Salvini a Helsinki e il fantasma di Berlusconi

“Oggi e domani sarò a Helsinki, in Finlandia, per incontrare i ministri degli Affari Interni dell’Unione Europea. Sarà un’occasione per parlare con gli altri colleghi di immigrazione, sicurezza, terrorismo e non solo”, ha twittato giovedì 17 il vicepresidente del Consiglio italiano Matteo Salvini. Con la solita minaccia: “Vi tengo aggiornati!”

Dopo aver evitato tanti simili appuntamenti europei, anche “formali”, viene da pensare: cosa non si farebbe per evitare di andare in Parlamento per spiegare la storia dei rubli alla Lega! D’altra parte, pensa qualcuno in malafede, da Helsinki al confine russo è uno sputo, e quel “non solo” del tweet potrebbe rimandare a una storia di amicizie “fraterne” est-ovest: una vodka-sauna  qui non la si nega a nessuno!

Sta di fatto che alla fine Salvini in Finlandia è arrivato, giovedì sera, dopo una visita al gattile del Verano in mattinata (potenza del pelo).

È stato accolto con gli altri colleghi europei dalla consueta cortesia del Ministro degli Interni finlandese,  Maria Ohisalo, e da Anna-Maja Henriksson, Ministro della Giustizia.

Al di là delle cortesie formali, bisogna dire che Salvini non è visto con simpatia in Finlandia. Nemmeno dalla comunità italiana, se è vero che alle recenti Europee gli Italiani in Finlandia hanno dato una netta maggioranza al PD (35,85%) e alla Lega solo un 11,48%, stessa percentuale di + Europa). E qualche lenzuolata se la prende anche qui.

A Turku nessun intervento della Prefettura per rimuovere il lenzuolo di un italiano diversamente pensante

Tornando all’accoglienza da parte finlandese, va detto che a parte le sue posizioni sovraniste, è soprattutto la sinergia con Putin ad essere vista con il fumo negli occhi. Le registrazioni pubblicate su BuzzFeed, in cui si sente parlare di un avvicinamento alla Russia come un destino, desta tra i finlandesi e nella loro classe dirigente una forma di reazione allergica antica e mai curata. Le simpatie naturali degli Strafinni (Perussuomalaiset) di Jussi Alla-Aho, secondi alle europee con il 17,5% dei voti, non cambiano di molto la diffusa antipatia che è avvertibile nel Paese, e sui media, nei confronti del Capitano.

Le antenne di Jukka Huusko su Helsingin Sanomat trasmettono questo sentimento, e si drizzano ricordando dei precedenti pericolosi, come i prestiti ‘agevolati’ a Marine Le Pen nella campagna elettorale del 2014 o, nel 2017, il caso del vice cancelliere austriaco Heinz-Christian Strache nell’Ibizagate. Nel 2014, l’allora eurodeputato Salvini dichiarava: «Non cerco regali, ma un prestito conveniente come quello concesso alla Le Pen lo accetterei volentieri».

Sotto le paure e le diffidenze, c’è qualcosa di più elementare, e più profondo, che italiani alla Salvini scatenano nell’opinione pubblica finlandese. Come era accaduto ai tempi di Berlusconi. E lo stesso sorrisetto accompagna il suo nome.

A creare imbarazzo è, non ultima, la maniera a dir poco volgare di rivolgersi alle donne. Come era successo a Berlusconi (e le sue maniere “galanti” con la Presidente Halonen) le recenti espressioni usate da Salvini nei confronti del capitano Carola Rakete, a cominciare dal più garbato “sbruffoncella”, vengono sentite come chiare forme di sessismo. E non perché in Finlandia le donne sentano il bisogno di galanterie da parte del sesso “forte”: ah, è proprio tutt’altra storia. Si tratta del diritto al rispetto della persona, indipendentemente da sesso, religione, etnia, colore della pelle, tutte cose stampate anche nella Costituzione italiana. Anche perché dietro certe forme immotivate di aggressività maschile, viene percepito un senso di imbarazzo, un complesso di inferiorità nei confronti di donne che hanno studiato, che sono diventate “capitani” per davvero e non solo sui social,  e che esibiscono le loro qualità intellettuali, per esempio, nella scioltezza con cui parlano le lingue. Ascoltate le due ministre finlandesi, e poi chiedete a Salvini (ma con Renzi era la stessa musica) di abbozzare due parole in una lingua che non sia il suo italiano regionale, e frasi che prevedano anche subordinate e non solo “e quindi” e “ciò detto” nella sua ossessiva paratassi, perfetta solo per le frasette di un tweet.

