L’Ambasciata italiana presso la Santa Sede, gli organi di comunicazione vaticani e la rivista di geopolitica Limes hanno organizzato a Roma, a palazzo Borromeo, l’incontro “L’Europa e la guerra: dallo spirito di Helsinki alle prospettive di pace”.
Al centro degli interventi c’è stato appunto il richiamo agli Accordi di Helsinki, culminati nell’Atto Finale del 1 agosto 1975, che nei mesi scorsi sia il Presidente della Repubblica Mattarella sia Papa Francesco hanno spesso citato come evento cardine i cui principi contribuirono alla distensione in Europa, codificando dei punti fermi sul dovere di rispettare i confini degli Stati e di risolvere le controversie con la diplomazia. Sulla Rondine abbiamo a suo tempo ricordato il Convegno nella stessa sede di due anni fa per celebrare i 45 anni di quell’evento.
All’incontro era prevista la partecipazione del Presidente Mattarella, annullata per la sua indisposizione da Covid. Dopo i saluti introduttivi di Francesco Di Nitto, ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, e di Andrea Tornielli, direttore editoriale dei Media vaticani, il prof. Matteo Luigi Napolitano (Università degli Studi del Molise) ha svolto un breve excursus storico sul contesto nel quale erano maturati gli accordi di Helsinki, nel 1975.
La Conferenza di Helsinki e lo “spirito” da essa generato sono stati il centro dei vari interventi. Il richiamo a quell’evento storico, che vide anche la Santa Sede partecipare con una delegazione guidata dal cardinale Agostino Casaroli, non è recente ma è stato proposto già nei mesi scorsi – con una interessante coincidenza temporale – da Mattarella e Parolin e dallo stesso Papa Francesco.
Il modello che Mattarella aveva prospettato lo scorso aprile, in un intervento all’’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, era stato di “Helsinki e non Jalta: dialogo, non prove di forza tra grandi potenze”. Concretamente, un percorso di “prospettare una sede internazionale che rinnovi radici alla pace, che restituisca dignità a un quadro di sicurezza e di cooperazione”, sull’esempio della Conferenza di Helsinki del 1975. Dando vita, se possibile, a “una nuova architettura delle relazioni internazionali, in Europa e nel mondo”.
Nel suo intervento, Pietro Parolin, cardinale segretario di Stato vaticano, ha notato come le condizioni che permisero Helsinki attualmente non sussistano, ma ha ricordato l’appello di Papa Francesco “affinché si faccia ricorso a tutti gli strumenti diplomatici, anche quelli finora inutilizzati” per arrivare a “una pace giusta”. Parolin ha sottolineato la necessità di “una nuova grande conferenza europea dedicata alla pace”, che sarebbe possibile anche grazie a un maggiore coinvolgimento della società civile europea negli sforzi di pace. Occorre impegnarsi per “far rivivere lo spirito” di Helsinki: “Abbiamo bisogno di affrontare questa crisi, questa guerra e le tante guerre dimenticate, con strumenti nuovi. Non possiamo leggere il presente e immaginare il futuro soltanto sulla base dei vecchi schemi, delle vecchie alleanze militari o delle colonizzazioni ideologiche ed economiche”. Il segretario di Stato ha ribadito l’importanza del ruolo dell’Italia, che “grazie alla sua storia e alle sue risorse umane può svolgere un ruolo importante”, e la disponibilità della Santa Sede a fare tutto il possibile per favorire questo percorso di dialogo e cooperazione. “Abbiamo bisogno di coraggio, di scommettere sulla pace, e non sull’ineluttabilità della guerra”, ha aggiunto.
È seguita una tavola rotonda coordinata dal direttore di Limes Lucio Caracciolo, che ha introdotto gli interventi sottolineando la differenza fondamentale tra la Conferenza di Helsinki e la situazione attuale: quella Conferenza si svolgeva in pace, e soprattutto “si svolgeva quando esistevano due blocchi”. Il che implica una significativa riduzione della complessità rispetto alle situazioni più problematiche che si presentano oggi.
Nella tavola rotonda ha preso la parola Andrea Riccardi, professore, storico e fondatore della Comunità Sant’Egidio, che ha ammonito circa il rischio che il conflitto “si eternizzi”, sottolineando l’urgenza di “congelare” una guerra così intensa per arrivare a “un cessate-il-fuoco, almeno una tregua prima di Natale”. A seguire, Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, ha evidenziato le conseguenze economiche ed energetiche per l’Europa scaturite dalla guerra d’Ucraina mentre la professoressa Monica Lugato, docente alla Lumsa, ha infine insistito sull’importanza del diritto, vero patrimonio comune dell’umanità nonché “unica strada per il rispetto della pace”.
Lucio Caracciolo ha concluso la tavola rotonda ribadendo come recuperare lo spirito di Helsinki voglia in fondo dire “discutere su base paritaria fra amici e nemici” e tornando sull’idea secondo cui non c’è pace senza giustizia ha affermato “penso che sia piuttosto vero il contrario: non c’è giustizia senza pace”.
L’evento è stato trasmesso in diretta streaming