- Introduzione
- I primi scrittori di lingua svedese sul territorio finlandese
- La fondazione dell’università di Åbo (1640 -1809)
- La letteratura in lingua svedese in Finlandia dopo il 1809
- La formazione dell’identità finnosvedese dal 1880 in poi
- La letteratura di lingua svedese in Finlandia dal 1906 al 1945
- I modernisti finnosvedesi e il periodo tra le due guerre mondiali
- La letteratura finnosvedese dopo la seconda guerra mondiale
- Conclusione: Tendenze generali nella letteratura finnosvedese
- Bibliografia
Introduzione – Finnosvedesi: una delle minoranze dell’odierna Finlandia
I finnosvedesi sono una delle cosiddette minoranze storiche sul territorio della Finlandia; delle altre minoranze storiche fanno parte i sámi, i rom, gli ebrei, i tatari e i russi. Dal punto di vista odierno, a queste minoranze storiche dovremmo aggiungere anche altre, come ad esempio i Somali e i Finlandesi dell’Ingria, che vengono di solito definiti ‘nuove minoranze’, oppure ‘minoranze di ritorno’ (paluumuuttajat). Lo status delle minoranze in Finlandia è abbastanza vario; generalizzando, possiamo per esempio affermare che la posizione dei finnosvedesi è stata quella di colonizzatori nei riguardi dei finlandesi, allo stesso modo in cui i finlandesi lo sono stati nei riguardi della popolazione sámi. Per quanto riguarda i finnosvedesi, il termine “minoranza” veniva usato verso la fine dell’’800 soltanto per far riferimento agli abitanti di lingua svedese dei territori a prevalenza linguistica finnica; a partire dagli anni ’20, il termine minoranza ha preso ad indicare tutti gli svedofoni della Finlandia.
Oggigiorno ci sono circa 300.000 abitanti di lingua svedese sul territorio finlandese , cioè circa il 6% dell’intera popolazione (qui un nostro articolo sulla minoranza e gli stereotipi connessi); secondo i dati storici, nel ‘600 era il 17,5% e, anche se il numero non era quindi elevatissimo, a quei tempi comprendeva praticamente le classi sociali più alte e più istruite (studi superiori).
I finnosvedesi di oggi si definiscono come finlandesi di lingua svedese, la base della loro identità, quindi, è la lingua. Per molti secoli, gli svedofoni presenti sul territorio che oggigiorno chiamiamo Finlandia erano semplicemente gli abitanti di lingua svedese della provincia orientale del Regno svedese (la nozione e denominazione di Finlandia iniziarono ad essere usate soltanto all’incirca dal ‘300). Come vedremo, con i movimenti nazionali dell’’800 e con la formazione dell’identità finlandese basata sulla lingua finnica si sentì il bisogno anche tra gli abitanti del territorio di lingua svedese di definirsi in qualche modo.
Questo processo di autodefinizione ha fatto uso tra l’altro anche dell’aspetto regionale, facendo riferimento alle provincie della Finlandia nelle quali è sempre vissuta la popolazione di lingua svedese.
Queste aree venivano originalmente chiamate svenskbygderna (“regioni svedesi”; bygd = anche “campagna”), e dal primo decennio del XX secolo den svenska Finland (“la Finlandia svedese”), e quindi dagli anni ‘20 in poi Svenskfinland. Queste province o regioni sono: le isole Åland, la provincia di Åbo/Turku, la provincia di Nyland/Uusimaa (una striscia lungo la costiera occidentale, di circa 400 km di lunghezza e larga circa 20-30 km). Quest’area è la zona di origine e residenza della maggior parte dei finnosvedesi e per gli abitanti delle città è spesso il luogo dove trascorrere le vacanze, di solito nei cottage, nelle case in campagna. Tutta questa area è ufficialmente riconosciuta come area di lingua svedese oppure zona bilingue.
La costruzione dell’identità finnosvedese ha fatto uso anche della dimensione etnica, cioè delle “radici svedesi” dei finlandesi svedofoni, definendoli come un gruppo di persone originario della Svezia, con dei legami con la Svezia più forti di quelli dei finlandesi finnofoni. Questa affinità è evidente, ad esempio, guardando vari costumi e usanze popolari, vivi o “fatti rivivere” tra la popolazione finnosvedese (come la celebrazione della cosiddetta “festa di Lucia”, Luciafest). Grazie a questa dimensione, iniziò ad essere usata anche la denominazione finlandssvenskar (“gli svedesi della Finlandia”) che serviva appunto ad enfatizzare la diversità del gruppo e la sua vicinanza alla cultura svedese. Dal punto di vista odierno, comunque, il nome finlandssvenskar non sembra molto logico, in quanto i finnosvedesi si definiscono allo stesso tempo come “finlandesi di lingua svedese”. Tra l’altro non tutti i finnosvedesi dei nostri tempi hanno radici in Svezia, e ciò vale soprattutto per la maggior parte degli abitanti della costiera occidentale; bisogna anche considerare come gli antenati di molti abitanti svedofoni delle varie città nelle zone citate non siano originari della Svezia, ma finnofoni di origine contadina, i quali salendo nella classe sociale decisero di adottare lo svedese come lingua principale. È difficile, quindi, parlare dell’etnicità finnosvedese nel senso più ‘tecnico’ del termine; a dimostrazione di ciò vi è il fatto che, nonostante molte ricerche, non si sia finora giunti ad una definizione univoca dell’etnicità finnosvedese.
Un approccio molto popolare, anche in Finlandia, associa i finnosvedesi automaticamente con uno status sociale superiore; fino a certo punto, questo corrisponde alla realtà (per le ovvie ragioni storiche), ma si tratta pur sempre di una generalizzazione; soprattutto oggigiorno, gli abitanti svedofoni della Finlandia svedese sono socialmente un gruppo molto vario.
Dal momento che la lingua svedese serve come base per il processo di identificazione, la cultura e la letteratura finnosvedesi sono seguite anche in Svezia: l’’interesse per la letteratura finnosvedese, quindi, non è limitato ai circoli finlandesi, ma esiste anche tra i critici letterari della Svezia. Per quel che riguarda il rapporto tra la letteratura finnosvedese e la Svezia, bisogna anche far riferimento ad un certo ‘approccio culturalmente imperialista’ della politica culturale svedese, spesso oggetto di critiche da parte dei critici letterari. Ogni qualvolta un autore finnosvedese raggiunge il successo internazionale, immediatamente la Svezia inizia a mostrare interesse per l’autore in questione, considerato svedese in quanto svedofono. I teorici letterari svedesi non usano il termine ‘letteratura finnosvedese’, ma parlano della letteratura svedese nel senso di “letteratura in lingua svedese”; la prova più evidente di questo approccio è l’assenza del termine “letteratura finnosvedese” nell’enciclopedia nazionale svedese.
Come vedremo, ci sono comunque molti casi nei quali è veramente più facile parlare di autori di lingua svedese piuttosto che di autori finnosvedesi; secondo la definizione tradizionale, ‘a partire dagli inizi del XX secolo, ogni autore svedofono che vive in Finlandia dovrebbe essere considerato uno scrittore finnosvedese. Ma come classificare un autore che risponde a questa definizione ma che decide di trasferirsi in Svezia? Oppure uno scrittore svedese che si trasferisce in Finlandia? Inoltre, spesso sembra anche che il solo fatto di vivere in Finlandia e di scrivere in svedese non basti; l’autore in questione dovrebbe anche descrivere la vita e l’ambiente della popolazione di lingua svedese in Finlandia. Anche in questo caso, però, ci troveremmo di fronte a chiari problemi di classificazione per quel che riguarda la generazione degli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo. Molti autori, con evidenti radici finnosvedesi, compiono numerosi viaggi in paesi esotici, che poi descrivono nei loro romanzi e racconti, ad esempio Ulla-Lena Lundberg. Secondo il criterio tradizionale, anche loro dovrebbero essere esclusi dal gruppo dei finnosvedesi, anche se le loro aspirazioni letterarie prendo logicamente corpo soprattutto nell’ambito della letteratura finnosvedese.
Un altro tema spesso discusso nei circoli letterari finnosvedesi è quello del Det trånga rummet eller den trygga kretsen? (“Ambiente angusto o circolo sicuro?”), secondo l’espressione coniata da Merete Mazzarella, scrittrice finnosvedese e professore dell’Università di Helsinki. Quali sono le reali possibilità della letteratura finnosvedese, di una minoranza di appena 300.000 abitanti? Limitate a causa di tutti gli aspetti negativi che derivano dall’angustia dell’ambiente finnosvedese, oppure, sono proprio queste dimensioni ridotte a proteggerla da attacchi esterni?
