A 50 anni da Helsinki, tra speranze e auspici

Si celebra il cinquantenario dell'Atto Finale

Nella calda e limpida giornata del primo agosto del 1975, tra le rive tranquille del Baltico e la tensione ancora glaciale della Guerra Fredda, prendeva forma l’Atto Finale di Helsinki, espressione di una volontà condivisa – almeno in apparenza – di pace e cooperazione tra Est e Ovest. A cinquant’anni di distanza, il sogno di una sicurezza inclusiva e indivisibile resta incompiuto, ma non del tutto smarrito.
La Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa (CSCE), che diede vita all’Atto, fu frutto di anni di diplomazia silenziosa, di dialoghi ostinati e di visioni lungimiranti. “È necessario muoversi lungo strade nuove per costruire la pace”, disse Aldo Moro,  nel 1973, prefigurando lo spirito della conferenza.

Luigi V. Ferraris e G. Nitti

E Luigi Vittorio Ferraris, diplomatico di grande levatura e tra gli artefici italiani di quel processo, parlava di una “coesistenza attiva, fondata sulla responsabilità e il rispetto reciproco”. Ma fu la Finlandia, con il suo ruolo di paese neutrale e ponte tra i blocchi, ad offrire il terreno diplomatico ideale. Il presidente Urho Kekkonen, consapevole della delicatezza geopolitica del suo paese, si fece promotore instancabile dell’iniziativa, proponendo Helsinki come sede del vertice già nel 1969. “La neutralità non è passività, ma impegno attivo per la pace”, affermava Kekkonen, che nel 1975 si trovò al centro della scena internazionale, ospitando, nel bianco Palazzo Finlandia opera di Alvaro Aalto, 35 capi di Stato e di governo e presiedendo con autorevolezza il vertice.

Da quell’Atto nacque un processo che, nel tempo, si trasformò in istituzione: la CSCE divenne OSCE nel 1995, assumendo un ruolo permanente nel panorama della sicurezza europea. L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa oggi riunisce 57 Stati  e opera su tre pilastri: politico-militare, economico-ambientale e umano. Il suo mandato spazia dal controllo degli armamenti alla promozione dei diritti umani, dalla prevenzione dei conflitti all’osservazione elettorale. Non è un organismo con poteri vincolanti, ma un foro di dialogo e mediazione, capace di intervenire nei momenti di crisi e di accompagnare i processi di pace.
Cinquant’anni dopo, la Carta del 1975 appare tanto ambiziosa quanto fragile, schiacciata da conflitti irrisolti, revisionismi territoriali e nuove forme di guerra. Eppure, in questo anniversario, tornano parole che sanno di rilancio. “Siamo chiamati a reinventare Helsinki,” ha dichiarato il Presidente Sergio Mattarella, “non come riproposizione del passato, ma come progetto per una nuova architettura della pace.” A fargli eco, il Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin ha sottolineato che “una nuova Helsinki è possibile, se torniamo a credere nel diritto come ponte e non come barriera”.
Le celebrazioni di quest’estate  2025, che coincidono con il Giubileo della Chiesa cattolica – il cui motto è Peregrinantes in Spem, “Pellegrini di speranza” – offrono un’occasione unica per riflettere sul significato della pace e della speranza nel mondo contemporaneo. “Dobbiamo fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto,” aveva scritto Papa Francesco in vista dell’Anno Santo.

L’attuale ambasciatore di Finlandia in Italia, Matti Lassila, sottolinea che “grazie alla sua posizione neutrale in quel periodo, la Finlandia ha sempre agito nel corso degli anni per promuovere la distensione tra i blocchi e il Presidente Kekkonen fu molto attivo su questo obiettivo… quindi l’Atto finale della CSCE è stato davvero un successo di quegli sforzi e la Finlandia venne riconosciuta a livello internazionale come Paese costruttore di pace”.

Le commemorazioni, riassunte  in Helsinki +50, in programma nella capitale finlandese, includono tavole rotonde, mostre storiche e riflessioni condivise fra giovani di oggi e testimoni dell’epoca.  Un’azione concreta è quella prevista dal lancio, nell’ambito della conferenza, del ‘Fondo Helsinki+50’ : fondo che mira a migliorare l’erogazione di finanziamenti volontari a sostegno delle attività in linea con i principi e gli impegni dell’OSCE e a rafforzare il legame tra donatori e l’OSCE. Il fondo integrerà il bilancio dell’OSCE, non lo sostituirà.

Si respira la consapevolezza di una memoria da riattivare, non da custodire in teche di vetro.
Forse l’eredità più vera dell’Atto di Helsinki sta proprio nella sua incompiutezza: nel ricordarci che la pace non è un documento da firmare, ma una pratica da rinnovare. E che il dialogo, come disse Ferraris, “non è debolezza, ma intelligenza della complessità”.

L’evento può seguirsi sul sito https://um.fi/osce25fi/helsinki-50

Gianfranco Nitti
Giornalista e membro italiano dell'Associazione della Stampa Estera, visita regolarmente la Finlandia, in particolare la Lapponia, di cui scrive da anni.