Intervista a Marco Rizzini, l’autore del libro di viaggio Panda o morte, resoconto di un’avventura di 12 mila chilometri a bordo di una Fiat Panda degli anni Ottanta che lo ha portato da Verona a Mosca. Abbiamo recentemente incontrato, sulla Rondine, italiani intraprendenti e curiosi, ai limiti della scelleratezza, che si avventurano in bici o su un’Ape alla ricerca di qualcosa, nel Grande Nord. Stavolta è una ricerca del Far East, e anche se non è passato dalla Finlandia, sentiamo che è uno dei nostri.
Per chiunque scelga di lasciare la sua nazione d’origine e trasferirsi all’estero la cosa più difficile non è non trovare la pizzeria col forno a legna, al contrario di come sembrerebbe seguendo certi gruppi Facebook — ma creare collegamenti interculturali con il popolo che ci ospita. Alla Rondine tentiamo di avvicinare due culture europee apparentemente molto distanti come quella italiana e finlandese. E questo trova un’analogia nella prefazione al libro di Marco Rizzini Panda o morte dello scrittore di origine siberiana Nicolai Lilin: “Credo che in questi tempi scellerati ci servono più persone come lui, che hanno le giuste dosi di coraggio, della curiosità e dell’amore per costruire i ponti tra i popoli, per portare le culture alla vera integrazione, per compiere il sacro dovere del viaggiatore – avvicinare le persone. Ho scritto con piacere la prefazione per questo magnifico libro, perché mi sono innamorato in questa storia dalle prime pagine”.
Conosco Marco, 37 enne veronese, da più di dieci anni, da quando ci siamo ritrovati a lavorare nel cuore della Toscana per una nota azienda di ciclomotori. Appassionato di viaggi, motori e parole, e questo libro racchiude i suoi principali interessi. Marco non parte mai senza prima aver studiato a tavolino oltre all’itinerario la cultura, i popoli con usi e tradizioni quindi la prima cosa che viene da chiedere è:
Come ti è venuta l’idea di iniziare quest’avventura? Come ti sei preparato?
Dieci anni di scoutismo si fanno sentire: estote parati, siate pronti, è il motto che più mi ha forgiato. Sono vent’anni che viaggio in situazioni “rock’n’roll”, prediligendo tutto ciò che è via terra, in posti difficili ed in Paesi il cui nome viene spesso associato alla peggiore instabilità politica. In viaggi come i miei, nulla deve mai esser lasciato al caso. Nel viaggio che racconto in Panda o morte, una lunga avventura a bordo di una vecchia Fiat Panda verso l’Asia centrale e ritorno, ogni cosa doveva essere calcolata ed ottimizzata. Dai bagagli ai pezzi di ricambio, dalla scelta delle strade da percorrere al carburante nel serbatoio e nelle taniche, dalle scorte di acqua potabile alla durata dei visti, ai luoghi dove poterci rifornire e dove passar la notte. Il nostro non è stao un viaggio da hippie, è stato un viaggio da esploratori.
Oltre all’aspetto pratico dell’organizzazione, poi, reputo che la bellezza di viaggiare debba andare di pari passo con la preparazione. Devi saper interpretare i segni che incontri, devi capire la storia dei popoli, devi saperne già qualcosa. È difficile vivere una esperienza al meglio senza uno studio preliminare, non basta solo la curiosità per quello che incontrerai sulla tua strada, se poi non riesci a capirlo.
Chi sono stati i tuoi compagni di viaggio e qual è stata la cosa più difficile che avete affrontato insieme?
Come sempre, nella vita come anche in ogni altro tipo di esperienza, le persone con cui ti accompagni fanno la differenza. I ragazzi al mio fianco hanno reso questo viaggio epico un vero e proprio successo. La nostra unione è stato il vero punto di forza di questa impresa. Persone diverse, background differenti. Chi parlava perfettamente russo, chi sapeva aggiustare l’automobile col fil di ferro come un novello McGyver, chi sapeva raccontare storie (anche a poliziotti e doganieri). Passare un mese in uno spazio angusto, rovente, senza acqua e comfort come una piccola Fiat Panda, ha reso questa avventura un’esperienza realmente indimenticabile. Una novella guerra di trincea, una comunione di intenti come fossimo sommergibilisti. Non dimenticherò mai come il nostro successo sia stata la vittoria di un gruppo, dell’unione di un team. Quella Panda ha forgiato amicizie che non passeranno mai di moda.
