In tutta Europa, il momento in cui si lascia la casa genitoriale segna, almeno simbolicamente, l’ingresso nell’età adulta. Ma quando accade questo passaggio varia enormemente da un paese all’altro. Secondo i dati della Commissione europea, nel 2023, i giovani dell’Unione hanno lasciato la casa di famiglia in media a 26,3 anni. La Finlandia si è distinta come capofila dell’indipendenza precoce, con un’età media di uscita pari a 21,4 anni, mentre l’Italia si è collocata quasi in fondo alla classifica, con un’età media attorno ai 30 anni.
Questa disparità non è nuova, e non riguarda solo la questione economica, ma anche quella culturale e istituzionale, e influisce su come le persone studiano, lavorano, si relazionano e immaginano il proprio futuro.

L’articolo pubblicato sull’inserto settimanale dell’Helsingin Sanomat (34/2025), a firma Ilmo Ilkka, racconta il lato umano di queste cifre, con un’intervista a Daniele Melezi. Il titolo stesso sembra il motto di un’intera generazione: Il sogno di una vita tutta mia. Il sottotitolo chiarisce subito il nodo centrale: “In Italia, anche i trentenni vivono ancora con i genitori… La mancanza di una casa propria incide sull’autostima”
In effetti, secondo stime basate su dati Eurostat del 2021, circa il 71% degli italiani tra i 18 e i 34 anni vive con almeno un genitore, contro appena il 18% della Finlandia, un dato che evidenzia l’ampiezza del divario tra Nord e Sud Europa. A questo si aggiunge che, sempre secondo l’Eurostat, l’Italia è tra i Paesi con le percentuali più alte di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione (con forti differenze legate al livello di istruzione); la Finlandia si colloca invece tra i Paesi con le percentuali più basse.
L’articolo in questione racconta la storia di Daniele, che vive a Tivoli, a pochi chilometri da Roma, insieme ai genitori e al fratello. Dopo il diploma ha trovato lavoro, ma con il suo stipendio non può permettersi un appartamento in affitto, soprattutto nelle zone urbane dove i prezzi sono molto alti.
Costi, sistemi strutturali abitativi e salti nel vuoto
Ciò è dovuto anche al fatto che l’Italia è una nazione dove oltre il 70% delle famiglie vive in una casa di proprietà, con un debito ipotecario relativamente basso; il sistema fiscale e una lunga tradizione di trasferimenti intergenerazionali favoriscono l’acquisto rispetto all’affitto. Tutto ciò, secondo le statistiche e le analisi dell’OECD rende il mercato degli affitti privati più ristretto, in particolare per quanto riguarda le unità piccole (monolocali, ecc.), ben posizionate e a prezzi accessibili, di cui i giovani hanno più bisogno.
Il sistema abitativo della Finlandia offre invece una scala più ampia: le fondazioni per alloggi studenteschi (come l’HOAS a Helsinki) e un ampio segmento di affitti regolamentati facilitano i primi spostamenti. Anche dopo le riforme e i tagli ai sussidi degli ultimi anni, l’architettura del sistema (alloggi per studenti costruiti appositamente e benefici mirati) continua a ridurre le barriere all’indipendenza abitativa precoce.
L’individuo come unità di riferimento
Un’altra differenza sostanziale, che riguarda quasi tutti gli stati sociali nordici, riguarda l’erogazione regolare di sussidi agli individui e non al nucleo familiare. In pratica, questo significa che si può lasciare casa a 19–21 anni e riuscire comunque a integrare un sussidio per l’affitto (che può arrivare fino al 75% dell’intera somma) con una borsa di studio (circa 300 euro) durante il periodo di stabilizzazione. Il ritorno della Finlandia, dal luglio 2025, a un’integrazione abitativa specifica per studenti è un’ulteriore spinta politica che mantiene sostenibile la norma del “andarsene presto da casa”. Anche l’Italia offre supporti, ma in modo più frammentato e soprattutto centrato sulla famiglia, per cui, spesso, la soluzione più semplice e sicura è quella di rimanere a vivere nella casa genitoriale.

Anche le aspettative sociali giocano un ruolo importante. In molte zone d’Italia, l’andare a vivere da soli è ancora qualcosa fortemente legato all’idea di avere una relazione stabile e un lavoro sicuro. Non è quindi sorprendente che molti giovani lascino la casa dei genitori solo intorno ai trent’anni.
In Finlandia, al contrario, il trasferimento avviene spesso subito dopo il diploma (e spesso anche prima, nel caso di studenti fuori sede): è considerato un vero rito di passaggio, non necessariamente legato alla situazione sentimentale o professionale.
Le testimonianze citate nell’articolo (dal disagio, durante gli appuntamenti, a raccontare la propria situazione, al senso di autostima derivato dall’avere una casa propria) mostrano come cultura e istituzioni si influenzino a vicenda, contribuendo a ritardare o a rendere naturale un’uscita precoce da casa. Nel sud Europa, infatti, la famiglia funziona come principale ammortizzatore contro le difficoltà della vita, e proprio per questo, spesso ha senso aspettare di avere un “lavoro stabile” prima di andare a vivere da soli.
Nei paesi nordici, al contrario, è lo Stato a fornire fin da subito il supporto necessario, permettendo ai giovani di lasciare la casa dei genitori e costruire gradualmente la propria indipendenza.
(Immagine del titolo ripresa da idealista.it. Per eventuali diritti, siamo pronti a risponderne)