L’energia atomica probabilmente non è la prima associazione al concetto di “energia pulita”, soprattutto per chi viene da un Paese come l’Italia che ha rinunciato al nucleare nel 1987, dopo l’incidente di Chernobyl (ora tornato alle cronache grazie all’omonima miniserie HBO, che è stata anche lo spunto per questo articolo). Ma di fatto l’ambizioso programma del nuovo governo Rinne di raggiungere emissioni zero nel 2035 conta fortemente sul nucleare.
Con l’immagine che spesso hanno i Paesi nordici di nazioni attente all’ecologia e alla riduzione dell’uso dei combustibili fossili, si può avere una prima impressione che possiedano anche sistemi energetici comparabili. Ma, come già accennato, più da vicino si guardano e più diversi questi Paesi risultano: la Norvegia è privilegiata avendo già 99% della sua energia proveniente da centrali idroelettriche, quindi rinnovabile.
In Danimarca il nucleare è proibito per legge (anche se circa il 3% dell’energia viene importato da centrali nucleari estere), il 39% è prodotto da centrali eoliche e il 41% delle produzione arriva dal carbone.
La Svezia e la Finlandia invece dipendono in buona parte dall’energia nucleare, entrambe per circa un terzo della produzione nazionale, e in Finlandia il settore impiega circa 3700 persone. Entrambi i Paesi hanno quasi il 50% dell’energia creata con fonti rinnovabili, in Finlandia soprattutto con i prodotti di scarto dell’industria forestale. Ma ci sono anche differenze, ad esempio l’eolico in Finlandia è solo l’1% dell’energia prodotta, mentre in Svezia è il 12% .
Le previsioni per il futuro in Finlandia includono una riduzione dell’uso dei combustibili fossili, inclusa l’abolizione dell’uso della torba, una crescita dell’energia rinnovabile ma anche di quella atomica, che dopo il completamento delle centrali in costruzione potrebbe anche arrivare al 50% della produzione nazionale.
Il programma nucleare finlandese iniziò ufficialmente nel 1955, con la creazione di una commissione governativa per l’energia, nel 1961 il governo fece anche richiesta ufficiale all’ente internazionale per l’energia atomica IAEA, ma la prima centrale atomica entrò in funzione solo alla fine degli anni ‘70.
Nel frattempo, nel 1962, fu installato un piccolo reattore nucleare con scopi di ricerca scientifica nel campus universitario di Otaniemi a Espoo, dove continuò a funzionare fino al 2015, i lavori di bonifica sono ancora in corso e si prevede andranno avanti fino al 2022.
Il bando per la prima centrale nucleare finlandese venne pubblicato nel 1965 dalla compagnia elettrica statale Imatran Voima, con l’idea di una consegna “chiavi in mano”. Come luogo fu scelta un’isola vicino al comune di Loviisa, a un centinaio di chilometri a est di Helsinki. Al bando parteciparono due compagnie della Germania dell’Ovest, tre americane, e anche una canadese, una britannica e una svedese. L’Unione Sovietica provò a partecipare ma, oltre ad essere incompleta, la documentazione fu consegnata in ritardo.
Così la preferenza inizialmente andò alla tedesca AEG, ma dopo numerose pressioni politiche, il bando fu assegnato comunque alla sovietica Atomenergoexport, e i lavori iniziarono nel 1971 (si possono seguire in questo vecchio documentario). Uno dei problemi principali del modello delle centrali sovietiche era la cupola di protezione del reattore, che venne ridisegnata insieme a molte altre parti da ingegneri finlandesi.
La protezione dei reattori sovietici era infatti più limitata anche perché le centrali dei russi venivano costruite piuttosto lontane dai centri abitati, mentre la centrale finlandese era a soli 15km dalla città di Loviisa.
Il reattore arrivò nel 1973 (per la cronaca, un VVER- 440, modello diverso dai RBMK installati a Chernobyl) e il presidente Kekkonen avviò l’impianto insieme al primo ministro russo Kosygin nel marzo 1977. Tre anni dopo entrò in funzione anche il secondo reattore della centrale di Loviisa, portando la capacità annua a poco oltre gli 8TWh, che ammonta a circa il 10% della produzione nazionale.
I reattori di Loviisa dovrebbero essere decommissionati dopo 50 anni di servizio, rispettivamente nel 2027 e 2030. Ma la partecipata statale Fortum, che ha rilevato la centrale nel 1988, ha annunciato nel 2018 che sta considerando il prolungamente dell’attività della centrale fino al 2050.
