Lo scorso ottobre, la storica associazione Nuoren Voiman Liitto ha conferito i premi per la 69ª edizione del concorso letterario, vinto dalla scrittrice Matilda Kirvelä. Laureatasi con una tesi su Eeva Kilpi, una delle più importanti autrici finlandesi del Novecento, presso l’Università di Turku, attualmente sta svolgendo gli studi di dottorato sulla medesima scrittrice presso lo stesso ateneo.
I testi presentati al concorso (dei quali, in quest’articolo, ne proponiamo due, che usciranno nel 2026 per i tipi Kaarna Kustannus nella raccolta intitolata Yksityiskohdattomuuksia, Sdettagliamenti) costringono il lettore a ricomporre, quasi con un montaggio di natura cinematografica, frammenti sbilancianti, inquadrature giustapposte la cui unità non è logica o narrativa, bensì emotiva e concettuale. Non si arriva “all’adiacenza degli squilibri”, come elaborata dal Lingualossa in relazione alla poesia distopica, ma a voci laterali che intervengono a relativizzare l’idea principale. Una transizione logica che procede per scatti, dove ogni nucleo tematico presenta una doppia struttura, talvolta corretta, commentata o semplicemente “squilibrata” da una frase in parentesi. Il risultato è una costellazione di (false) giustapposizioni: passato/nostalgia, umano/non-umano, e così via.
L’inserimento addirittura di una nota nel testo poetico conferisce alla poesia un tono quasi saggistico, come se fosse necessaria un’aggiunta critica per prolungare e amplificare il verso, introducendo un registro discorsivo, quasi psicoanalitico, accanto a quello lirico.
Anche l’aspetto culturale, sociale, quotidiano ed esistenziale si manifestano in forma di fotogrammi a-tramici. Micro-drammi affettivi, delusioni e scene urbane sono pervase da un umore che sa di disincanto; non ci troviamo, però, di fronte a fallimenti quotidiani ma a manifesti di una realtà ibridata, post-umanistica, specchio della nostra stessa condizione umana.
Il decentramento delle relazioni affettive porta quasi a un ribaltamento del modello romantico, uno sbilanciamento preferito a una convivenza razionalizzata, quasi una strategia di auto-protezione.
La lucida critica dei ruoli incarna l’intersezione tra classe, genere e precarietà creativa, dove risulta difficile riuscire a tenere insieme un corpo malato, il lavoro e l’aspirazione artistica.
Come dichiara Matilda Kirvelä, la scrittura è vista come funzione vitale e rifinitura dell’esperienza: “Voglio costruire reticoli che siano potenzialmente umoristici ma al tempo stesso profondi, tanto incisivamente impegnati quanto pittorici nell’uso delle parole.”

Non chiamarlo camposanto se niente vi riposa
La purezza del dolore sfugge alla misura
(si contamina soltanto)
Non corpi, solo tracce di tensione sessuale
E poi
corpi accorpati a corpi
(Sfuma, a volte, la repulsione)
La frase più viva resta sempre per metà incompiuta
(Riconosco la timidezza da lontano, stessa stirpe,
di te ora ricordo solo gli occhi)
Negare il passato è un gesto artificioso
(Evita di ferire la nostalgia in questo modo)
Ciò che accade ora, e che non ti tocca,
potrà comunque riguardarti.
(Come trattiamo il non-umano rivela il nostro rapporto con l’umano)
Per un attimo la vita è un romanzo finnosvedese: non si discute dei soldi
(Tazzine d’espresso servite in un piacevole locale)
È un’arte sottile evitare che le cose
abbiano il sapore dei pomeriggi identici, striscianti
Delusioni ricorrenti: questa è la realtà.
Una birra bevuta in quindici minuti, o in quindici ore, e il ritorno a casa in autobus.
Piacevole la veduta (il sole che scende su un paesaggio già più volte descritto)
Che sollievo sapere che non deve
per forza ricambiarmi.

Non manco il bersaglio
né libero il colpo
Rito solenne il lavare i piatti senza che l’anima si affanni
Resta in me la sensazione che il nostro incontro sia stato
allucinazione e il tempo non ne addolcisce il peso (1)
Nessun bucato da fare insieme
(Meno fatica, mi dico)
Ragazzo d’oro
finché non dimentica di portare fuori la spazzatura e tu diventi
donna di casa ma di quelle che escono perché il lavoro le reclama
I martedì sera di un gennaio dopo l’altro
La muffa è un frutto profondo
(La primavera può approssimarsi, ma mai quanto la parvenza d’autunno)
Conviene coltivare l’avversione per se stessi quanto basta per far arte
Il lugubre sapore di una malattia autoimmune che progredisce
e d’altra parte il conforto:
è sempre troppo tardi, dunque che sia ora l’attimo giusto
Se devo essere io la più inferma nella stanza, supplico gli dèi stolti:
che almeno la mia mente sia la più vigile
L’eroina non diventa mai direttore generale
(lei lava i gabinetti per continuare a scrivere versi)
(1) Col tempo dimentichi la persona, ma non cosa provavi
(Tutto lo sfinimento)














