Qualche tempo fa abbiamo scritto sul nuovo governo al femminile in Finlandia e sull’entusiasmo con cui l’opinione pubblica europea aveva accolto questa apparente novità, sottolineando però un fenomeno spesso trascurato dai media, e cioè la violenza sulle donne nel paese nordico.
Avevamo osato sperare che fosse un governo basato sui fatti e non solamente sull’immagine, per quanto all’avanguardia, di giovani donne al potere. Quello che non potevamo sapere era l’ondata di disappunto che l’articolo avrebbe creato online. Sebbene fossero citate delle statistiche concrete in cui si evidenziava la quantità di violenza verso il genere femminile i lettori, e in particolar modo giovani donne italiane, non hanno voluto accettare che il paese da loro scelto per vivere fosse ancora in realtà così retrogrado. Sull’altro versante siamo però contattati da diverse persone che da anni si interessano dell’argomento e ci hanno testimoniato quanto sia un fenomeno preoccupante e in crescita. Tra tutte abbiamo deciso di intervistare la nostra connazionale Sabina Morandi che oltre a parlarne ha deciso di agire ed organizzare insieme ad altre una marcia contro la violenza delle donne, a Helsinki. La data, 8 Marzo, ovviamente non è casuale.
Sabina, da anni ti occupi in maniera volontaria di violenza contro le donne, molti italiani pensano alla Finlandia come una “terra promessa” senza macchie, ma tu vuoi raccontarci una situazione diversa…
Il problema della Finlandia è che nonostante tutti pensino sia il posto dei diritti, il paese più felice del mondo, i dati sulla violenza domestica dicono tutt’altro. Nel 2018 le denunce documentate alla polizia sono state 9900, e il 76% erano donne, il 24% del totale erano minorenni. Sono dati del Tilastokeskus (Istat finlandese).
Il fatto è che le leggi ci sono ma non funzionano: manca un’assistenza efficace e la macchina giudizaria è lentissima come o più che in Italia. Le risorse disponibili, per lo più sono destinate a questioni critiche e di emergenza. Se il partner ti usa violenza con un minore presente le autorità portano la donne e il minore in un una casa rifugio di emergenza per tre mesi. Passati questi tre mesi l’assistenza vera e propria è inconsistente.
Recentemente sono state aperte nuove case rifugio e sono stati stanzati più fondi. Ma c’è tanto lavoro da fare. Naturalmente ci sono molti associazioni coinvolte, ma anch’esse vivono dei pochi fondi annuali, non possono coordinarsi tra loro per questioni di privacy e spesso allo scarso personale mancano corsi di aggiornamento adeguati.
Gli assistenti sociali fanno solo visite sporadiche e ti aiutano per trovare un altro appartamento. Ma per una vittima senza reddito è difficile reintegrarsi. L’altro problema fondamentale è stata per anni la mancanza di posti nelle case rifugio, nel 2015 Amnesty International ha denunciato i casi di 1200 persone rimaste senza: ma dove sono andate queste donne in difficoltà? Nessuno ne parla.
Più volte hai detto che lo Stato finlandese non sostiene le vittime e non c’è certezza della pena. Vorresti spiegare ai nostri lettori cosa significa?
Le pene sono state sempre molto lievi nei confronti dei violenti ed è difficile avere le prove. Le vittime si trovano nella condizione in cui anziché trovare un appoggio si sentono sotto la lente di ingrandimento sia per la lungaggine degli accertimenti giudiziari sia per lo scrutinio a cui bisogna spottoporsi per dimostrare la violenza. Con i bambini tutto diventa più difficile. La vittima deve denunciare a parte e bisogna avere delle prove concrete che la maggior parte delle volte sono dentro le mura domestiche e i testimoni sono appunto minorenni. Alle vittime non viene certo in mente di farsi fare un certificato medico per testimoniare, si inzia a pensare a queste cose quando si è allo stremo, ma allora l’autore delle violenze capisce il problema e cerca di non lasciare tracce. Ovviamente ci sono vari tipi di violenza e non tutti lasciano i segni. Ma sono ugualmente devastanti come quelli psicologici.
