Elegia del bosco antico

Poesie di Pirjo Lyytikäinen

È da poco uscita la raccolta poetica d’esordio di Pirjo Lyytikäinen, Vanhan metsän elegia (L’elegia del bosco antico). Il registro elegiaco, presente fin dal titolo, suggerisce una doppia mancanza: la perdita dell’essenza (supposta) primigenia del bosco e la nostra capacità di ascoltarlo o, più precisamente, di comprenderlo. Ogni suono, fruscio e mormorio allude a una comunicazione singola, più che a una conversazione interspecifica, quasi pre-umana.  Pur evidenziando le disparità ancora troppo evidenti tra i vari tipi di “linguaggio”, invece che suggerire di esaminare la realtà “attraverso le parole”, come scrive Jouni Inkala in un suo testo, l’autrice sembra quasi rifarsi all’universalis linguarum cultura, non quindi una lingua universale di comunicazione, ma la “cultura” e comprensione delle varie lingue, la creazione di una grammatica di relazioni, che siano sonore o mute, ma comunque interpretabili.

Le tre liriche che presentiamo, più che un breve ciclo sul bosco naturale, rimandano piuttosto a un “folto parlare”, privo di metafore univoche e da cui estrapolare un linguaggio senza lingua, inscritto nei movimenti e nei silenzi più che nelle parole. Ed è qui che il naturalismo concreto dei testi sembra quasi opporsi a una possibile idealizzazione, così presente in ogni testo sulla natura finlandese, e non solo.

La necessità di un’analisi della dislocazione percettiva, più che a un approccio surrazionalista (non surrealistico) rimanda quasi a un’etica dell’ascolto, rendendoci partecipi di un processo enunciativo e novosintattico. Non quindi un’imitazione ma un avvenimento naturale e poetico. E di questa “poetica vegetale”, non rimane altro che la sua “traduzione” tonosimbolica, come la definirebbe Roberto Bertoldo.

L’altro è

lingua senza lingua

                                    fogliolina

vento che il bosco ha inghiottito

gli uccelli vi spiegano l’ala
e si acquietano

e tu non parli queste lingue
sebbene ne oda il mormorio e la sera
il pioppo tremuli il suo sussurro

Un mormorio ti dico

l’elegia del bosco antico.

Albero
verso le altezze
o il cuore della terra.

Non esistono metafore univoche
benché il tronco sia uno.

Come un albero,
disteso per tutta la sua misura,
nella terra attendo


muschio e marciume,
funghi batteri insetti
perché qualcosa cresca

                        e il bosco viene ad abitarmi.

Una foglia di mirtillo
sulla mia lingua,
un letto di muschio
per i miei sogni inquieti.

Gli alberi parlano basso
gli alberi fra loro
mettendosi in guardia

gli alberi parlano
una lingua muta

(noi non con le orecchie, quel parlare)

e tuttavia si sa gli alberi tra loro

e se lasciassimo agli alberi
di rivolgerci la parola
senza bocca

forse impareremmo l’albero
a parlare piano.

Antonio Parente
Nato nel 1964, traduce testi letterari, prevalentemente poesia, dal finlandese, dal ceco e dall'inglese. Vincitore del premio nazionale per la traduzione letteraria del 2004 conferito dal Ministro della Cultura Finlandese.