A tutti questi problemi e questioni faremo riferimento in seguito. Adesso prendiamo a considerare la storia dello sviluppo della letteratura in lingua svedese sul territorio della Finlandia. Come abbiamo visto, soltanto a partire dagli inizi del XX secolo si può parlare di letteratura finnosvedese; parlando degli autori precedenti, useremo invece il termine letteratura svedofona sul territorio della Finlandia.
I primi scrittori di lingua svedese sul territorio finlandese
La storia dei rapporti tra la Finlandia e la Svezia è molto lunga ed è difficile datare l’arrivo dei primi svedesi sul territorio finlandese. Di solito si fa riferimento alle prime crociate svedesi, quindi al periodo che parte dal XII secolo. Verso la metà del XII secolo, il re svedese Erik IX ‘il Santo’, dopo tre crociate, riuscì a sconfiggere definitivamente e a sottomettere la parte sudoccidentale del territorio che oggi chiamiamo Finlandia. Ne seguì la cristianizzazione degli abitanti del luogo e la costruzione di un sistema sociale ed economico basato sul modello svedese. La vita amministrativa e la pratica religiosa furono condotte in lingua svedese. Sul territorio conquistato si trasferì un gran numero di abitanti svedesi che, col tempo, diventarono una parte integrante ed omogenea del Regno svedese, e non una mera provincia, come accadde, ad esempio, nel caso dell’Estonia. L’uso del finlandese rimase confinato alle campagne, quindi, alle classi più povere.
In questo modo, furono poste le condizioni per la nascita sul territorio finlandese della letteratura in tre lingue diverse: svedese, finlandese e latino. Come sappiamo, finnofona fu soprattutto la cultura popolare in forma orale. La letteratura medievale pervenutaci è in gran parte scritta in latino grazie al fatto che il latino fu la lingua principale della Chiesa cattolica, nel periodo medievale la maggior creatrice di testi scritti. In lingua svedese si sono conservate soltanto le leggende dei santi, risalenti a quella stessa epoca.
Il primo libro scritto sul territorio finlandese in lingua svedese fu ad opera di Jöns Budde (1437-1491), monaco del convento di S. Brigida a Naantali (Nådendal). Lo svedofono Budde fu anche un importante traduttore di alcune opere di mistici medioevali e di testi biblici. Il suo lavoro principale è il manoscritto conosciuto col nome Jöns Buddes bok, che contiene vari testi di carattere religioso come leggende, meditazioni e testi riguardanti il culto di S. Brigida.
Dopo Budde, ci fu un periodo poco fruttuoso dal punto di vista letterario; la Riforma abolì i monasteri, e nemmeno la corte rinascimentale, nata al castello di Åbo/Turku verso la metà del ‘600 (1556-63) grazie al Duca Giovanni, figlio del re svedese Gustavo Vasa (e futuro re di Svezia con il nome di Giovanni III) e alla sua moglie polacca Caterina Jagellonica, fu in grado di favorire la creazione di opere letterarie in lingua svedese.
Un’altra figura importante per quanto riguarda gli scritti in svedese sul territorio finlandese fu l’astronomo, filosofo e pastore protestante, Sigfrid Aron Forsius (1550-1624 circa), autore del manuale di scienze naturali Physicae (1611), di canti religiosi e di cronache; secondo lo spirito del tempo, non differenziava nei suoi scritti le scienze naturali da quelle umanistiche, e quindi nemmeno il misticismo dalla scienza.
Per quel che riguarda il periodo precedente la fondazione dell’università di Åbo/Turku, l’unica opera in lingua svedese che oggigiorno potremmo definire “puramente” letteraria fu la poesia En annan ny visa (Un’altra canzone nuova, 1651), della poetessa Christina Regina von Birchenbaum, della quale abbiamo già parlato come prima autrice sul territorio della Finlandia; la poesia autobiografica descrive i grandi avvenimenti dell’epoca, oltre alle vicende personali dell’autrice.
La fondazione dell’università di Åbo (1640 -1809)
Il punto di svolta per la letteratura in lingua svedese della Finlandia fu, naturalmente, la fondazione dell’università di Åbo/Turku. Le fondazioni di nuove università alla periferia del Regno svedese (1632 l’università di Dorpat/Tartu in Estonia, 1640 l’università di Åbo/Turku) ebbero lo scopo di legare le province baltiche della Svezia ancora più strettamente al Regno. Contemporaneo fu anche il flusso di studiosi dalla Svezia verso i nuovi atenei; allo stesso tempo, queste università resero possibile lo sviluppo nelle aree in questione dell’identità locale basata su una propria cultura “alta”.
All’università di Turku si iniziò a dare particolare rilievo al dramma teatrale, soprattutto grazie alle attività teatrali studentesche (come ad esempio ad opera di Jacob Chronander); un altro genere importante di quel periodo, nello specifico grazie ai docenti universitari, fu la poesia celebrativa in spirito accademico; Kai Laitinen lo definisce il periodo della “poesia erudita”. Appaiono delle poesie influenzate dalla poetica barocca (anche se c’è da dire, che il Barocco non ebbe un’influenza così forte in Finlandia), e grazie al poeta Johan Paulinus-Lillienstedt (1655-1732) abbiamo anche la prima poesia che venera la bellezza della Finlandia e che possiamo interpretare come una prova del patriottismo locale, intitolata Magnus principatus Finlandia, epico carmine depicta (1678); l’autore, che era solito scrivere nelle lingue classiche, al titolo latino fa però seguire il testo in greco. La poesia in lingua svedese inizia gradualmente a mostrare dei tratti più personali e intimi, come è possibile notare nelle opere del poeta Jacob Frese (1690-1729).
Comunque, soltanto nel XVIII secolo assistiamo ad uno sviluppo più importante della letteratura in lingua svedese; fu allora, infatti, che venne alla ribalta la generazione che aveva come obiettivo la creazione di una cultura svedofona finlandese. Il rappresentante principale di questa generazione fu Daniele Juslenius (1676-1752), vescovo, linguista e storiografo, uno dei primi cosiddetti “fennofili”.
Lo sviluppo di questa tendenza culmina, naturalmente, con l’ideologo illuminista Henrik Gabriel Porthan (1739-1804), che segna l’entrata nel periodo illuminista. Porthan si interessò soprattutto alla poesia popolare finlandese.
Juslenius e Porthan furono principalmente degli studiosi; se vogliamo seguire la linea dello sviluppo della letteratura svedofona scritta sul territorio della Finlandia facendo riferimento a testi che possono essere definiti letterari anche da un punto di vista odierno, dobbiamo prendere in considerazione la poesia, poiché la prosa in lingua svedese si sviluppa soltanto nei primi decenni dell’’800. Tra le personalità poetiche del XVIII secolo possiamo ricordare anche Gustav Philip Creutz (1731-1785), creatore di poemi sopratutto di tipo pastorale, in stile classicista e rococò. Creutz nacque in Finlandia, ma dopo aver studiato a Åbo/Turku si trasferì a Stoccolma; essendo di origini aristocratiche, entrò a far parte della vita della corte reale a Stoccolma e più tardi intraprese la carriera diplomatica. Creutz, come altri poeti di questo periodo, è uno degli esempi tipici di autori che vengono citati sia nella storia letteraria della Finlandia sia nella storia letteraria della Svezia. Un caso simile è Johan Henrik Kellgren (1751-1795), poeta e critico nato in Svezia, il quale trascorse in Finlandia soltanto alcuni anni durante i suoi studi, e in seguito si ritrasferì a Stoccolma. L’ultimo poeta che divide la sua fama tra la Finlandia e la Svezia è Frans Michael Franzén (1772-1847), allievo di Porthan e, comunque, influenzato dalla filosofia idealista tedesca, il quale si avvicinò al Preromanticismo e fu l’antesignano del Romanticismo. Dopo il 1809, Franzen si trasferì in Svezia. Creutz, Kellgren e Franzen sono, quindi, gli autori di questo periodo considerati svedesi anche dagli storici della letteratura svedesi.