I problemi per gli immigrati che hanno l’ostacolo della lingua finlandese sono insormontabili, perché non c’è personale che parli la loro lingua o capisca la loro cultura. Essere una donna straniera che sposa un finlandese non aiuta certo. I finlandesi hanno di sé stessi l’idea di essere onesti e sinceri ed è difficile che mettano in dubbio un loro connazionale almeno che non si tratti di un caso eclatante come quello di un alcolizzato. Ma non dobbiamo dimenticare che spesso i violenti sono uomini ben inseriti nella società, gente con un lavoro e che ha studiato. In Finlandia se hai un lavoro, non bevi e hai una casa sei per principio una brava persona. Anche la autorità faticano a credere in questi casi che l’aggressore sia il partner.
Credi che un governo composto da donne nei punti chiave, dopo aver fatto notizia a livello mediatico, stia dando dei segnali per voler affrontare il problema?
Ancora no, sinceramente l´ultimo governo e quello attuale stanno prestando più attenzione alla tematica, ma dobbiamo ancora vedere cosa faranno di concreto. Il governo è ancora molto giovane e ha avuto sicuramente rilevanza internazionale, ma dobbiamo stare a vedere le azioni concrete, sebbene ci siano le premesse e la speranza.
Come è nata l’idea di questa manifestazione? Chi sono le associazioni coinvolte? Perché pensi sia diversa dalle altre manifestazioni antiviolenza che si sono tenute fino ad ora nel paese?
Questa idea mi ronzava nella testa da diverso tempo, ma l’anno scorso ho deciso di realizzarla. Il fattore scatenante è stata la maggior richiesta di aiuto da parte delle ragazze straniere. Mi conoscono col passaparola e sanno che mi interessa la tematica. Io le indirizzo alle associazioni, ma siccome so che le risorse sono scarse spesso mi richiamano. Perché hanno bisogno di qualcuno che le ascolti e conforti. Troppo spesso si torna indietro e solo se hai un sostengo riesci a portare il percorso fino alla fine. Se ne parla sempre troppo poco e si tende a minimizzare.
Non è solo aumentando le case rifugio che si risolve il problema: processi brevi e maggiore certezza e severità delle pene, queste sono le risposte. Mentre tutto questo non succede le vittime subiscono grandi stress emotivi e alla lunga sia vittime che bambini hanno dei traumi per il resto della vita. La soluzione del problema è alla radice. Ci vorrebbe anche una legge che obblighi i compagni violenti a seguire un programma di rieducazione, o fare una perizia psichiatrica che ora si effettua sono se hanno commesso dei gesti molti gravi. Il che vuol dire ovviamente che è troppo tardi.
Le associazioni coinvolte? Inizialmente volevo fare questa manifestazione con le grandi associazioni che sfortunatamente si sono tirate indietro per mancanza di fondi. Nonostante tutto ho deciso di non lasciar perdere. Questa manifestazione parte dal basso: è la comunità delle donne che hanno deciso di unirisi per cambiare una situazione insostenibile. Il movimento è cresciuto sui social media. Oltre a Italy Village le associazioni attuamente attive sono Red de Mujeres – Finlandia che stanno organizzando gli appuntamenti in piazza del Senato, mentre il Circolo Italiani in Finlandia e International Working Women of Finland si stanno occupando dell´incontro a Oodi. Siamo un bel gruppo di donne che si stanno impegnando.
L’appuntamento è per l’ 8 marzo alle ore 14 in piazza del Senato a Helsinki. Alle 15 marceremo insieme, poi seguirà una discussione sul tema animata dalla psicologa Hannele Törrönen e dalla mediatrice culturale Chiara Costa-Virtanen, che si terrà presso la libreria di Oodi dalle ore 16:30 alle 18:30. Ci tengo a precisare che si tratta di una manifestazione apolitica e areligiosa. Vi apettiamo.
Cosa consigli di fare a livello pratico ad una donna vittima di violenza? A chi si deve rivolgere nell’immediato e cosa deve fare?
1. Andate dal dottore e certificate le prove della violenza 2. Uscite subito di casa e non aspettate la prossima volta cercando scuse per gli atteggiamenti violenti. 3. Prendete coraggio e denunciate subito. Non siete sole.
Ecco le coordinate dell’evento: https://www.facebook.com/events/489601491676114/ Hastag #IsayStop Simbolo: segno rosso sul viso