Sofi Oksanen ha ricevuto dalle mani dell’Ambasciatore francese in Finlandia, Serge Tomasi, la più alta onorificenza della Francia a chi si è distinto nel campo artistico, le insegne di Cavaliere delle Arti e delle Lettere. Riconoscimento istituito da André Malraux, come ha voluto precisare l’Ambasciatore. La cerimonia si è tenuta venerdì 25 ottobre nella sede dell’Ambasciata, su Itäinen Puistotie, alla presenza di personalità del mondo dell’editoria, della cultura, e per la politica il Ministro degli Esteri Pekka Haavisto.
L’invito, sobriamente, ma molto elegantemente, dice di un riconoscimento “á Madame Sofi Oksanen, écrivaine”.
E sobrio è il ricevimento, una trentina di persone in tutto, una coppa di champagne Martel e tartine, prima dell’arrivo della scrittrice, invitata a prendere posto accanto all’Ambasciatore, che racconta succintamente (e non è facile, dice) la carriera di Sofi Oksanen, fin dalla sua prima esperienza col grande mondo urbano della cultura, spostandosi dalla nativa Jyväskylä verso sud.
“Invece che verso nord, come fece il nostro Balzac trasferendosi da Tours a Parigi.” Davvero non banale, questo paragone, motivato da quanto dice dopo. Oltre l’apprezzamento per le qualità artistiche della scrittrice, la sua capacità di raccontare drammi umani, di scavare nella psicologia dei personaggi, Serge Tomasi motiva il riconoscimento soprattutto per la capacità di Sofi di penetrare il senso storico degli eventi che riporta, il quadro sociale e storico di vicende apparentemente locali, di fatto europee. E il suo impegno sociale e politico, a difesa dei popoli oppressi, delle donne minacciate, contro i soprusi dei potenti.
Ciò facendo, l’ambasciatore sottolinea qualcosa di fondamentale, che spiega anche il successo enorme in Francia dei libri della Oksanen: col parallelo con Balzac, Serge Tomasi ha detto “sei dei nostri, Sofi”. La grande letteratura, quando viene tradotta in una diversa cultura d’arrivo, lungi dal costituire una nicchia periferica (come una volta si riteneva), può entrare a pieno titolo nel sistema letterario, e rappresentare persino un fattore di innovazione. È questo che è successo alla Oksanen, che della “Purga” ha venduto in Francia più di centomila copie, e altrettanto bene è stata accolta coi suoi romanzi successivi, “Le vacche di Stalin” e “Quando i colombi scomparvero” fino al recente “Norma”.
Le ragioni di questa integrazione della sua scrittura nel sistema letterario francese, e a confronto del suo scarso successo in Italia, sono state pochissimo analizzate (ne accenno in un breve saggio “Romanzi finlandesi tradotti in italiano: selezione e ricerca” pubblicato sulla rivista Settentrione, 29, 2017) ma dovrebbero essere oggetto di studio per chi si occupi della letteratura tradotta e della sua ricezione. Un caso esemplare, a mio parere.
Nel suo breve discorso di accettazione e ringraziamento, letto prima in francese (clicca qui per ascoltarne un brano) e poi in finlandese, la “Ècrivaine” ha confermato questa sua collocazione nel quadro culturale europeo, e la sua gratitudine alla Francia. Non sarei qui, ha detto la Oksanen, se non avessi incontrato da giovane la letteratura francese, da Madame de la Fayette a Marguerite Duras e tanti altri, se soprattutto non avessi conosciuto la cultura illuminista, che mi ha aperto la mente e insegnato a guardare analiticamente il mondo e me stessa. E a comprendere il valore della cultura e dell’educazione, tanto più importante in un’epoca come la nostra, in cui l’emergere di fenomeni di populismo, insieme con altre forme di intolleranza, mettono a rischio la civiltà e la democrazia.
A seguire un breve ma sentito discorso del Ministro Haavisto, che ha certificato con la sua autorevolezza il profondo legame tra i due Paesi, in cui gli artisti sono i migliori Ambasciatori per sviluppare la conoscenza reciproca, quella più solida che lega le persone attraverso i libri e le opere.
Poi la Oksanen si è concessa a un abbraccio con tutti: fiori, foto, sorrisi, firme sul frontespizio del suo romanzo appena pubblicato. “Koirapuisto” (Like, 2019). Che bella persona, mi è venuto da pensare, mentre le chiedevo un’intervista, “appena possibile”, sul nuovo romanzo, sull’Europa in cui viviamo.
Mi ha detto di sì, “appena possibile”, e poi mi ha chiesto, sempre sorridendo, se in Italia la stampa continui a pensare che lei abbia una “faccia da lupo” (come riferisco nel saggio citato in precedenza).
Speriamo di vederci presto per un’occasione simile, le ho detto. Magari, chissà, in una sede italiana! Ha sorriso ancora. Congratulazioni, Madame Sofi.
(Foto, tranne l’ultima, per gentile cortesia di Ranskan Suomen-suurlähetystö)