Un senso di inaffidabilità, di inconsistenza morale e anche politica, circonda l’immagine della classe politica italiana da decenni, e questo porta a volte, anche troppo spesso, a superare la soglia del buon gusto anche in campo luterano.

Come ha fatto per esempio Ari Turunen, studioso di storia, nel recentissimo numero della rivista “Voima” (6/2019) in cui introduce Salvini con il titolo: Calunnatore seriale.  Collocandolo dentro un quadro italiano della peggiore tradizione macchiettistica: “Negli ultimi decenni la politica italiana è stata un circo in cui le più riuscite esibizioni sono state all’insegna dell’insulto.” E cita la bambola sgonfiabile della Boldrini, e il caso della aggressione nei confronti di Luciana Breggia  e Matilde Betti, autorevoli giudici di Firenze e Bologna, additate dal ministro dell’interno al pubblico ludibrio, e invitate a farsi eleggere dal  popolo. Si passa quindi ai precedenti, alla Lega di Bossi, all’epoca del razzismo più becero. Prima della svolta del 2013, quando, con la sua elezione a segretario della Lega, gli obiettivi delle polemiche salviniane non sono più i terun, ma la UE, gli immigrati, oltre che i comunisti e le femministe.

Ma il veleno è nella coda,  quando dipinge Salvini come una reincarnazione di una maschera della Commedia dell’arte: e sorprendentemente cita Pulcinella. Non, come mi sarei aspettato, Capitan Fracassa (e magari il precedente storico del Miles gloriosus, che qualche analogia potrebbe averla), ma la maschera napoletana, presentato come “furbo, sarcastico, cafone, un buffone maleducato, che mette tutto in discussione. Un arrivista, che si sforza di stare sempre dalla parte del vincitore, e decide da che parte stare solo quando è sicuro della vittoria. Uno che se ne frega delle sanzioni e del giudizio altrui, e bada solo a se stesso.”

Detto della arlecchinesca interpretazione di Pulcinella (tratta dio solo sa da quale repertorio memoriale) e della caricatura banalizzata di una malattia molto seria della politica, il trasformismo (ma senza la aforistica concisione di Flaiano) mi tocca contro ogni mia cellula non dico difendere Salvini, ma almeno pretendere un minimo di analisi dietro le facili caricature.

Sento il bisogno di dire a chi si occupa di politica italiana, di evitare l’abbandono ai più triti luoghi comuni, al macchiettismo con le sue note di colore semplicistiche, di fare uno sforzo di conoscenza di un fenomeno un po’ più articolato. Come ai tempi di Berlusconi. Perché poi può succedere di ritrovarsi in casa propria, dopo Sipilä (definito a suo tempo un Berlusconi in sedicesimo) anche con un governo, non improbabile, del partito degli Strafinni di Jussi Alla-Aho.

Matteo Salvini e Jussi Ala-Aho

Sul piano delle macchiette, e delle derive volgari, si corre il rischio, sull’altro versante, di cadere negli stessi luoghi comuni. E allora sono i finlandesi a indossare la maschera dell’ubriacone e del cafone (come in una mai dimenticata esternazione di un raffinatissimo poliglotta nostrano di qualche anno fa, pubblicata su un serissimo quotidiano economico.) Vogliamo incentivare la gara allo sciocchezzaio?

L’Italia è spesso stata, nella storia europea, un prototipo, nel bene e (più di una volta) nel male, un laboratorio da cui si sono propagati modelli in Europa e nel mondo. Un modesto consiglio: provate a studiare meglio Salvini. Dietro quella maschera non c’è un buffone, purtroppo. C’è un pezzo della storia europea recente, delle politiche economiche e sociali mancate, in questi ultimi decenni. E in questa storia ci siete anche voi.

Nicola Rainò
Giornalista, traduttore letterario, studioso di lingua italiana e storia dell'arte. Emigra dal Salento a Bologna per studi, poi a Helsinki per vivere. Decise di fondare La Rondine una buia notte dell'inverno del 2002 dopo una serata all'opera.