Il 31 agosto ricorre l’anniversario della nascita di Uno Holmberg Harva (1882-1949), «il più eccellente etnologo» finlandese (come lo definì il linguista e rettore dell’Università di Helsinki, Paavo Ravila), ottimo conoscitore e arguto interprete delle primitive religioni dei popoli ugrofinnici e altaici. Dopo una breve carriera ecclesiastica, intrapresa più per volontà paterna che per vocazione, Harva fece ritorno all’università, da lui lasciata dopo la laurea conseguita nel 1906, per dedicarsi a una disciplina, la scienza delle religioni, che nella Finlandia di allora non godeva di uno status accademico autonomo.
Fu iniziato allo studio della lirica baltofinnica da personalità quali lo studioso di poesia popolare Kaarle Krohn (1863-1933), guida e collega, di cui condivise i capisaldi della sua scuola storico-geografica. Innumerevoli sono i saggi e gli articoli che egli dedicò a svariate tematiche kalevaliane, tra cui figurano gli häärunot (“carmi nuziali”) e l’enigmatico sampo (Sammon ryöstö, 1943; trad. it. Il furto del sampo, 2021).
Dal 1911 al 1927 condusse una serie di viaggi tra i popoli oggetto delle sue ricerche, nel 1911 tra gli udmurti, nel 1913 tra i čeremissi, nel 1917 tra gli əwənki e i ket, tra il 1926 e il 1927 tra i sámi Skolt, raccogliendo materiale etnografico il cui scopo era studiare le loro tradizioni religiose. Frutto di questo affascinante e stimolante periodo di lavoro sul campo fu il celebre saggio sul simbolismo dell’albero della vita, Elämänpuu (“L’albero della vita”, 1920), che diede avvio a una nuova disciplina, la quale si sarebbe affermata nel corso degli anni Trenta con il nome di fenomenologia religiosa.
Elämänpuu contiene sette microstudi relativi alla concezione del mondo dell’era premoderna e segna la conclusione della prima fase della carriera scientifica di Uno Harva. Il suo obbiettivo era quello di illustrare le credenze codificate nei miti, i quali lasciavano trasparire una concezione del mondo antecedente la rivoluzione copernicana. Secondo la disamina di Harva, anche la cosmologia della chiesa cattolica affondava le radici nell’immagine del mondo mitica dei tempi antichi, e componendo quest’opera auspicava che l’arcaica concezione del mondo non cadesse nell’oblio. Questo saggio ebbe grande impatto sul panorama scientifico europeo, grazie agli sforzi di Harva nel pubblicarne una versione rivista e ampliata nel 1922 in lingua tedesca (Der Baum des Lebens), la quale offre al lettore un capitolo inedito dedicato alla kamlanie sciamanica, assente nella precedente edizione finlandese (Der Aufstieg zum Himmel, “L’ascesa in cielo”).
Le sue analisi dell’albero della vita (elämänpuu), del pilastro cosmico (maailmanpatsas), del monte cosmico ubicato in posizione centrale (maailman keskusvuori), dei fiumi del paradiso (paratiisin virrat), della dea madre (äitijumalatar), del filo della vita (elämänlanka) e del destino (kohtalo), come pure del tamburo e del costume, nonché le sue ipotesi relative all’attualizzazione dei miti all’interno dei rituali eseguiti presso i luoghi sacri, costituirono una significativa conquista metodologica quando furono dati alle stampe. Dopo la pubblicazione dell’edizione tedesca, Harva divenne un modello per i ricercatori che nei loro lavori sintetizzarono mitologia comparata e scienza delle religioni, quali il filologo e storico delle religioni Jan de Vries (1890-1964) e Mircea Eliade (1907-1986). È interessante notare quanto la pubblicazione di Eliade Il sacro e il profano (1957) si basi sull’opera di Harva, in particolare per quanto concerne le sezioni dedicate al centro del cosmo e al simbolo dell’axis mundi. La più recente ristampa di Der baum des Lebens risale al 1996 (Edition Amalia); le vendite sono state in qualche modo favorite grazie all’aggiunta del sottotitolo Göttinen und Baumkult (“Dee e culto arboreo”) che ha attirato il pubblico di appassionati di mitologia del giorno d’oggi, alludendo al culto arboreo e della dea madre.
L’edizione italiana pubblicata da Vocifuoriscena (L’albero della vita, 2023) incorpora anche le sezioni presenti soltanto nella versione tedesca, proponendo così a studiosi e appassionati ambedue i saggi in un unico volume, per apprezzare al meglio il contenuto, nonché l’evoluzione dell’approccio interpretativo di Uno Harva. L’editore auspica che sia la seconda di una lunga serie di traduzioni in lingua italiana delle celebri monografie di Uno Harva dedicate alle religioni e ai culti dei popoli ugrofinnici e siberiani, che costituiscono il punto focale della sua carriera.
