Anche in Finlandia sembra esserci la stessa infatuazione per il biopic musicale che si è ultimamente vista anche nel cinema internazionale. Esce infatti questo venerdì Olen suomalainen, il terzo film in due anni a raccontare la storia di un musicista finlandese.
Dopo Olavi Virta e Juice Leskinen è il turno di Kari Tapio, il re dell’iskelmä (la versione finlandese dello Schlager, le “canzonette” popolari), morto improvvisamente nel 2010 ancora all’apice del successo.
Dei tre film Juice rimane di gran lunga il più riuscito, ed è interessante vedere come tutti, per quanto stilisticamente e narrativamente diversi, raccontino la stessa storia di ascesa al successo e lotta, questa senza successo, con l’alcolismo.
E l’alcol è al centro di Olen suomalainen forse più di quanto sia la musica: sono infatti poche le scene dove non compaia una bottiglia. Già nei primi minuti del film il giovane Kari prende un sorso dal taskumatti di Tapio Rautavaara, altro cantante con gli stessi problemi. Seguono ubriacature casalinghe, svuotamenti di minibar, collassi su palco e altri incidenti.
Il film ripercorre cronologicamente tutta la carriera del cantante, soffermandosi maggiormente sui primi decenni, quando Kari Tapio ebbe difficoltà ad affermarsi (il successo arrivò solo in piccole dosi fino alla fine degli anni ’70 e la vera fama solo quando il cantante era già cinquantenne), e usa come fulcro la moglie Pia, che viene presentata come l’unica persona che abbia continuamente creduto in lui, una donna forte capace di supportare e motivare il marito, alimentata da un amore in grado di perdonare tutto, dall’adulterio all’alcolismo.
La regia di Aleksi Mäkelä è pedissequa e poco ispirata e, nelle quasi due ore di film, Olen suomalainen non riesce a trovare il ritmo giusto. Anche gli attori, di certo non aiutati dalla sceneggiatura e i dialoghi, non sono sempre convincenti nei loro ruoli, con l’eccezione di Tiina Lymi, che riesce a dare intensità e carattere a Pia Viheriävaara.
Spesso in film come questo la musica è una scialuppa di salvataggio, ma qui viene spinta spesso in secondo piano, soprattutto non c’è molto sulla genesi dei pezzi o di come lavorasse Tapio come artista.
Si intravede brevemente la competizione fra i vari cantanti finlandesi ad appropriarsi delle melodie straniere più interessanti per farne poi delle cover in lingua finlandese, cosa che succede alla canzone che dà il titolo al film, ed è l’inno della finlandesità, basata su una notissima canzone di Toto Cutugno. Anche se, leggendo il testo, gli spaghetti al dente e la 600 giù di carrozzeria dell’Italiano sono molto finlandesemente sostituite con oceani di lacrime e una vita dura che dà poca gioia.