Sei sempre stato attratto dai Paesi dell’est Europa, come mai? Ti senti in qualche modo legato a loro?
Amo il mondo intero e amo l’avventura. Dell’Europa dell’est ammiro le ruvide maniere che nascondono in realtà un cuore gigante. Del mondo ex-sovietico amo i simboli dimenticati e la storia che raccontano i suoi resti di moderna archeologia. Da vero viaggiatore seriale, ho ricordi importanti di tutte le parti di mondo che ho avuto la fortuna di visitare finora.
Hai sempre avuto due anime: il ragazzaccio di provincia da bar capace di bere 12 shot di vodka, come dici nel libro, e l’appassionato di geopolitica e studioso delle differenze culturali: quale anima ha prevalso di più nel tuo libro? Lo consideri un libro introspettivo alla ricerca delle tue radici o “un’avventura di filibustieri” come hai avuto modo di definirla?
In realtà posso berne anche 15, prima di iniziare a delirare. A parte gli scherzi, credo che la mia forza, come quella di altri mille viaggiatori incontrati lungo la via nei luoghi più distanti, sia quella di rimanere fedele a me stesso e a dove sono nato. Il libro piace perché rispetta tutte le diverse anime della mia personalità, non illudendosi di dare lezioni, facendo – spero – crescere la voglia di viaggiar e di conoscere culture lontane, senza però dimenticare o rinnegare casa nostra ed il mondo da cui veniamo.
Da expat — termine elegante per indicare noi migranti di serie A — viene spontaneo chiedere: non hai mai pensato di lasciare l’Italia? Cosa ti trattiene?
Amo l’Italia e amo il mio lavoro. In passato ho avuto la possibilità di vivere all’estero e ho fatto diverse esperienze abroad, tornando poi sempre in patria. Forse più per caso che per scelta, ma al momento non sono in fuga, però se mi fai assumere come assistente di Babbo Natale a Rovaniemi, un pensierino lo faccio volentieri.
Hai avuto l’onore della penna di Nicolai Lilin per scriverti la la prefazione: come vi siete conosciuti e cosa vi lega?
Con Nicolai condivido la passione per i tatuaggi, per il mondo russofono e per una visione del mondo che vada oltre l’ovvietà etnocentrica occidentale. Siamo diventati amici e la sua lealtà è merce rara.
«La Panda (…) è come un paio di jeans, che sono poi un vestire semplice, pratico, senza fronzoli. (…) Ho cercato di portare in questa auto lo spirito delle costruzioni militari, in particolare degli elicotteri, ossia di mezzi leggeri, razionali, nati per assolvere nel modo migliore a certi scopi». Queste le parole del creatore della Panda Giorgetto Giugiaro: ti rivedi in questa descrizione ed è il motivo per cui avete scelto questo simbolo italiano per questo viaggio?
La similitudine con un mezzo militare è più che appropriata. La Panda ha affrontato strade che definire maledette è a dir poco benevolo. Buche alte come uomini e larghe due volte la Panda stessa. Temperature infernali e una velocità media di poche decine di km orari, zigzagando tra i crateri e cercando di portar a casa la pellaccia. Il nostro carroarmato, così la definivamo in russo quando alle frontiere si stupivano del nostro esser arrivati fin qui senza aria condizionata e a bordo di questa piccola scatola di lamiera. Mai un problema, mai nemmeno uno.
Ultima domanda: Come facciamo a trovare il tuo libro qui in Finlandia?
Il libro è in vendita, in Italia, in tutte le librerie fisiche e digitali (come Amazon). Spero presto di poter presentare anche lassù da voi, rimanete informati su La Rondine!
La Rondine – 28.12.2018