Ellen Thesleff, arte oltre le apparenze

Ancora una grande signora dell’arte finlandese nel suo periodo d’oro in una bella mostra al Museo HAM di Helsinki: Ellen Thesleff (Helsinki 1869-1952). Era nata da famiglia della borghesia colta, in una casa in cui erano praticate musica e arte. Con le sorelle Gerda e Thyra si era dedicata alla pittura, sostenuta dal padre nella sua inclinazione.

Come tanti giovani artisti finlandesi sul finire dell’Ottocento si recò a Parigi, a studiare in varie fasi all’Académie Colarossi  tra il 1891 e il 1894. Qui subì fortemente l’influenza del simbolismo francese, come si vede già nelle prime opere come L’eco, e il ritratto di Thyra Elisabeth col suo profondo lirismo e i riflessi dorati e perlacei di un’icona.

La Thesleff condivise all’inizio certi interessi con Magnus Enckel, un maestro della sua generazione, che studiando al Louvre l’arte dei popoli mesopotanici e dell’Egitto cercava la chiave per raffigurare grandi temi della vita.

Magnus Enckell sentiva che la vera essenza dell’arte erano il mistero della vita e della morte, la sessualità e la bellezza estetica, e per le sue opere usò spesso materiali della mitologia antica, come si vede per esempio in questo languido Fauno del 1914.

Ellen invece nei suoi lavori del periodo simbolistico resta legata prevalentemente a soggetti finlandesi. I paesaggi di Ruovesi, il mondo naturale della residenza estiva della famiglia a Murole, erano per lei così cari e pieni di significato, da elevarsi a rappresentazioni spirituali universali.

Murole e la Casa Bianca diventano un luogo di meditazione sulle esperienze internazionali maturate, il posto per farle decantare, e ripensare in una poetica dell’interiorità. Così la madre, la sorella e la sua immagine allo specchio funsero spesso da modelli per ritratti interiorizzati, carichi di malinconia.

Esemplare al riguardo è il dipinto La madre dell’artista, del 1896, con le sue lumeggiature morbide e i tocchi delicati e monocromatici del pennello. Dal fondo emerge un volto ascetico, essenziale.

Nello stesso anno, ispirandosi alla sorella Thyra, dipinse la Violinista. La musica, come poi il teatro, furono essenziali per la sua espressività, fornendole ritmo e grazia per raccontare la vita sulla scena, quella che doveva sembrarle vera. La musica, soprattutto, era la musa dei simbolisti, fornendo un mezzo espressivo immateriale ed astratto.

Festa musicale a Murole: Ellen alla chitarra, Gerda al mandolino e la piccola Thyra al violino.

Decisivo fu certo l’incontro con l’Italia, dove Ellen si recò la prima volta nel gennaio del 1894 (e a Firenze, nel convento di San Marco, insieme con la Schjerfbeck, copiava le opere del Beato Angelico), poi una seconda nel 1895, stabilendosi a Firenze, dove trovò una bella comunità di artisti finlandesi, come Beda Maria Stjernschantz, Hugo Simberg, Magnus Enckell e Akseli Gallen-Kallela.

L’Italia e Firenze diventarono, insieme con la residenza di famiglia a Murole, l’amata Casa Bianca, i luoghi elettivi della sua vita personale ed artistica, in cui poté evolvere la sua poetica traendo ispirazione dai modelli delle avanguardie europee, in particolare il postimpressionismo e il fauvismo, di cui tentò una interpretazione personale.

Passata la “stagione kalevaliana”, lasciati i boschi fatati e l’ideale bellezza della natura, questa generazione di artisti si immerge nel clima novecentesco europeo cercando paesaggi interiori, tutt’altro che incontaminati.

Allo stesso modo certi volti di veloci ritratti portano il segno delle influenze maturate, per esempio nel lavoro di scarnificazione sul tema de La Rossa, che conserva la memoria dei visi delle arlesiane di Gauguin a lei ben noti.

Questa ricerca di essenzialità motiva anche, nel passaggio dalla Francia all’Italia, la profonda riflessione sul significato dei Primitivi italiani. E al contempo l’avventura nel mondo dei colori puri, “figure costruite coi colori”, scrisse, “movimento, attraverso i colori.”

Nascono opere di vibrante luminismo, come Juhannus, e Paesaggio toscano del 1907 in cui il lavoro sul colore assume già un senso materico, e contraddistingue il passaggio anche all’uso della spatola.

Fu in questo periodo che conobbe a Firenze il regista teatrale e grafico Gordon Craig e cominciò a dedicarsi sempre più all’incisione e alla xilografia, fornendo le illustrazioni per la rivista “The Mask” diretta da Craig.

L’ultima fase della sua vita la vide allontanarsi sempre più dal mondo figurativo, abbracciando una visione in cui figure umane e vegetali si intrecciavano in passi di danza in un palcoscenico quasi onirico. Sono anni di solitudine, dopo la morte della sorella Gerda nel 1939, in cui vive dapprima alla Casa Bianca poi nella Casa degli artisti di Lallukka.

Barcarole, 1933

Nelle ultime opere affiora in qualche modo qualcosa delle origini, l’atmosfera di un piccolo capolavoro giovanile del 1893, realizzato a Murole, e intitolato Pioppi tremuli (Haapoja), in cui raffigura con grafica eleganza i primi segni della primavera in una natura imperlata di argento.

In questa piccola elegantissima opera, quasi una miniatura monocromatica, ci sono già le premonizioni di una vocazione: la ricerca di una verità poetica oltre le forme, come aveva visto fare nelle opere di Michelangelo e Leonardo.

Era qui il senso di quel suo apparentamento, spesso travisato e scambiato per megalomania.

Proprio la ricerca di un senso nascosto dell’arte, vicino alla materia, le faceva venire in mente l’esempio di quei due grandi maestri,  che erano riusciti ad andare oltre le apparenze.

En plein air, a Murole

Retrospettiva di Ellen Thesleff “I paint like a God”

Museo Ham, Helsinki 26.4.2019-26.1.2020

Curatrice Hanna-Reetta Schreck

Nicola Rainò
Giornalista, traduttore letterario, studioso di lingua italiana e storia dell'arte. Emigra dal Salento a Bologna per studi, poi a Helsinki per vivere. Decise di fondare La Rondine una buia notte dell'inverno del 2002 dopo una serata all'opera.