La letteratura in lingua svedese in Finlandia dopo il 1809
“I romantici di Turku”
L’anno 1809 rappresentò un punto di fondamentale importanza per lo sviluppo della letteratura in Finlandia. Dopo la sconfitta nella guerra del 1808-1809, la Svezia fu costretta a cedere l’intero territorio finlandese alla Russia. Lo zar Alessandro I, alla Camera degli Stati generali a Porvoo/Borgå, assicurò alla Finlandia, per la prima volta nella storia, una grande autonomia. La Finlandia divenne un Granducato e, come conseguenza della promessa di autonomia da parte dello zar, vi fu una continuità nell’amministrazione, oltre alla preservazione della Chiesa luterana e dello svedese come lingua amministrativa. Alla corte dello zar a S. Pietroburgo fu istituito un “Comitato per gli affari finlandesi”, una delle aree più importanti degli organi amministrativi autonomi della Finlandia, che perde la sua metropoli tradizionale, Stoccolma, e deve venire a patti con un altro tipo di governo.
Anche dopo l’annessione della Finlandia alla Russia, lo svedese continuò ad essere usato come lingua amministrativa, ma il Regno svedese, nel senso antico della parola, vale a dire l’ambiente che richiedeva tale lingua come mezzo di comprensione e comunicazione, cessò di esistere. Anzi, lo svedese, un po’ alla volta, fu la lingua soltanto degli abitanti svedesi rimasti sul territorio finlandese dopo il 1809. Questo nuovo status della Finlandia rese possibile la formazione dell’identità degli abitanti del territorio: a causa dei cambiamenti politici, la popolazione sentiva adesso più pressante la necessità di definire la propria identità nazionale; fino a quel momento, gli abitanti erano stati cittadini del Regno svedese, adesso, invece, si trovavano ad essere cittadini del Granducato autonomo, quindi sotto il dominio russo. Quella che possiamo definire l’identità finlandese venne col tempo associata sempre più alla lingua finlandese; a causa di questo processo, la popolazione svedofona iniziò a sentire se stessa come una minoranza e creò questa nuova identità facendo uso delle caratteristiche citate: gli abitanti della Finlandia di lingua svedese spesso sovrastavano la parte finlandese sia per istruzione sia per ricchezza e vivevano in un ambiente diverso, vale a dire nelle città, sulla costiera occidentale della Finlandia, o sulle isole ad essa vicine.
A partire dal XIX secolo, la maggioranza degli abitanti di lingua finlandese iniziò ad interessarsi alla propria identità nazionale, anche se la lingua svedese veniva ancora vista come un chiaro indicatore dell’appartenenza alle classi più ‘nobili’ ed agiate, come lingua ‘urbana’ di istruzione, amministrazione e potere, che ‘soltanto poche persone’ erano in grado di parlare.
Le fondamenta del discorso nazionalista, sviluppatosi durante l’’800, furono gettate dai cosiddetti “romantici di Turku”, i quali si interessarono alla poesia popolare nello spirito del Romanticismo tedesco e svedese. A tal proposito, possiamo ricordare Arwid Ivar Arwidsson(1791-1858), a cui viene attribuito (senza prove) il motto “Svedesi non siamo, Russi non vogliamo diventare, che si sia quindi Finlandesi”. Arwidsson è anche uno degli autori svedofoni della Finlandia trasferitosi in Svezia; nel suo caso, più che di trasferimento si trattò di fuga, a causa delle sue idee rivoluzionarie. Da questo punto di vista, Arwidsson può essere chiamato l’unico vero romantico della Finlandia.
“I romantici di Helsinki” e le prime scrittrici in lingua svedese di Finlandia
Lo sviluppo delle idee nazionaliste continuò durante il cosiddetto “Romanticismo di Helsinki” sempre grazie, almeno nella sua prima fase, agli scrittori svedofoni. Il primo che cercò di definire più sistematicamente la nuova identità della popolazione finlandese fu il poeta di lingua svedese Johan Ludvig Runeberg (1804-1877), giornalista, traduttore, drammaturgo, e famoso, dal punto di vista letterario, anche in Svezia. Nei Racconti dell’alfiere Stål (Fänrik Ståls sägner I-II, 1848-1860), una delle sue opere più importanti, basata sui temi della guerra tra Svezia e Russia negli anni 1808-1809, Runeberg creò i personaggi principali sul modello della popolazione finlandese.
Un motivo importante è il contrasto che troviamo nella maggior parte delle sue opere: lo scrittore esalta la bellezza dell’entroterra finlandese e celebra le caratteristiche dei suoi abitanti, per la maggior parte finnofoni, che lui considera migliori, più autentici e genuini degli abitanti della costa, dove si parlava soprattutto lo svedese. Questo concetto delle ‘due Finlandie’ di Runeberg, la costiera e l’entroterra finlandesi, è poi entrato a far parte dell’idea dell’identità finlandese; come sappiamo, col tempo è stata la Carelia a prevalere come icona dell’identità finlandese più pura, ma il concetto più ampio dell’entroterra finlandese mantenne sempre le sue connotazioni patriottiche. Runeberg fu anche l’autore del testo della canzone (originariamente una poesia dalla raccolta dell’alfiere Stål) che diventò l’inno nazionale finlandese, Vårt land (1848), nella quale crea l’immagine dell’identità finlandese basata su quella nordica. Possiamo fare riferimento anche al modo in cui questa poesia ha contribuito al processo di legittimazione al diritto sul proprio territorio, dal punto di vista sia spaziale sia temporale, che intellettuali ed artisti finlandesi sentirono in modo abbastanza impellente; in altre parole, alla creazione dei cosiddetti “spazi poetici”, attraverso i quali il paesaggio del territorio in questione diventava una specie di terra promessa. Runeberg raffigurò questo spazio poetico finlandese sotto forma di paesaggio mitico nordico, la terra dei mille laghi e delle foreste sconfinate.
Per quanto riguarda i generi letterari, Runeberg fu importante per lo sviluppo della poesia in lingua svedese, non soltanto per quanto riguarda il territorio finlandese, ma anche l’intera letteratura in lingua svedese, anche quindi quella della Svezia (e infatti, viene citato come un autore svedese nelle storie della letteratura svedesi). Per quanto riguarda la prosa va detto che il genere del romanzo fu sviluppato in Finlandia dalle scrittrici di lingua svedese (possiamo citare almeno Wilhelmina Carstens(1808-1888) e Marie Linder (1830-1870). Il primato per quanto riguarda il romanzo storico fu invece di Fredrika Runeberg (1807-1879), moglie di Johan Ludvig, autrice di testi come Fru Catharina Boije och hennes döttrar (“Catharina Boije e le sue figlie”) in cui si accenna, tra l’altro, al problema della creatività femminile.
Anche se è stato provato che i romanzi storici della Runeberg, pubblicati soltanto dopo la morte di suo marito, furono scritti prima dei romanzi di Zacharias Topelius il giovane (1818-1898), fu quest’ultimo a godere a lungo della fama di primo autore di romanzi storici sul territorio della Finlandia. Topelius, quasi una generazione più giovane di Runeberg, era figlio di Zacharias Topelius il vecchio, uno dei primi ricercatori e raccoglitori della poesia popolare finlandese, e tra i primi ad intuire l’importanza della Carelia della Dvina per la poesia popolare balto-finnica. Suo figlio, Topelius il giovane, fu uno dei personaggi culturali più importanti della Finlandia dell’’800, autore di romanzi storici e di fiabe, poeta lirico svedofono, giornalista e drammaturgo, oltre che professore di storia all’università di Helsinki.
Tutta la sua opera ha un carattere fortemente moralizzatore, basato su due aspetti fondamentali, il patriottismo idealistico e il cristianesimo sentimentale, in seguito influenzato dall’inclinazione al misticismo, soprattutto nel potere delle stelle. Importante per lui fu anche la sua attività sociale, la solidarietà con i poveri e il suo attivismo anche nel campo dei problemi delle donne. Tra le sue opere più importanti possiamo citare il ciclo di racconti Fältskärns berättelser, I racconti del medico di campo (uscirono in 5 cicli dal 1853 al 1867), che illustrano la storia svedese e finlandese del XVII e XVIII secolo. Come nel caso di Fredrika Runeberg, anche il concetto del romanzo storico di Topelius fu influenzato dalle opere del romanziere romantico scozzese Walter Scott.
Il patriottismo di Topelius può essere caratterizzato con lo slogan “una nazione che parla due lingue”. Sotto l’influenza dei “romantici di Turku”, mediata naturalmente soprattutto da suo padre, Topelius iniziò ad interessarsi al problema della storia finlandese. Nella sua famosa lezione intitolata Äger finska folket en historie? “La nazione finlandese ha una sua storia? / Qual è la storia della nazione finlandese?” (1843, pubblicata nel 1845) rispondeva alla domanda in maniera negativa: la storia della Finlandia inizia con il 1809, vale a dire con l’acquisizione dell’autonomia all’interno del Regno russo. In questo modo, Topelius voleva enfatizzare la necessità di emancipazione dei finlandesi; comunque, in seguito modificò questa sua opinione decisa, soprattutto dopo essere stato nominato professore di Storia finlandese all’università di Helsinki, nel 1854.
