella mattinata: energia, crisi politica ed internazionale, pandemia, prospettive economiche e finanziare del Paese e delle aziende. In particolare, rispondendo ad una domanda del corrispondente della Rondine sulla difficile questione della decisione della multinazionale finlandese Wärtsilä di trasferire i propri impianti di Trieste in Finlandia. ha affermato che, secondo la Confindustria regionale, si tratta formalmente di una decisione non in contrasto con le leggi italiane ma che si poteva usare un metodo diverso, sottolineando come questo tipo di crisi si verifica anche a causa della scarsa attrattività che l’Italia offre agli investitori esteri, esprimendo anche perplessità: “Non è con una legge che si può pensare di risolvere il problema di Wärtsilä, ma rendendo attrattiva la produzione nel proprio Paese, come ha fatto il governo finlandese”.
Il caso Wärtsilä
Contro la decisione di Wärtsilä, da giorni i lavoratori a Trieste sono in scioperi ed agitazioni con presidi al porto e in azienda. La cittadinanza, i sindacati, le autorità regionali e locali sono concordi nel respingere la decisione, dato che produzione e redditività non sono certo in difficoltà. Il rischio della perdita di lavoro per 450 lavoratori, con gravi ricadute su famiglie ed indotto, ha creato grossi rischi di disagio sociale per la collettività locale con riflessi sulla politica nazionale specie perché in tempo elettorale. All’irremovibilità della multinazionale, i ministri del lavoro, Orlando, e dello Sviluppo Economico, Giorgetti, pur se avversari politicamente, si ritrovano in una insolita alleanza: Orlando intende rafforzare la debole normativa sulle delocalizzazioni vigente mentre Giorgetti ha predisposto una proposta che sembra avere molti punti di convergenza con quella di Orlando. Prevede infatti la restituzione di tutti gli incentivi ricevuti da parte delle aziende che delocalizzano ma non presentino un valido piano industriale di rilancio e ricollocazione. Amplia i termini della procedura, ma aggiunge anche che in mancanza di presentazione del piano o qualora il piano non contenga alcuni elementi essenziali il datore di lavoro non possa comunque avviare la procedura di licenziamento collettivo né intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (nella legge in vigore scattavano solo sanzioni) e quintuplica le sanzioni per mancato accordo. Questa proposta dovrebbe essere recepita nel decreto Aiuti ora in preparazione.
Nella tarda serata del 12 settembre, la Wärtsilä ha presentato il piano per gestire la fase dell’abbandono: documento composto di due parti, e che complessivamente conta 38 pagine. Mettendo le mani avanti su possibili sviluppi giudiziari (è attesa la decisione da parte del tribunale di Trieste in merito al ricorso avanzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia) afferma che “laddove ve ne siano le condizioni […] l’attività possa in certa misura proseguire fino alla fine del corrente anno”, la società ha dato mandato ad un advisor per sviluppare un progetto di reindustrializzazione e la ricerca di soggetti interessati alla sua realizzazione”. Niente di nuovo, fino a qui, tranne il “desiderio” da parte della multinazionale di “non affidare il sito a un concorrente che produce motori quattro tempi di media velocità per il settore marino e/o centrali elettriche”. Wärtsilä afferma che affiaterebbe volentieri alcuni spazi al “nuovo interessato”, in particolare quello degli ambienti dove si svolgono attività di ricerca, retrofit e aggiornamento sui motori a quattro tempi. Sulla mitigazione, scrive che la Cigs avrà una durata di 12 mesi e riguarderà “l’intera forza lavoro”. Cinquanta dipendenti dovrebbero andare in pensione entro l’anno di cassa integrazione. “Si cercherà di riconvertire i lavoratori addetti alla fabbrica “per ruoli nel service engineering ovvero superintendenti addetti alle attività di post-vendita e di assistenza al cliente, da impiegare a bordo nave o nelle officine di Genova e Napoli”. C’è poi una parte dove si menziona la possibilità di spostarsi in altre sedi (sia in Italia che all’estero), le specifiche tecniche sul sito produttivo, la gestione degli esuberi e le pratiche di rotazione nei 12 mesi di cassa integrazione.
Negativa la reazione dei sindacati che hanno definito il piano “insufficiente ed irricevibile”.
Nel complesso, non sembra che alla Wärtsilä interessino molto le raccomandazioni e i moniti del Papa.