Per qualsiasi italiano, i primi passi in un supermercato finlandese sono inevitabilmente uno shock. A prescindere dalla catena, a dare il benvenuto è inesorabilmente il reparto frutta e verdura. La pochezza in varietà e qualità della merce esposta è una vista che, ogni singola volta, non manca di deprimere anche il più navigato degli immigrati in questo Paese. Superato il trauma delle melanzane smorte e i pomodori finnici a 6 euro al chilo, si è investiti per contrasto dall’imponenza del reparto latticini e delle sue interminabili corsie. Non è un caso che la Finlandia, insieme agli altri Paesi nordici, sia tra i maggiori consumatori di latticini al mondo.
Abbandonata la familiarità del latte intero, scremato e parzialmente scremato, ci si inoltra in territori di piimä, rahka, viili, in cui la lingua italiana fatica a trovare termini adeguati che non siano praticamente sinonimi: cagliata, latte fermentato, latte acido… La testa già gira, e non ci si è ancora avventurati tra le panne e gli yogurt.
Inoltre, ad alimentare il paradosso della scelta nei supermercati è il fatto che praticamente ogni prodotto è offerto in due varianti: normale e latkoositon (senza lattosio) o vähälaktoosinen, a basso contenuto di lattosio. I latticini senza lattosio possono sembrare un ossimoro, ma per i produttori finlandesi, pionieri nel settore, significava l’opportunità di raggiungere quel 20% della popolazione intollerante al lattosio in un mercato in cui ogni persona beve 130 litri di latte all’anno.
Anche i ristoranti hanno la premura di segnalare nei menu quali piatti contengono lattosio (nel caso abbiate notato una L a fianco del nome delle portate).
Per quanto il 20% possa sembrare una cifra notevole per una condizione medica in una popolazione, la vera anomalia è nel restante 80%. Nel resto del mondo l’intolleranza al lattosio non è trattata sistematicamente come condizione medica perché la situazione è opposta: la maggioranza della popolazione non digerisce i latticini e solo una minoranza è tollerante al lattosio. Oltre il 65% della popolazione mondiale è intollerante al lattosio.
Per lungo tempo si è creduto che l’alto consumo di latticini nei Paesi nordici fosse la causa dell’alta tolleranza al lattosio; che l’organismo avesse col tempo imparato a digerire l’enzima e la tolleranza si fosse poi trasmessa alle generazioni successive. D’altronde le mappe del consumo di latticini e della tolleranza al lattosio sono praticamente identiche.
Una ricerca però ha smentito questa teoria, provando che la causa è una predisposizione genetica, ma risale a tempi molto più antichi, quando il consumo di latte fresco non era diffuso.
In realtà sembra quindi che la gente consumi più latticini in quanto tollerante al lattosio e non viceversa.
Alcuni stranieri sostengono di essere diventati intolleranti al lattosio dopo essersi trasferiti in Finlandia. Essendo una condizione genetica e non una malattia che si contrae, è molto più probabile che queste persone fossero già intolleranti al lattosio e in Finlandia abbiano solo ricevuto la diagnosi. Ad esempio in Italia è normale sentire qualcuno lamentarsi di “non digerire il latte”, ma pochissime di queste persone si dichiarano intolleranti al lattosio o cercano trattamento medico, mentre in Finlandia le stesse persone riceverebbero più sistematicamente una diagnosi.
In ogni caso, indipendentemente da quanto enzima lattasi si abbia nel proprio organismo, una risposta alle prorpie necessità la si può trovare tra i tolleranti scaffali del reparto latticini di ogni supermercato finlandese.
La Rondine 28.8.2017