Topelius non divenne mai uno storico “serio”; possiamo dire che, con i suoi romanzi storici, Topelius dette un contributo fondamentale all’invenzione della storia finlandese e alla definizione di questo concetto: i suoi romanzi raccontano della storia del territorio finlandese enfatizzando la sua autonomia già dai tempi antichi. I personaggi di questi romanzi sono spesso, sotto molti aspetti, delle persone eccezionali, nate in Finlandia e con un sentimento di patriottismo locale. In questo modo, Topelius contribuì alla creazione del passato nazionale,che legittimava il presente e il futuro; mentre il compito principale di creare l’età dell’oro degli eroi fu svolto da Lönnrot con il suo Kalevala, Topelius si concentrò sul passato più prossimo.
Oggigiorno Topelius viene ricordato sopratutto come “zio fiaba” (“satusetä”), uno dei primi personaggi importanti per lo sviluppo della letteratura infantile sul territorio della Finlandia. Si può dire che, fino a pochi decenni fa, Topelius avesse quasi un monopolio sull’educazione ideologica dei bambini finlandesi; non soltanto attraverso le famosissime fiabe, contenute nelle raccolte Sagor (Favole)e Läsning för barn (Letture per i bambini) (1847-96),ma anche grazie al suo Boken om vårt land (Il libro del nostro paese, 1875) usato a lungo come libro di lettura principale nelle scuole elementari finlandesi. Per fare un esempio, nella fiaba “Il dono del re di mare” (traduzione italiana di Chiara Sabatini, Settentrione 10/1998, 245-253) lo scrittore si ispira ad una storia autentica, ma poi la sviluppa seguendo i propri fini; in molti casi fa uso dell’ambiente del suo tempo, secondo lui molto più vicino alla vita quotidiana dei bambini. Se guardiamo alla rappresentazione della religione precristiana e di quella cristiana, vediamo come sia forte il fascino pagano ma, alla fine, il messaggio dell’autore è che sia necessario rispettare le regole cristiane. In questo racconto troviamo riferimenti non solo alla mitologia baltofinnica, ma anche a quella degli abitanti svedesi, come nel caso del vasserman (omino delle acque). Anche in fiabe come questa, di fantasia, ci sono riferimenti storico-geografici ad abitanti, paesi, ecc. In altre fiabe di Topelius, notevoli sono anche le caratterizzazioni delle donne libere ed emancipate, relativamente all’epoca.
Topelius è stato anche drammaturgo; la sua opera più importante in questo campo fu il libretto della prima opera scritta e rappresentata sul territorio finlandese (Kung Karls jagt, La caccia del re Carlo, 1848).
Il talento più grande per quanto riguarda il teatro di lingua svedese fu comunque senz’altro Josef Julius Wecksell (1838-1907), autore del dramma storico-psicologico Daniel Hjort (1862), rappresentato ancor oggi. Daniel Hjort è un dramma ispirato alla storia finlandese, ambientato a Turku nel periodo a cavallo tra il ‘500 e il ‘600, durante la cosiddetta “guerra delle clavi”, una ribellione contadina; il dilemma del protagonista ricorda molto da vicino l’Amleto di Shakespeare, ma ciò nonostante può considerarsi un’opera molto incisiva, che introduce la figura dell’antieroe nella letteratura della Finlandia. Il destino di Wecksell fu molto tragico; già da molto giovane mostrò segni di malattia mentale e a 27 anni fu internato in un manicomio dove trascorse 42 anni della sua vita e dove scrisse delle bellissime poesie con immagini molto particolari, quasi violente, a quei tempi viste come testi del tutto incomprensibili e irrazionali, ma ultimamente considerate presagi del Modernismo. Per il suo destino tragico, Wecksell viene spesso paragonato ad Aleksis Kivi.
Come una reazione sensibile al cambiamento del clima culturale della Finlandia dopo la metà dell’’800 possiamo interpretare la poesia di Wecksell del periodo precedente la sua malattia, intitolata Svenskan och finskan (1860), un dialogo tra le due lingue, lo svedese e il finlandese. Lo svedese è rappresentato come un vecchio soldato, sfidato a duello da un giovanotto focoso e folle. Viene enfatizzato come lo svedese abbia molti secoli di vantaggio, ma presto si aprirà la tomba per il suo cuore che va raffreddandosi velocemente, e i suoi tesori saranno ereditati dal finlandese. Alla fine, comunque, Wecksell mette in evidenza come la morte dello svedese sarà seguita nella tomba da “metà Finlandia”, in quanto lo svedese è ancora il maestro e il finlandese soltanto un allievo. La poesia esprime la convinzione di Wecksell che i finlandesi avrebbero dovuto diventare e rimanere una nazione davvero bilingue.
Né Runeberg, né Topelius considerarono un problema il fatto che cercassero di risvegliare l’identità nazionale finlandese usando una lingua diversa dal finlandese: entrambi scrivevano per ‘l’intera nazione’, senza distinzioni di sorta tra la popolazione svedofona e quella finnofona. Wecksell fu uno dei primi scrittori di lingua svedese a reagire all’arrivo graduale della fase successiva nello sviluppo del nazionalismo, il cosiddetto “nazionalismo linguistico”, il culmine del “patriottismo di tipo romantico”.
Negli anni ’40 il filosofo hegeliano e giornalista, più tardi anche senatore, Johan Vilhelm Snellman (1806-1881) aveva formulato un programma radicale di finlandizzazione dell’intera società, conosciuto sotto l’etichetta Yksi mieli, yksi kieli (‘Una mente, una lingua). Snellman non considerò il bilinguismo un’opzione possibile; per lui, l’adozione di una lingua (= il finlandese) significava anche l’avvicinamento delle classi sociali. I cittadini di lingua svedese avrebbero dovuto imparare il finlandese per avvicinarsi al “popolo” finnofono, il quale doveva studiare e coltivare la propria lingua. Sotto l’influenza snellmaniana, molti intellettuali e scrittori divennero fennomani, abbandonando così lo svedese. L’azione dei movimenti nazionali finlandesi culmina nel 1863 quando, grazie anche a Snellman, il finlandese diviene lingua ufficiale insieme allo svedese.
La formazione dell’identità finnosvedese dal 1880 in poi
La popolazione di lingua svedese in Finlandia si sentì, naturalmente, in pericolo a causa delle varie azioni messe in moto dalla parte finnofona, che cercava di conquistare sempre più diritti. Negli anni ’60 del XIX secolo assistiamo alla controffensiva culturale e politica dei vari circoli svedesi, i cosiddetti ‘svedofili’ che temevano il passaggio definitivo al finlandese come unica lingua ufficiale della Finlandia. Gli ‘svedofili’ più liberali volevano soltanto conservare lo svedese come seconda lingua ufficiale; quelli più radicali chiedevano la riannessione della Finlandia alla Svezia. Ci furono anche delle idee estremiste e razziste che dichiaravano la superiorità degli svedesi, in quanto razza ariana germanica del nord, rispetto ai finlandesi, di origini tartare o mongole, ancor peggio, quindi, degli slavi. Gli sforzi culturali per rinverdire il ricordo dei tempi gloriosi non ebbero, però, molto successo. Risultati migliori furono ottenuti per quel che riguarda il tentativo di avvicinare i madrelingua svedesi di Finlandia appartenenti alle varie classi sociali.
Il primo personaggio che sentì un forte bisogno di difendere la cultura in lingua svedese sul territorio finlandese fu Carl Gustaf Estlander (1834-1910), professore di estetica e letteratura moderna, ricercatore e critico letterario, il quale prese appunto le difese dello svedese, la lingua della cultura antica in Finlandia, e si oppose all'”estremismo fennofilo”. Il concetto della “svedesità culturale” influenzò il collega di Estlander, il linguista e folclorista Alex Olof Freudenthal (1836-1911), uno dei portavoce della nascente identità finnosvedese articolata sulla base della lingua, non sull’appartenenza a una certa classe sociale; un altro elemento importante fu l’enfasi sui legami con la Svezia dei finnosvedesi. Freudenthal compì importanti ricerche per quel che riguarda il folclore e i dialetti svedesi in Finlandia. Introdusse anche la distinzione precisa tra le parole “finne” (un finlandese di lingua finnica), “finländare” (l’abitante della Finlandia di qualsiasi lingua) e “finlandssvensk” (un finlandese di lingua svedese), che però si diffuse soltanto gradualmente. Mentre Runeberg e Topelius si definivano ancora come “finne”, Freudenthal era già un “finlandssvensk”.