Il resto della produzione di energia atomica, circa 14 TWh, viene dai due reattori della centrale di Olkiluoto, che sorge sulla costa occidentale del Paese in un’isola del comune di Eurajoki, non lontano da Rauma. La costruzione di questi due reattori fu commissionata dalla Teollisuuden voima (TVO) non ai russi ma agli svedesi della ASEA Atom, allora parte del consorzio ABB e ora di proprietà della americana Westinghouse. Olkiluoto 1 entrò in funzione nel 1979 e, tre anni dopo, anche il secondo reattore iniziò a produrre energia elettrica.
La costruzione del terzo reattore, il famigerato Olkiluoto 3, iniziò nel 2005, eseguito da un consorzio tra la francese Areva (per la consegna del reattore) e la tedesca Siemens (per la costruzione delle turbine). Olkiluoto 3 doveva essere il primo (e più grande) reattore al mondo con una capacità 1600MW, quasi il doppio degli altri due reattori della stessa centrale (che sviluppano circa 880MW ciascuno) e il triplo di quelli di Loviisa.
I lavori dovevano finire nel 2009, ma ancora oggi non sono terminati. Insieme alla Länsimetro (l’estensione a ovest della metropolitana di Helsinki, finalmente aperta nel 2017), Olkiluoto 3 è per i finlandesi l’epitome di un progetto infinito con infiniti problemi e infiniti ritardi. E le complicazioni sono state molteplici, da mancanze rilevate nelle saldature e nel sistema di automazione, che fu approvato dello STUK (il Säteilyturvakeskus, l’agenzia garante) solo nel 2013, a problemi con la gestione della manodopera in un cantiere con oltre 1500 persone di 42 nazionalità diverse.
Ovviamente con i ritardi anche i costi sono schizzati alle stelle: gli iniziali 3 miliardi di euro stimati per il progetto sono più che triplicati e si ora avvicinano ai 10, facendone il secondo edificio più costoso del mondo dopo l’enorme complesso alberghiero Abraj al-Bait nella città della Mecca, costato 12 miliardi di euro.
Dal 2007 la data di apertura prevista viene regolarlmente spostata di un paio di anni alla volta, ma per il terzo reattore di Olkiluoto si inizia forse a intravedere la luce alla fine del tunnel: sembra che l’ultima promessa di consegna per l’inizio del 2020 possa essere rispettata.
Anche se i finlandesi non potranno più vantare di essere i primi: un reattore analogo da 1600MW è entrato in funzione nella centrale cinese di Taishan nel 2018. Dopo la messa in funzione, i tre reattori di Olkiluoto da soli produrranno oltre il 30% di tutta l’energia prodotta nel Paese.
Doveva esserci anche un quarto reattore ad Olkiluoto, ma a causa dei problemi e ritardi nella costruzione del terzo la licenza è stata revocata dal governo nel 2014.
Come Loviisa, anche i due reattori attivi di Olkiluoto dovevano essere decomissionati dopo 50 anni, ma recentemente anche la loro attività è stata prolungata almeno fino al 2038.
C’è infine un’altra centrale in progetto nel comune di Pyhäjoki, a un centinaio di chilometri a sud di Oulu. Hanhikivi, questo il nome della centrale, avrà un reattore di 1200MW costruito dai russi del Rosatom e gestito da Fennovoima, che inizialmente mirava a iniziare la produzione di elettricità già nel 2018. Ma la dura realtà è che i lavori sulla centrale non sono ancora iniziati, si prevede cominceranno nel 2021 dopo che lo STUK avrà approvato i progetti, e la il reattore entrerà in attività prima del 2028. Il costo totale dell’opera e previsto intorno ai 7 miliardi di euro.
Un problema connesso all’energia nucleare è lo stoccaggio delle scorie radioattive create durante il processo. In principio le scorie finlandesi venivano esportate in Russia per essere trattate, ma dal 2014 l’esportazione e l’importazione di qualsiasi materiale radioattivo è illegale.
Così la Finlandia ha cercato una soluzione permanente all’interno dei suoi confini: Onkalo (la “cavità”) è un sistema di oltre 60 chilometri di tunnel scavati nel granito nelle vicinanze di Olkiluoto che arriva fino a 450 metri di profondità. Iniziato nel 2004 dovrebbe entrare in attività nel 2020 e stoccare le scorie prodotte nei prossimi 100 anni. Una volta pieno, le strutture di superficie verranno demolite e i tunnel sigillati, e il sistema è progettato per durare almeno 100.000 anni senza creare infiltrazioni nel suolo circostante. Il prezzo totale di quest’opera si aggira intorno ai 4 miliardi di euro.
Questo sistema di stoccaggio delle scorie è per il momento unico al mondo, in altri Paesi come gli Stati Uniti i depositi di stoccaggio sono temporanei e in superficie, soprattutto perché per motivi politici e di opposizione di gruppi locali (secondo il principio NIMBY, not in my backyard) è stato fino ad ora impossibile trovare un luogo per la stoccaggio permanente.