Nel primo pomeriggio di oggi 3 dicembre il presidente della Repubblica Sauli Niinistö ha accettato le dimissioni da primo ministro di Antti Rinne. È ironico che la crisi politica che ha fatto cadere il governo socialdemocratico dell’ex sindacalista sia stata scatenata da uno sciopero. Il recente “pasticciaccio brutto delle poste finlandesi” si era concluso il 27 novembre con l’accordo tra tutte le parti e la fine dello sciopero che andava avanti da oltre due settimane. In superficie sembrava essere una vittoria per i lavoratori e la sinistra al governo, ma la risoluzione della questione sindacale nascondeva in realtà un problema politico ben più grosso. Il nocciolo della questione sono le dichiarazioni contradditorie che nelle scorse settimane Antti Rinne e del ministro competente Sirpa Paatero hanno rilasciato in aula.
In quello che sembra un misto di incompetenza e inesperienza, pare che la comunicazione all’interno del governo e del ministero non abbia funzionato. La dirigenza delle poste sostiene che Paatero non si sia opposta quando le venne presentato il piano di trasferimento dei 700 dipendenti che è stato il casus belli dello sciopero, Paatero ha dichiarato di non essere a conoscenza dei dettagli contrattuali al momento della decisione, e Antti Rinne sostiene che la ministra fosse in diretta opposizione alla linea dettata dal premier, che non voleva nessun trasferimento di personale. Probabilmente situazioni simili sono avvenute in passato senza essere notate dai media né tantomeno causare una crisi di governo, ma l’opposizione ha subito accusato i ministri di aver mentito in Parlamento e, anche se ci sia stata buonafede, tutta la questione getta una pessima luce sul giovane governo.
Paatero viene così scelta come vittima sacrificale e presenta le sue dimissioni, che Antti Rinne giustifica dicendo che la ministra non aveva comunicato con sufficiente chiarezza le intenzioni del governo alla dirigenza delle poste.
L’opposizione non è però soddisfatta e vuole le dimissioni anche di Rinne, ma anche questo generalmente non ha grandi conseguenze, i socialdemocratici hanno più volte a chiesto senza successo le dimissioni di Juha Sipilä per fatti oggettivamente più gravi, come l’interferenza con i media o casi di nepotismo non troppo distanti dalla corruzione. Quello che ha fatto scattare la crisi è la decisione del Keskusta, il partito di centro che in questa coalizione è il più distante dai socialdemocratici. Il Keskusta è stato alla guida dello scorso governo e ha un nuovo leader, Katri Kulmuni, che da solo qualche mese è successa all’ex premier Juha Sipilä. A inizio settimana tutti i cinque partiti di governo si sono riuniti per discutere la crisi di governo, quattro partiti si sono dichiarati soddisfatti delle spiegazioni del premier, ma Kulmuni ha annunciato che il Keskusta aveva intenzione di sfiduciare personalmente Antti Rinne, che si è trovato costretto a dimettersi dopo meno di 6 mesi di governo.
Fortunatamente non sembra che ci sia il rischio di elezioni anticipate, i sondaggi danno i Perussuomalaiset primo partito, ma ci sarà un rimpasto di governo in cui Rinne e Paatero verranno sostituiti con altri due socialdemocratici. La favorita per il ruolo di primo ministro è la trentaquattrenne Sanna Marin, che aveva già temporaneamente preso il posto di Rinne alla leadership del partito durante la malattia dell’ex premier.
In ogni caso, chiunque sarà il nuovo primo ministro, avrà il non semplice compito di portare avanti un programma molto ambizioso con una coalizione ancora più fragile.