Nel 1881 assistiamo alla nascita del partito politico degli svedofili, “Il partito svedese”, come reazione alla nascita del partito dei fennofili, che sosteneva, naturalmente, la lingua finlandese. Nel 1885, grazie all’impulso di Estlander fu istituita la Svenska Litteratursällskapet i Finland (Società della letteratura svedese di Finlandia), con il compito di aiutare la diffusione della letteratura in lingua svedese. Il teatro svedofilo di Helsinki, che negli anni ’80 si chiamava Nya teatern (“Il teatro nuovo”) prese il nome Svenska teatern, e ancor oggi è così chiamato. Il numero di riviste in lingua svedese crebbe notevolmente, così come quelle in lingua finlandese. In questa lotta per la lingua negli anni ‘60-‘80 del XIX secolo, le iniziative degli intellettuali svedesi portarono addirittura alla chiusura delle scuole dove l’insegnamento veniva condotto in finlandese. Grazie all’attività dei fennofili, negli anni ‘80 le scuole finlandesi, che crescevano continuamente di numero, furono definitivamente autorizzate.
Gli abitanti svedesi iniziarono ad essere sempre più marginalizzati e trattati come una minoranza. Il censimento del 1880 mostrò come soltanto il 14,3% della popolazione della Finlandia fosse di madrelingua svedese. Negli anni ’80, la maggior parte degli studenti dell’università di Helsinki era di madrelingua finlandese.
Ci fu, quindi, la necessità di ridefinire l’identità della popolazione svedofona della Finlandia, popolazione che diventava sempre più una minoranza: la necessità della nascita dell’identità finnosvedese come identità minoritaria portò con sé anche la nascita della letteratura cosiddetta finnosvedese, che diventò uno dei punti cardini di propagazione di questa nuova identità.
Karl August Tavaststjerna (1860-1898), spesso chiamato secondo uno dei suoi romanzi “il patriota senza patria”, può essere definito una figura transitoria; giornalista di lingua svedese, prosatore e poeta, fu una delle personalità più importanti per quel che riguarda la nascita della letteratura finnosvedese. Da un punto di vista stilistico, le sue opere appartengono sia al Realismo degli anni ‘80, sia al Neoromanticismo del XIX secolo (Simbolismo e Decadentismo).
Più in generale, la sua opera è caratterizzata da un’accentuata soggettività e da una tendenza allo scetticismo, alla melanconia, alla satira e all’ironia; sia nelle poesie sia negli scritti in prosa, Tavastjerna medita sul sentimento di sradicamento e di alienazione. Queste caratteristiche possono essere interpretate sul piano personale: Tavastjerna era un orfano, e la sua vita non fu particolarmente felice. Comunque, le succitate caratteristiche sono anche una delle ragioni dell’importanza di Tavastjerna per la letteratura finnosvedese, perché molto rilevante nel nostro caso è anche l’interpretazione di quest’alienazione causata dall’appartenenza a una minoranza linguistica. Ad esempio, nel romanzo En patriot utan fosterland (Il patriota senza patria, 1896), Tavastjerna fa allusioni alla propria ricerca dell’identità nazionale. Anche se dichiaratamente cosmopolita, Tavastjerna coltivò sempre grandi simpatie per la propria terra e da giovane parteggiò addirittura per i radicali di lingua finlandese, anche se lui stesso svedofono; da un lato si lamentava continuamente del provincialismo della vita in Finlandia, dall’altro desiderava avere una “causa”, il patriottismo, per cui combattere. Infatti, tra le sue opere postume fu trovata una poesia in forma di preghiera: “Dammi una lingua e dammi un paese, / dammi da amare legami amatissimi, / dammi uno scopo per cui poter morire”. Tavastjerna sentì sempre più la limitatezza di essere il rappresentante di una determinata classe sociale e di una certa nazionalità, in quanto scrittore di lingua svedese in Finlandia.
Possiamo dire che con Tavastjerna, la letteratura di lingua svedese della Finlandia iniziò a seguire un cammino tutto suo; in altre parole, la letteratura svedofona in Finlandia non riuscì a mantenere la sua posizione preminente, e il suo legame con la letteratura di lingua finlandese si indebolì sempre più; le due letterature iniziarono così a distanziarsi e continuarono a svilupparsi su binari diversi.
Zacharias Topelius, morto lo stesso anno di Tavastjerna, fu l’ultimo scrittore di lingua svedese a scrivere per ‘l’intera nazione’, come è possibile vedere nelle sue poesie del 1844, dove si parla di una nazione e una terra, una lingua e un senno: “Ett folk! ett land! ett språk! en sång och en visdom!“. Tavastjerna fu il primo ad esprimere con decisione l’incapacità di propagare questo ideale; in questo modo fu preparato il terreno per lo sviluppo differenziato della letteratura in lingua svedese come letteratura di minoranza.
Clas Zilliacus, professore di letteratura e critica letteraria all’università di Turku/Åbo, considera il 1906 come l’anno di nascita della letteratura finnosvedese. In quell’anno venne riformato anche il sistema parlamentare e ampliato il diritto al voto, e, come conseguenza, i rappresentati della popolazione svedese di Finlandia scesero dal 50 al 12%. La letteratura in lingua svedese in Finlandia dovette ridimensionarsi e adattarsi a questa nuova condizione. Già da quel periodo, si stabilisce definitivamente l’uso dei termini già citati di “Svenskfinland”, Finlandia svedese, e “finlandssvensk” o “suomenruotsalainen”, vale a dire finnosvedese.
La letteratura di lingua svedese in Finlandia dal 1906 al 1945
È difficile caratterizzare univocamente la prima generazione di autori finnosvedesi del primo decennio del XX secolo. A causa dell’avversa situazione politica, quest’epoca è caratterizzata soprattutto da un senso di confusione ed imbarazzo. Nonostante ciò, e un po’ paradossalmente, proprio questo periodo vide svilupparsi sotto vari aspetti la poesia finnosvedese, che reagì alle nuove correnti europee molto più velocemente della poesia finnofona. Inoltre, molti autori di questo periodo si concentrarono a tal punto su se stessi da dimenticare i problemi legati all’identità finnosvedese. Analizzando gli autori che, invece, trattarono di questa identità, si può notare una chiara diversità di approccio al problema. I più conservatori continuarono a far riferimento alla divisione tradizionale della popolazione in nobili Svedesi e plebei Finlandesi. I più liberali, invece, cercarono di unificare gli strati poveri e ricchi della popolazione finnosvedese della Finlandia; in questo gruppo più liberale troviamo anche isocialisti radicali. In Finlandia, soltanto in pochi, comunque, tentarono di abbattere la barriera della lingua tra Svedesi e Finlandesi, di riavvicinare le due culture e di parlare di nuovo all’intera nazione. Più in generale, è possibile caratterizzare questa generazione di “uomini stanchi”, come viene spesso definita, come un periodo di transizione da Tavaststjerna ai modernisti.
Bertel Gripenberg (1878-1947) fu un autore decisamente conservatore, sia per quel che riguarda le sue opere, sia per le sue idee politiche. In poesia, seguì fedelmente lo stile tradizionale (ai suoi tempi ciò significava la fedeltà alla poetica del Simbolismo e del Decadentismo) e fu contrario ad ogni forma di esperimento modernista. La sua opera è caratterizzata soprattutto da un forte senso di disillusione, depressione e delusione. Le questioni sociali sono viste da Gripenberg dal punto di vista delle classi più agiate; da ciò deriva anche l’ammirazione incondizionata per tutto ciò che è europeo, la convinzione della superiorità della cultura svedese rispetto a quella finlandese, il suo elitarismo aristocratico e il patriottismo eroico che sfocia nel nazionalismo, manifesto soprattutto durante la guerra civile in Finlandia, quando Gripenberg diventò il “poeta laureato” della vittoriosa Armata bianca; si tratta, quindi, del nazionalismo definito attraverso l’identità finnosvedese concepita come superiore a quella degli abitanti della Finlandia di lingua finlandese (Gripenberg, infatti, chiamava gli svedesi “la roccaforte contro il barbarismo orientale”). Negli anni ‘30, questo tipo di nazionalismo portò Gripenberg anche a nutrire simpatie per il movimento fascista.