Anche l’opus magnum di Uno Harva, dedicato alle concezioni religiose dei popoli altaici, vede ora la luce in edizione italiana. Altain suvun uskonto (La religione dei popoli altaici) fu pubblicato in finlandese nel 1933, sedici anni dopo la conclusione del viaggio di ricerca che Harva aveva condotto nelle regioni dei monti dell’Altaj, come frutto di un lungo lavoro di curatela e rimaneggiamento delle numerose fonti orali e scritte a cui aveva attinto.
L’opera venne da subito accolta con entusiasmo, tanto che, nella recensione uscita il medesimo anno di pubblicazione, Knut Tallqvist auspicava che venisse presto tradotta in una lingua più accessibile: cinque anni dopo venne infatti realizzata la traduzione tedesca integrata, Die religiösen Vorstellungen der altaischen Völker, titolo che esplica il vero e proprio contenuto di questo studio dedicato non solo alla “religione”, ma a tutti i princìpi cardine dell’esistenza di queste popolazioni.
Quest’opera segnò uno spartiacque rispetto alla tradizione precedente, poiché offriva un nuovo e ampio spettro di materiale comparativo, presentato con un approccio e una strutturazione rinnovati, che ebbero impatto sui princìpi di ricerca etnologica e storico-religiosa. I numerosi capitoli di cui si compone presentano la Weltanschauung, i riti religiosi, sepolcrali, di caccia e sacrificali, per terminare con un corposo capitolo dedicato allo sciamanismo dei popoli altaici. Passando dalle leggende relative alla creazione del mondo e dell’uomo all’apocatastasi, dai miti associati ai corpi celesti e ai fenomeni della natura, agli spiriti-guardiani e al concetto di animismo, Harva getta le basi per consentire di approcciarsi al capitolo centrale, dedicato allo sciamanismo, disponendo di tutti i concetti fondamentali per comprendere al meglio tale concezione del mondo.
Harva fu un ricercatore ad ampio raggio. In quanto storico delle religioni, folclorista ed etnologo, egli si concentrò principalmente sui costumi popolari, nonché sulle tradizioni religiose e le credenze che ne stavano alla base. Harva superò abilmente i confini che separavano tra loro diverse discipline. Il suo tratto peculiare era trattare in maniera diacritica la vita sociale delle culture popolari e i loro tratti costitutivi. Era interessato alle culture tradizionali dei popoli di origine ugrofinnica, al rapporto tra l’individuo e la società, alla condizione femminile, alle usanze matrimoniali e ai rapporti di parentela e all’influenza esercitata dalle tradizioni religiose sullo sviluppo della società. Nella sua disamina della società, Harva ha posto particolare attenzione alle questioni morali. Nelle sue lezioni tenute dopo il termine delle seconda guerra mondiale, Harva si è approcciato alla morale sociale anche nel contesto della società moderna.
Harva non era ritenuto politicamente schierato, ma piuttosto un liberale. In giovane età aveva partecipato al nuorsuomalainen puolue (“partito della giovane Finlandia”), avvicinandosi successivamente ai socialdemocratici. Nel dopoguerra la sua adesione al Suomi-Neuvostoliitto-seura (“Associazione di Finlandia e Unione Sovietica”) attirò una certa attenzione da parte dell’Università di Turku. La letterata e professoressa di lettere all’Università di Turku Kerttu Kirsti Saaranheimo (1922-2011) dichiarò in un’intervista che Harva avesse agito in tal modo per favorire lo studio dei popoli ugrofinnici e per creare più rapidamente relazioni culturali.
In quattro decenni Harva scrisse inoltre un considerevole numero di monografie che ancora oggi sono ritenute capisaldi della letteratura etnografica e della storia delle religioni: Die Wassergottheiten der Finnisch-ugrischen Völker (“Le divinità acquatiche dei popoli ugrofinnici”, 1913), Permalaisten uskonto (“La religione dei permiani”, 1914), Tseremissien uskonto (“La religione dei čeremissi”, 1914), Lappalaisten uskonto (“La religione dei sámi”, 1915) e Mordvalaisten muinaisusko (“L’antica religione dei mordvini”, 1942).
Tra queste, Vocifuoriscena è in procinto di pubblicare in traduzione italiana Gli spiriti acquatici degli ugrofinni e La religione sámi, saggi magistrali rispettivamente sulla mitologia e le credenze popolari ugrofinniche connesse ai corsi d’acqua, e sul culto dei morti e lo sciamanismo sámi.