Per la casa editrice MHRA, nella serie Jewelled Tortoise, è da poco uscita la prima edizione critica inglese del romanzo Mirdja, nella traduzione di Eva Buchwald, con introduzione e note a cura di Viola Parente-Čapková. Sulla Rondine abbiamo già discusso dell’edizione italiana (tradotta da Marcello Ganassini) in un paio di articoli precedenti, presentando la traduzione italiana e già prima qui in una proposta di traduzione, mentre in un’altra occasione abbiamo discusso dell’estetica decadente nelle opere di L. Onerva.
Contesto e scopi dell’edizione critica
L’introduzione, a firma di Viola Parente-Čapková, inquadra Mirdja (1908) di Hilja Onerva Lehtinen (in arte L. Onerva) come un’opera del Decadentismo europeo, unica nel panorama finlandese sia per provenienza sia per essere firmata da una donna. Mirdja incarna la “New Woman” decadente: protagonista è una figura femminile complessa, ossessionata dall’interiorità e dall’autoanalisi, che vive il conflitto tra vita e arte, tra sensazioni raffinate e ricerca di senso, in un universo visto come “immagine infinitamente interpretabile”. La narrativa punta meno alla trama e più a istantanee psicologiche, paradossi e ambivalenze, e trova compimento in uno stile frammentario, ironico e polifonico.

L’edizione si propone di colmare gli “spazi bianchi” nella cartografia europea del Decadentismo, presentando al pubblico anglofono una voce del Nord contaminata da influssi francesi.
L’autrice e il suo percorso
Hilja Onerva Lehtinen nasce a Helsinki nel 1882. La madre viene internata quando lei ha sette anni, esperienza che segnerà la sua opera: i temi della maternità, mancanza di madre e ricerca del femminile si ripresenteranno con insistenza in Mirdja e altrove. Cresce con il padre e la nonna, frequenta scuole femminili e compie studi universitari, in estetica, storia dell’arte, lingue romanze, fra Helsinki e Kotka, sotto l’egida dell’austero estetista Yrjö Hirn.
Intraprende un’intensa attività di scrittrice e traduttrice: fin da giovanissima traduce Musset, Verlaine, Baudelaire e Taine, facendo da ponte fra la cultura francese e quella emergente in lingua finnica. Debutta con la raccolta poetica Sekasointuja (“Discordanze”, 1904), seguita da Runoja (Poesie, 1908) e Särjetyt jumalat (Dei infranti, 1910), in cui sperimenta tensioni fra estasi e malinconia, ironia e satira.
Fra il 1908 e il 1915 pubblica il romanzo Mirdja e varie raccolte di novelle, da Murtoviivoja (“Linee spezzate”, 1909) a Nousukkaita (“Arriviste”, 1912) e Mies ja nainen (“L’uomo e la donna”, 1915), esplorando le contraddizioni della condizione femminile, l’ascesa sociale e l’ansia dell’artista-dilettante. Si sposa due volte (nel 1913 con Streng e successivamente con il compositore Madetoja), collabora come giornalista, pubblica i romanzi, Inari (1913) e Yksinäisiä (1917) e cura traduzioni pacifiste (Barbusse). Negli anni Quaranta fu costretta a una lunga degenza in un istituto per malattie mentali, un’esperienza drammatica che lasciò un segno profondo nella sua esistenza e diede avvio a una intensa produzione poetica, destinata a protrarsi fino agli anni Sessanta.

Neo-romanticismo nazionale e Decadentismo
La Finlandia di inizio Novecento si muove fra l’eredità romantico-popolare (il Kalevala), correnti naturali/simboliste e il gusto Jugendstil, sotto l’etichetta di “neo-romanticismo nazionale” coniata da Eino Leino. Il Decadentismo, percepito come “straniero”, è associato alle metropoli (Parigi, Pietroburgo) e spesso censurato, ma trova in Onerva una mediatrice di correnti europee, capace di connettere la “piccola tradizione” (canti popolari) con la “grande tradizione” occidentale . Nietzsche prolifera in tutto lo spettro culturale finlandese: l’ideale dell’artista-superuomo, la critica dei valori tradizionali e l’estetica della vita come opera d’arte permeano anche Mirdja, dando vita a figure androgine, “terzi sessi” e donne che sfidano la maternità sacrale di Ellen Key.
Mirdja: forma, temi e ricezione
Mirdja è un Bildungsroman (romanzo di formazione), narrato soprattutto in terza persona (eccetto la sezione “Soliloqui all’estero”), ma punteggiato da voci interne, commenti ironici e figure naturali animate (onde, campane) che contribuiscono a uno stile musicale, frammentario, fra sogno e realtà. La protagonista, orfana di madre, intraprende una “ricerca di sé” che la porta a dubitare e ad assumere ruoli multipli: amante, artista, musa e creatrice insieme. Critica il “libero amore” maschile come pretesto di possesso e si oppone alle riduzioni di Key e Dauthendey alla maternità, rivendicando invece un femminile complesso e intellettuale.
Elementi chiave del romanzo sono i “testi fatali”: lettere, diari, dipinti (la Madonna-Medusa, copia di Crivelli), ognuno capace di incatenare Mirdja al destino di dilettante ereditario e di sottolineare la filosofia decadente secondo cui l’arte plasma la vita. Il culmine avviene nella fusione mistica con il marito Runar, che trascende la sessualità euristica per approdare a uno spazio edenico “prelinguistico” di comunione perfetta.
Percorso critico e attualità
Dopo recensioni positive ma circoscritte nel 1908, Mirdja esce dalle “ombre” nel secondo dopoguerra grazie alla riedizione di Rafael Koskimies e agli studi di Eino Karhu. Il felice risveglio degli anni ’80-’90, con la critica femminista e la riscoperta del Decadentismo nordico (Nordic Literature of Decadence), consacra Onerva nella storia della letteratura finlandese; Mirdja viene tradotto in svedese (anni ’90), italiano, a cura di Marcello Ganassini (2022) e ora in inglese, con progetti in francese ed estone in corso. L’edizione corrente ambisce ad “allargare la lente” sul Decadentismo come fenomeno transnazionale e a mostrare come molte innovazioni “moderniste” abbiano radici nell’estetica decadente.

A questo indirizzo è possibile leggere l’intervista in inglese alla traduttrice e alla curatrice del volume.