Un personaggio decisamente opposto a Gripenberg, per quanto riguarda le inclinazioni politiche, fu il poeta Arvid Mörne (1876-1946). Autore di sinistra, simpatizzò per i vari movimenti operai, almeno nella prima fase della sua opera. Fu probabilmente a causa dei suoi continui contatti con le classi meno agiate della popolazione svedese della costa occidentale della Finlandia che Mörne sviluppò un approccio che fondeva gli ideali socialisti con quelli degli svedofili. Nelle sue opere, non solo non attaccò la popolazione finlandese, ma addirittura mostrò per essa delle chiare simpatie, anche se si rivolse maggiormente alle regioni di lingua svedese della Finlandia. Le sue poesie sono soprattutto liriche; accanto ai motivi di critica sociale, Mörne creò una nuova iconografia poetica dell’identità finnosvedese, una specie di “contro-iconografia” se la relazioniamo ai “paesaggi poetici” creati da Runeberg: l’immagine del “locus amoensis”di Mörne è basata sul significato metaforico del mare e delle isole dell’arcipelago occidentale. Molto famosa è, per esempio, la poesia Tallarna på berget (“Pini sulla montagna”) che descrive appunto il paesaggio dell’arcipelago finlandese con i pini sulle isolette di granito.
Il decennio successivo vide l’affermarsi in Finlandia della nuova generazione letteraria, la cosiddetta dagdrivare, bighellona, analoga a quella “flanör”di Hjalmar Söderberg in Svezia. E’ questa una generazione con un approccio alla vita decisamente scettico, come di un freddo e analitico osservatore che ha perso ormai ogni valore, diventando passivo e fatalista. Nelle loro opere questi autori, pur non essendo loro stessi dei rivoluzionari ma piuttosto legati al modo di vivere urbano delle classi più ‘alte’, le disprezzano decisamente. I rappresentanti principali di questa corrente sono Gustav Alm (1877-1944), Torsten Helsingius (1888-1967) e Erik Grotenfelt (1891-1919), i quali contribuirono all’immagine della letteratura finnosvedese come di una letteratura elitistica, troppo raffinata, decadente al confronto con quella di lingua finlandese, che esprimeva l’anima della nazione che rinasceva e rifioriva; inutile dire che queste affermazioni sono un chiaro esempio di cliché.
Pur apparendo nello stesso periodo, il prosatore Runar Schildt (1888-1925) non fa parte della generazione dagdrivare, sebbene anche la sua opera manifesti dei tratti considerati tipici per la letteratura finnosvedese: introspezione e analisi della propria psiche. L’interesse di Schildt si concentrò soprattutto sulla psicoanalisi. Schildt tratta del tema dell’uomo naif, debole e buono che non riesce a difendersi dal male a causa della sua passività e del suo complesso di inferiorità, oltre che per la sua solitudine. Questo tema venne elaborato dall’autore anche sullo sfondo della guerra civile, come possiamo vedere nei racconti del 1920 Aapo e Armas Fager e nell’opera teatrale in quattro atti Den stora rollen, Un ruolo importante, del 1923.
Jarl Hemmer (1893-1944) manifesta delle caratteristiche e un approccio simili a quelli di Schildt. Fu, comunque, un autore romantico un po’ in ritardo rispetto ai tempi, e debuttò con delle poesie abbastanza naif, idealistiche e armoniose. Soltanto in seguito appaiono, nelle sue opere, dei toni tragici: una forte delusione e la paura della vita, profondi sensi di colpa, sofferenze e morte.
I modernisti finnosvedesi e il periodo tra le due guerre mondiali
Un’importante corrente letteraria finnosvedese, che influenzò non soltanto le generazioni successive di autori finnosvedesi ma anche alcune generazioni letterarie in Svezia, fu il Modernismo finnosvedese, che ebbe origine nel primo decennio dello scorso secolo, ma che si sviluppò sopratutto negli anni ’20. I rappresentanti di questo movimento aspiravano ad un cambiamento completo e fondamentale dell’interpretazione dell’esistenza umana. Molti modernisti credevano fortemente, grazie anche all’influenza della rivoluzione bolscevica in Russia, nella possibilità di una vita migliore, con nuovi valori e rapporti migliori tra le persone. Tutto ciò si manifestava nelle loro opere soprattutto attraverso l’anticipazione di un futuro migliore e di un organizzazione collettivistica della vita. Vitalismo ed Espressionismo furono correnti importanti per la nascita del Modernismo finnosvedese, insieme a Futurismo, Imagismo e più tardi anche Surrealismo e Dadaismo.
La più importante rappresentante della lirica modernista finnosvedese è la poetessa Edith Södergran (1892-1923), innovatrice e ispiratrice di molti autori delle generazioni successive. La sua opera rappresenta un cambiamento radicale, sia formale sia tematico, rispetto alla tradizione letteraria del tempo. Da un punto di vista formale, le sue poesie sono molto importanti in quanto, per la prima volta nella letteratura nordica, si basano sul verso libero, senza rime e ritmi precisi. Södergran è un’autrice con un chiaro background cosmopolita: fu influenzata dalle maggiori correnti europee, come il Simbolismo e il Decadentismo francesi, il Futurismo russo e l’Espressionismo tedesco. Dal 1916 al 1925 Södergran pubblicò cinque raccolte di poesie, e viene considerata la prima modernista nell’intero panorama della poesia nordica e quindi presentata spesso nelle antologie moderniste come una scrittrice di importanza non soltanto nordica, ma europea.
Come i suoi successori del movimento modernista finnosvedese, anche Södergran fu di origine cosmopolita: nacque nel 1892 a San Pietroburgo da famiglia finlandese di lingua svedese. Suo padre, Matts Södergran, era un ingegnere, e sua madre, finnofona, era una donna colta, che conosceva anche l’inglese, il tedesco e il russo ed era amante della letteratura tedesca e dei classici russi. Edith fu figlia unica.
Södergran è un caso esemplare di un autore o autrice la cui opera, almeno fino a poco tempo fa, veniva interpretata attraverso la sua vita. Anche se noi suggeriamo altre possibilità d’interpretazione, conviene seguire prima gli avvenimenti importanti della sua vita, per capire meglio le interpretazioni precedenti. In questo senso può essere utile la visione di un film che ripercorre la sua vita, diretto da Tuija-Maija Niskanen, intitolato Landet som icke är (1977).
Tra gli altri rappresentanti del modernismo finnosvedese si pongono Elmer Diktonius (1896-1961), poeta espressionista, con un forte orientamento politico di sinistra. Diktonius pubblicò le poesie di Edith Södergran nella rivista “Ultra”, portavoce del Modernismo finnosvedese degli anni ‘20. Per il modo in cui integra le nuove correnti artistiche con lo spirito rivoluzionario, Diktonius viene spesso paragonato a Majakovskij. La scrittrice e drammaturga Hagar Olsson (1893-1978) divenne famosa grazie al suo ruolo di critico e esseista, ma anche come portavoce dell’intero movimento letterario modernista finnosvedese. Gunnar Björling (1887-1960) scrisse delle brevi poesie dadaistiche e aforistiche, che ben descrivono la sua filosofia di vita. Rabbe Enckell (1903-1974) riuscì a collegare, nelle sue poesie, il verso minimalista e modernista con quello classico tradizionale.
Durante il primo ventennio dello scorso secolo, la letteratura finnosvedese continuò il già citato processo di “adattamento alla propria condizione minoritaria”, obbligata anche dal grande rilancio della letteratura e cultura in lingua finlandese. Da questo momento assistiamo a quella che possiamo definire una vera e propria “battaglia tra il finlandese e lo svedese”, che vede quest’ultimo lentamente soccombere e perdere terreno nei confronti del finlandese sia per quel che riguarda lo status di lingua d’istruzione universitaria sia, più in generale, negli altri aspetti della vita pubblica.
E forse proprio come reazione a questa situazione, la letteratura finnosvedese sviluppa, in questo periodo, una lingua propria. Molti autori di questo periodo temevano che la lingua svedese usata in Finlandia diventasse troppo provinciale e che si potesse discostare troppo, anche da un punto di vista normativo, dallo svedese parlato in Svezia. L’uso ‘corretto’ della lingua fu perciò di importanza vitale. Nelle produzioni teatrali finnosvedesi, ci fu addirittura la nascita di un vero linguaggio artificiale.
Negli anni ’30 e ’40, non assistiamo alla comparsa di una nuova generazione letteraria. In questo periodo, infatti, riecheggia ancora la produzione degli autori premodernisti, come Hemmer, Gripenberg e Mörne, e anche dei modernisti finnosvedesi, i quali, proprio in questo scorcio, producono le loro opere più importanti. Dal momento che uno dei punti più importanti della generazione modernista fu ‘creare un linguaggio proprio’, in senso artistico, non linguistico, assistiamo ad un inasprimento dei punti diattrito tra i modernisti e i sostenitori della ‘correttezza’ linguistica dello svedese di Finlandia.
Negli anni ’30, registriamo il debutto della scrittrice finnosvedese Sally Salminen (1906-1976), autrice del romanzo Katrina (1936). Quest’opera tratta delle vicissitudini di una donna coraggiosa, sposata ad un povero marinaio e colono, il cosiddetto “torpare” (torppari);il romanzo è ambientato nelle isole Åland/Ahvenanmaa, nella seconda metà del XIX secolo. La narrazione è abbastanza tradizionale, ma la storia è molto forte e tocca dei problemi sociali importantissimi di quel periodo; il romanzo vinse anche il Premio Nordico per la letteratura.
La letteratura finnosvedese dopo la seconda guerra mondiale
La fine del conflitto mondiale significò anche la fine dell’isolamento reciproco della letteratura finlandese e svedese di Finlandia; dopo il 1945, la battaglia tra le due lingue, in pratica, cessò. Assistiamo ad un rinnovato interesse, da parte della critica finlandese, per la letteratura finnosvedese, che, un po’ alla volta, si riavvicina alla letteratura finlandese, anche per quel che riguarda la struttura delle opere. Furono mantenuti anche i contatti con la letteratura della Svezia, con la quale la letteratura finnosvedese ebbe delle relazioni addirittura migliori di quelle del periodo tra le due guerre. D’altro canto, però, il periodo post-bellico significò anche un senso di disorientamento, disappunto, delusione ed invecchiamento. I rappresentanti della generazione più giovane, attivi negli anni ’20 e ’30, portatori della tradizione modernista, erano quasi tutti morti in guerra, o comunque si erano ritirati dalla vita pubblica. Alcuni, temendo anche un possibile cambiamento politico, in questo messi in guardia dallo sviluppo politico in Cecoslovacchia dopo il febbraio del 1948, preferirono emigrare in Svezia.
In generale, l’ambiente letterario e la prospettiva letteraria furono abbastanza ristretti. Vi furono pochi scrittori attivi nel dopoguerra. Uno stimolo abbastanza forte alla letteratura finnosvedese di questo periodo venne soprattutto da due riviste letterarie: Album, pubblicato già dal 1945, di orientamento umanistico-liberale, che comunque non riuscì a guadagnare l’attenzione della scena culturale e, di conseguenza, ben presto scomparve; e Arena, molto più importante, rivista letteraria bilingue fondata nel 1951 grazie all’iniziativa dei circoli culturali liberali.
La generazione post-bellica spesso riprendeva i temi del primo modernismo tra le due guerre, garantendone, così, una chiara continuità. Il ritorno al Modernismo, ispirato nella letteratura finnosvedese, così come nelle altre letterature europee, dall’Esistenzialismo, è ben chiaro nelle liriche di Solveig von Schoultz (1907-1996), caratterizzate da un forte soggettivismo, stile personale e ricchezza di metafore. Da un punto di vista tematico, le sue opere si distaccano dalle convenzioni sociali, in diretto contrasto con la creatività umana. Nei suoi lavori di prosa, von Schoultz dedica notevole attenzione al rapporto tra madre-artista e figlia, uno dei grandi temi della letteratura scritta dalle donne nel ‘900.
Tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50, furono pubblicati la maggior parte dei racconti dei Muumin (nove, in tutto) della scrittrice finnosvedese Tove Jansson (1914-2001). Questi libri, grazie ai messaggi di bontà, vita semplice, umorismo e sottile ironia, sono adatti sia per i bambini, sia per un pubblico più adulto. Qui un documentario in inglese che traccia un ampio profilo della sua vita e della sua produzione.
Per una breve panoramica sui trend principali della letteratura finnosvedese del dopoguerra citeremo soprattutto quegli autori dei quali abbiamo a disposizione delle traduzioni in italiano.
Alcuni autori finnosvedesi hanno continuato la tradizione introspettiva della letteratura svedofona della Finlandia, ad esempio Tito Colliander (1904-1989), il quale, dopo la rivoluzione russa, fuggì da S. Pietroburgo e si rifugiò in Finlandia, dove in seguitò si convertì alla religione ortodossa. Tema di tutti i suoi romanzi, tipici per capacità di immedesimazione e analisi psicologica, è il male nell’uomo, la paura, la confusione che deriva dalla perdita della propria casa, il dramma della vita e la redenzione attraverso la religione.
Un altro gruppo di autori, di per sé decisamente eterogeneo, è formato dai cosiddetti ‘veterani di guerra’, giovani autori che arrivarono al fronte quasi direttamente dai banchi di scuola. Dopo la guerra, si fece sempre più forte in loro un senso di delusione per l’occasione persa, e cercarono, quindi, di ricreare tutto quello che con la guerra avevano perduto. Un esponente di questa categoria è Oscar Parland (1912-1997), importante per la letteratura finnosvedese in quanto autore di due romanzi introspettivi autobiografici, Tjurens år (Gli anni del toro, 1952) e Den förtrollade vägen (Cammino stregato, 1953).
La tradizione modernista in poesia venne sviluppata principalmente da Bo Carpelan (1926-2011), famoso soprattutto come poeta, rappresentante preminente della corrente apolitica finnosvedese della letteratura del dopoguerra. .
Tra i poeti nati dopo il conflitto bellico, possiamo citare TuaForsström (1947 – ), la quale si ricollega ai modernisti e rappresenta il personaggio più importante della letteratura finnosvedese degli anni ‘80 e ‘90. La Forsström è autrice di varie raccolte di poesie, tra queste Snöleopard (Il leopardo di neve – 1987), ricche di simboli, e con un linguaggio semplice, diretto e minimalista.
Gli autori finnosvedesi fortemente interessati alla politica, soprattutto di sinistra, i cosiddetti rivoluzionari, o riformisti, cercarono, dopo la guerra, di creare, su base intellettuale, un quadro marxista della cultura. Elmer Diktonius e Halgar Olsson collaborarono alla sezione svedese della rivista artistica e culturale Kiila (Cuneo), fondata negli anni ‘30 e ancora in auge nel periodo post-bellico.
Atos Wirtanen (1906-1979), giornalista e politico, fu autore, tra l’altro, di articoli con un’ampia prospettiva culturale, con i quali ispirò i giovani radicali finnosvedesi di sinistra. Un’altra personalità di orientamento socialista fu Eva Wichman (1908-1975), autrice di racconti e poesie politiche e agitatrici, sullo stile di Vladimir Majakovskij. In seguito, la Wichman abbandonò il Partito comunista.
La generazione giovane di autori interessati alla situazione politica dell’epoca è rappresentata soprattutto da Jörn Donner (1933 -). Prosatore finnosvedese, regista, critico letterario e autore di reportage fortemente politici, scrive in maniera provocatoria dei problemi della società finlandese. Durante la sua carriera, Donner svolse anche varie funzioni politiche e culturali.
Autore di stampo marxista, Gösta Ågren (1936 -) è originario di Pohjanmaa/Österbotten. È particolarmente attivo nella lotta per l’affermazione dell’importanza della cultura della costa settentrionale della Finlandia, dove opera come propagatore e organizzatore della vita letteraria e come portavoce degli ideali di provincia. Autore di oltre venti raccolte di poesie liriche, si dedica anche alla prosa, come testimonia la sua opera forse più importante Vår historia(La nostra storia, 1977), cronaca storica scritta da un punto di vista proletario-marxista. Un altro autore originario della Finlandia settentrionale è Lars Huldén (1926-2016), poeta che documenta nelle sue opere la vita contadina di Pohjanmaa/Österbotten. Molte delle sue poesie sono scritte nel dialetto locale, come, ad esempio, Heim/Hem (A casa, 1977).
Alcuni autori finnosvedesi del dopoguerra criticarono le classi sociali più alte della società finlandese “dall’interno”, in quanto appartenevano loro stessi alle classi più agiate. L’esempio più importante è forse Christer Kihlman (1930 – ) che, dal punto di vista della profondità della critica sociale, è probabilmente l’autore più importante della letteratura finnosvedese degli anni ‘60. I romanzi di Kihlman si possono definire come autoterapeutici; a parte i problemi della borghesia finnosvedese, Kihlman tratta anche la questione della bisessualità, i problemi del matrimonio e dell’alcolismo.
Autobiografici e autoterapeutici sono anche molte delle opere in prosa di Henrik Tikkanen (1924-1984). I suoi testi all’inizio furono basati sulla prospettiva dei veterani di guerra, per i quali il conflitto mondiale significò un trauma psicologico insormontabile. Il successo maggiore Tikkanen lo raggiunse con il ciclo autobiografico e autoterapeutico, dove l’autore cerca di risolvere il suo conflitto con l’alcool, i difficili rapporti con i genitori e con gli stessi circoli finnosvedesi.
Le opere di Christen Kihlman e Henrik Tikkanen provocarono, verso la metà degli anni ‘70, uno degli scontri più aspri ed importanti in assoluto della letteratura finnosvedese, il cosiddetto Dibattito Tikkanen-Kihlman (Tikkanen-Kihlman-debatten). Parte dei circoli culturali finnosvedesi accusò i due di slealtà: i romanzi di Tikkanen e Kihlamn erano visti come il tentativo di descrivere malignamente gli Svedesi di Finlandia come boriosi decadenti della classe sociale più alta.
Gli anni ’70 portarono nella società e nella cultura finlandesi il fenomeno della rivolta, con un impeto maggiore rispetto ai decenni precedenti. La manifestazione principale di questa rivolta fu, per quel che riguarda i finnosvedesi, la rivista FBT.
Un personaggio prominente della generazione della rivista FBT è Claes Andersson (1937-2019), autore soprattutto di poesie. Andersson, di professione psichiatra, nei suoi testi mescola un tono psicologico ed introspettivo ad un interesse profondo per le questioni sociali e politiche. Nella seconda metà degli anni ‘60, Andersson pubblicò, in rapida successione, tre importanti raccolte di poesie, che descrivono in maniera molto autentica l’atmosfera di quegli anni e che suscitarono notevole interesse. Andersson scrive anche prosa, in stile documentaristico, sceneggiature per film, ecc. Come il citato Donner, Andersson è un altro esempio di scrittore fortemente interessato ai problemi politici, al punto da entrare in politica anche attivamente; nella seconda metà degli anni ‘90 fu Ministro della Cultura in Finlandia.
Un’interessante attività culturale finnosvedese fu quella svolta, negli anni ’70, dalla rivista Fågel Fenix (L’uccello Fenice). La rivista fu pubblicata negli anni 1975-1977 dagli studenti finnosvedesi di Helsinki, prendendo a modello le maggiori pubblicazioni underground straniere. Già dal punto di vista formale, la rivista, frammentaria e non tradizionale, cercò di esprimere la protesta, sotto tutti i punti di vista, contro le convenzioni borghesi ma anche contro il punto di vista politicizzantedella generazione della rivista FBT. La parola d’ordine fu libertà assoluta. Proprio questo suo carattere frammentario fu anche il limite della rivista, che non riuscì mai a suscitare un grande interesse nei lettori.
L’atmosfera politica degli anni ’60 e ’70 fu anche la base per le attività femministe, sia nel campo sociale e culturale, sia in quello letterario. Il femminismo finnosvedese si manifestò per la prima volta nella seconda metà degli anni ‘60 attraverso la rivista FBT, e si sviluppò, poi, completamente soprattutto negli anni ‘70.
La personalità più importante del femminismo finnosvedese è l’autrice di prosa e poesia Märta Tikkanen(1935 – ). Raggiunse il successo con il romanzo semi-autobiografico in versi Århundradets kärlekssaga (La storia d’amore del secolo, 1978), opera ‘complementare’ del ciclo autobiografico del suo ex-marito Henrik Tikkanen. Nel romanzo, la Tikkanen descrive la sua vita col marito alcolizzato e tratta, più in generale, della convivenza nel matrimonio e dei problemi della donna artista.
Molte scrittrici finnosvedesi delle generazioni successive hanno continuato la linea decisamente femminista di Märta Tikkanen, altre hanno preferito temi più “generali”; ad esempio, una delle scrittrici finnosvedesi oggi più note (e anche una delle scrittrici più lette in Finlandia), Ulla-Lena Lundberg (1947 – ), si concentra sui temi etici e continua la tradizione della narrativa delle isole Åland.
Della generazione che ha debuttato negli anni ‘90, possiamo citare almeno Monika Fagerholm (1961 -), conosciuta soprattutto per il suo primo romanzo Underbara kvinnor vid vatten (Donne meravigliose sulla riva, 1994), che descrive in dettaglio gli anni ‘60 dal punto di vista di due donne.
Alla stessa generazione appartiene Kjell Westö (1961 – ). Oltre ad essere scrittore, Kjell Westö è anche giornalista, e collabora regolarmente al principale quotidiano di lingua svedese in Finlandia, Hufvudstadsbladet. Debuttò come autore di poesia, e quindi fa parte anche del gruppo dei giovani poeti finnosvedesi (purtroppo, per ragioni di tempo e mancanza di testi in italiano, non abbiamo tempo di discutere più in dettaglio questo gruppo altrimenti interessantissimo). Westö, comunque, raggiunse il successo soprattutto come prosatore, col romanzo Drakarna över Helsingfors (Aquiloni su Helsinki, 1996). L’opera descrive l’evolversi del rapporto tra un padre e un figlio sullo sfondo dei cambiamenti della società finlandese dell’ultimo trentennio; paradossalmente, più migliora la posizione sociale dei personaggi, più aumenta il loro disagio.
Nelle opere di Westö diviene apparente il maggiore problema della letteratura finnosvedese contemporanea, la lingua: molti passi, soprattutto nei dialoghi, contengono molte espressioni e persino intere frasi in finlandese. Sembra quasi che gli autori abbiano delle difficoltà a descrivere in svedese gli avvenimenti che hanno luogo in una nazione a maggioranza finlandese, soprattutto a causa della continua integrazione della minoranza svedese con quella finlandese.
Conclusione: Tendenze generali nella letteratura finnosvedese
Come abbiamo visto, uno degli aspetti che abbiamo trovato ripetutamente in molti autori finnosvedesi è il senso di isolamento e sradicamento, sentimenti, questi, che sembrerebbero riportarci agli autori a cavallo tra il XIX e XX secolo, come Tavaststjerna. A questo proposito, bisogna di nuovo ricordare come la letteratura finnosvedese sia la letteratura della minoranza svedese di Finlandia, circa il 6%, e che in passato rappresentava l’élite, anche culturale, della nazione; è naturale, quindi, che tali sentimenti siano più persistenti che nelle altre letterature.
Secondo il professor Johan Wrede, fino a pochi decenni fa, una delle caratteristiche più importanti della letteratura finnosvedese era stata l’attributo borgerling: vale a dire che questa letteratura era soprattutto la letteratura delle classi più alte; la maggior parte degli autori proveniva appunto da queste classi e, con le loro opere, si rivolgevano proprio ai membri di queste classi e ai loro valori. Secondo Wrede, questo attributo della letteratura finnosvedese ha perso significato soltanto dopo le rivolte degli anni ‘60 e il femminismo degli anni ’70.
Molto è cambiato con le nuove generazioni degli scrittori, come possiamo vedere, ad esempio, proprio nelle opere di Kjell Westö. L’approccio di Westö all’identità finnosvedese è molto interessante e ci dice molto dei cambiamenti nell’approccio dei giovani finnosvedesi verso questa questione.
Questo sviluppo lo si può mettere in relazione all’avvicinamento continuo della letteratura finnosvedese a quella in lingua finlandese. Capita anche, sempre più spesso, che un autore di una “nazionalità” (svedese o finlandese) abbia un successo immediato o persino maggiore tra i lettori dell’altra nazionalità, anche grazie al fatto che molti libri finnosvedesi sono immediatamente tradotti e pubblicati in finlandese. Un altro esempio della continua integrazione della letteratura finnosvedese contemporanea con quella finlandese è rappresentato da autori come Johannes Salminen (1925-2015), uno dei saggisti più importanti della Finlandia, il quale scrive anche per periodici in lingua finlandese. Nonostante questo avvicinamento, la letteratura finnosvedese continua a conservare un suo status particolare all’interno della letteratura della Finlandia.
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Questo testo riproduce la trascrizione del corso universitario “Profilo della letteratura finlandese in lingua svedese (con particolare attenzione su alcuni autori tradotti in italiano”) tenuto da Viola Parente-Čapková nel maggio 2002 presso l’Università di Firenze. La bibliografia è quella del corso.